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Salviamo Aleppo

la Sarajevo araba

Oggi in Siria nessuno è al sicuro. Nemmeno il passato.

Dopo la caduta della roccaforte dei ribelli Qusayr, il regime sposta il mirino su Aleppo. Bernard Henry Levy ha lanciato il suo appello per la salvaguardia della città - come si legge sul Corriere della Sera - spronando la comunità internazionale a non guardare più altrove mentre in Siria si consuma un massacro non solo umano, ma anche culturale.

Nel frattempo, il silenzio della comunità internazionale. Il braccio di ferro Putin-Obama al G8 in Irlanda non ha portato ad alcun passo avanti per la soluzione della crisi siriana. La partecipazione delle milizie di Hezbollah, le notizie sull’utilizzo di armi chimiche, le minacce di Assad riempiono le pagine dei giornali e vengono sostanzialmente rimandate a un futuro vertice Ginevra 2.

Ma non è solo lo sterminio di civili e oppositori a preoccupare. Aleppo rischia di diventare la Sarajevo araba. Le Nazioni Unite hanno inserito la città vecchia nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità a rischio, dopo che nello scorso aprile è stato distrutto il minareto della Grande Moschea. Sopravvissuto alla guerriglia per mesi, il monumento incarna il pericolo che sta correndo la città di Aleppo.

Costruito nel 1090 e più volte restaurato, il minareto era infatti la testimonianza del linguaggio artistico siriano, della convivenza tra potere spirituale e temporale, dello scambio culturale fra le diverse tradizioni che animavano la città: ebrei, arabi, curdi, musulmani, cristiani e armeni. Distrutto dagli scontri tra esercito e ribelli, è ora il simbolo della violenza di Assad.

Aspettando la battaglia di Aleppo, la Siria si avvicina a un massacro annunciato. Come sostiene Bernard Henry Levy, “quando in casa Assad si dice ‘riprendere’ una città, si intende dire punirla e che, quando si dice punire, si intende dire distruggere, uccidere decine di migliaia di persone, ridurre quartieri interi in un ammasso di rovine”.

La città di Aleppo è stata celebrata da scrittori e poeti, è capitale culturale del mondo islamico dal 2006 e Patrimonio dell’Umanità... Abbandonarla a Hezbollah non significherebbe solamente aggiungere altre vittime alle centomila già uccise dal conflitto ma - citando ancora Levy - “come i bombardamenti di Dubrovnik di vent'anni fa, come la Biblioteca di Sarajevo incendiata dagli artificieri di Mladic, come i Buddha di Bamiyan abbattuti a colpi di mitra dai talebani afghani, come i manoscritti sacri di Timbuctu incendiati dal fuoco iconoclasta dei fondamentalisti maliani, sarebbe un crimine contro lo spirito, un disastro nella civiltà, un pezzo della nostra memoria comune ridotto in cenere e fumo”. 

Ecco perché condividere l’appello dello scrittore francese, ricordando che Aleppo non appartiene alla Siria ma al mondo. E che per questo la comunità internazionale non può assistere in silenzio alla distruzione di questa città.

Oggi nessuno è al sicuro, nemmeno il passato. E per costruire un orizzonte pacifico non si può prescindere dalla preservazione del passato.

Martina Landi

Analisi di Martina Landi, Responsabile del coordinamento Gariwo

25 giugno 2013

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