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Salvare gli uomini e salvare il pianeta

di Gabriele Nissim

Un punto importante su cui riflettere è il rapporto tra un genocidio, che non solo distrugge una minoranza, ma anche impoverisce l’insieme della civiltà umana - come acutamente aveva osservato Raphael Lemkin, l’ispiratore della Convenzione delle Nazioni Unite del 1948 -, e l’ecocidio o planeticidio (ancora si discute sul termine), che non solo modifica l’habitat naturale con l’innalzamento dei mari, l’aumento della temperatura, lo scioglimento dei ghiacciai e la desertificazione, ma anche mina le relazioni umane, provocando conflitti, migrazioni, crisi tra le nazioni per la stessa sopravvivenza.

La preservazione della natura non è una variabile indipendente rispetto alla difesa della pluralità umana su questa terra. Chi difende in qualsiasi contesto la vita di esseri umani minacciati e si sacrifica per la difesa della dignità umana nei regimi totalitari non è diverso da chi oggi è in prima linea e si fa carico, con il suo coraggio, della sostenibilità del pianeta. Entrambi i percorsi nascono dal bisogno e dalla responsabilità di preservare la bellezza della vita e la ricchezza della condizione umana.

Un film di grande umanità, Io di Jonathan Helpert, del filone della fantascienza apocalittica (ora in visione su Netflix), mostra il dramma di una giovane scienziata, Micah, che fino all’ultimo cerca di preservare la vita sul pianeta, minacciato da una nube tossica distruttrice, con la speranza di non vedere la fine dei musei e della creatività artistica degli esseri umani. Il suo sguardo rapito sul dipinto di Paul Cézanne, Leda e il cigno, mostra in modo inequivocabile come la natura e la bellezza della cultura e della creazione umana rappresentano un medesimo orizzonte. Non si possono separare. Per questo, Micah non vuole mettersi in salvo in un viaggio verso la luna di Giove.

Anche se molti Paesi alla conferenza sul clima di Glasgow si illudono di potere rimandare una politica di controllo sulle emissioni di CO2, continuando per “il bene dell’economia” la produzione di combustibili fossili come il carbone, per la prima volta, quasi in uno modo inaspettato, molti leader politici si sono resi conto che la catastrofe è molto più vicina di quanto si è pensato fino ad ora.

Salvare il pianeta è un imperativo morale che ha lo stesso significato di non commettere più genocidi.

Lo ha detto chiaramente Boris Johnson all’apertura dei lavori, quando ha dichiarato che con l’attuale crescita del riscaldamento globale intere città come Miami, Shanghai, Alessandria d’Egitto, “andranno perse sotto le onde” e verremmo giudicati dai bambini di domani con un risentimento e un’amarezza di ben altra ampiezza rispetto alle proteste degli attivisti di oggi. L’accusa apparentemente ingenua di Greta del “bla, bla, bla” dei politici che non vogliono né credere, né vedere, fra qualche anno, se la bomba del cambiamento climatico non verrà affrontata seriamente, diventerà una messa in discussione implacabile di una intera generazione.

Come ha ricordato tante volte lo scrittore ebreo Jonathan Safran Foer, autore del capolavoro Ogni cosa è illuminata, quanto oggi fa vergognare il mondo per l’abbandono degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale (per questo ci pare del tutto incredibile che testimoni dello sterminio ebraico come Jan Karski furono inascoltati da leader come il presidente americano Roosevelt e il ministro degli Esteri inglese Eden), rischia di ripetersi ancora una volta con conseguenze ancora più spaventose.

Noi, però, oggi lo sappiamo benissimo, grazie a tutte le ricerche degli scienziati che ci offrono degli studi sempre più precisi e aggiornati e per questo dobbiamo muoverci.

Lo ha ricordato a Glasgow l’attivista keniota Elizabeth Wathuti: «Ho visto coi miei occhi tre bambini piangere sulla riva di un fiume in secca dopo aver percorso dodici miglia in cerca di acqua. Nel mio Paese due milioni di persone sono alla fame per via delle condizioni climatiche».

Lo hanno sottolineato, con parole diverse, Papa Francesco, con un messaggio sulla sostenibilità del pianeta, il principe Carlo, che ha fatto l’intervento più importante di tutta la sua vita forse alla vigilia di una sua probabile successione al trono d’Inghilterra, e il novantacinquenne naturalista e divulgatore David Attenborough, che ha ammonito che la vita sul pianeta è stata resa possibile da temperature stabili e che oggi questo equilibrio è messo in crisi dalla nostra attività incontrollata.

Questa battaglia la si può vincere su vari piani, ma un punto fondamentale è quello dell’educazione e della formazione. Sono infatti la consapevolezza e la conoscenza che permettono di smuovere le coscienze.

Quando si conosce un male si può agire, perché spesso l’indifferenza si nutre di ignoranza.

Per questo Gariwo, con i suoi Giardini, nel lavoro educativo nelle scuole e nelle società si muoverà per fare conoscere l’esempio dei Giusti contro i cambiamenti climatici assieme a quanti si adoperano contro i genocidi.

È un orizzonte comune perché il concetto di prevenzione su cui siamo nati riguarda la salvezza degli uomini e del pianeta intero. È la grande sfida che ci chiedono le nuove generazioni.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

2 novembre 2021

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