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​Politica, cinismo e morale

di Antonio Ferrari

Confesso che, dopo decenni di vita professionale, fiero di essermi costruito una preziosissima miniera di emozioni, ci sono domande che continuano a imbarazzarmi: come risolvere, per esempio, un'equazione irrisolvibile, cioè dimostrare che la politica, con le sue ciniche appendici, e il rispetto del codice morale possano convivere. Ho cercato di ritenerlo possibile, e mi sono comportato di conseguenza. Ma non ho risolto l'equazione, non avendo neppure trovato l'incognita. Mi sono quasi convinto che politica e regole morali siano sempre incompatibili in termini assoluti. In termini relativi, invece, sono compatibili, basta coniugare la politica che ci convince alla morale che ci conviene.

Quando l'amico Gabriele Nissim mi ha chiesto questo editoriale, è stato molto abile perchè mi ha sfidato. E io non resisto alla seduzione di una sfida. Mi ha detto: "Tu hai difeso, quantomeno hai compreso, sia il presidente russo Vladimir Putin sia quello siriano Bashar al Assad. Hai considerato il primo come l'attore più credibile sullo scenario mediorientale, e sul secondo hai scritto che non lo condividi. Però tra Assad e l'Isis, scegli sempre Assad. Che cosa dici adesso, dopo i massacri compiuti recentemente in Siria dalle bombe russe e da quelle del regime, che hanno colpito gli ospedali, provocando un numero impressionante di vittime, soprattutto bambini e anziani?"

Se ci fosse soltanto la reazione viscerale, sarebbe tutto più facile e più immediato. Buoni da una parte, cattivi dall'altra. Come racconta gran parte dell'informazione globale, che viene consumata in tempo reale. Tuttavia la costante frequentazione del Medio Oriente, del Nord Africa e dei Balcani, mi ha convinto come tutto sia impalpabile e incerto. E nello stesso tempo istruttivo e intrigante, una vera palestra della mente e dell'arricchimento professionale, come hanno sostenuto i maestri del giornalismo americano.

È vero che Putin, per sostenere un alleato difficile come Bashar, ma soprattutto per non perdere la sua base navale di Tartous e futuri vantaggi geostrategici nella regione, è pronto a compiere i passi più avventati, calamitando lo sdegno del mondo occidentale. Però lo stesso Putin non ha ricevuto la comprensione dell'Occidente quando i turchi hanno abbattuto un suo cacciabombardiere. Perchè? Ovvio, si dirà, perchè la Turchia fa parte della NATO, e la NATO non può abbandonare un membro essenziale. I curdi siriani sono stati i più intrepidi nel combattere i tagliagole del sedicente stato islamico, affrontando il nemico sul campo e ricevendo ammirazione e aiuti dall'Occidente. Tuttavia, ora la Turchia li bombarda, innescando una serie di reazioni che si sono accentuate con gli attacchi ai militari di Ankara e nel Sud-est, e chissà che cosa vedremo ancora.

Più si va in profondità, più si trovano le radici di tutte le contraddizioni. In nome della realpolitik e delle alleanze si tace o si parla poco, con circospezione, quando i fatti disturbano. Alcuni anni fa, provocatoriamente, dissi di avere un terribile sospetto: che il presidente serbo Slobodan Milosevic fosse stato vittima di una beffa temporale. Infatti, se fosse stato aiutato dalla pazienza e dalla fortuna, da criminale sotto processo alla corte dell'Aia si sarebbe trasformato in combattente contro l'estremismo islamico.

Probabilmente appartiene al codice morale ma non è elegante attaccare l'Egitto, e ascoltare le reprimenda del suo ambasciatore contro la stampa, perchè ci sono giganteschi interessi economici Italiani da difendere. Per non parlare dell'Arabia Saudita, grande regno musulmano sunnita, e "affidabile" alleato dell'Occidente. È mai venuto in mente a qualcuno di pretendere davvero il rispetto dei diritti umani in un Paese che non li ha mai rispettati? O magari di contestare a Riad il robusto sostegno iniziale all'Isis?

Potremmo continuare, tornare nel Vietnam devastato, oppure alla strage di Sabra e Chatila e alle varie complicità, o magari chiederci perchè il padre di Bashar, Hafez Al Assad, ordinò il massacro di almeno ventimila sunniti a Hama nel complice silenzio del mondo. Oppure bacchettare la Cina, che però possiede una fetta consistente del debito pubblico americano, e non soltanto?

Ecco perchè è tutto estremamente difficile e complicato. Tenere la barra diritta è davvero un'impresa. Non mi ha mai entusiasmato lo slogan "Je suis Charlie", con cui il mondo ha accompagnato la strage dei redattori del settimanale satirico francese. La totale ripugnanza contro i feroci terroristi assassini che l'hanno compiuta è evidente. Ma l'irrisione volgare delle religioni (tutte le religioni) è inaccettabile. Ho sempre pensato che la mia libertà si debba fermare quando confligge apertamente con quella dell'altro.

Prima di seguire il Medio Oriente, ho raccontato sul Corriere della Sera l'ultimo decennio dell'impero comunista. Allora era un coro plaudente quello che accompagnava la denuncia delle porcherie dei vari regimi: quello centrale e quelli dei Paesi-satelliti. Avere qualche dubbio su numerose vicende, come poi è stato provato con certezza, era disdicevole e sospetto. Ecco perchè l'equazione di cui scrivevo all'inizio non è risolvibile.

Antonio Ferrari

Analisi di Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera

19 febbraio 2016

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