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Se un drone…

di Alberto Negrin

In vista della seconda edizione di GariwoNetwork, che si terrà il prossimo 29 novembre ai Frigoriferi Milanesi, abbiamo aperto un dibattito, sul sito di Gariwo, a partire dall'editoriale di Gabriele Nissim Guardiamo il mondo da un drone per contrastare la cultura del nemico.
Questo intervento racchiude le tematiche su cui lavoreremo nei prossimi mesi e di cui discuteremo all'appuntamento milanese: la crescente cultura dell'odio e del nemico, il nostro tempo come tempo "scardinato", il ruolo dei Giardini dei Giusti di fronte alle sfide del presente, l'educazione delle nuove generazioni.
Vi proponiamo di seguito la riflessione del regista Alberto Negrin

Immagino di esserci io su quel drone evocato da Nissim, immagino di essere sopravvissuto a questo tempo e di volare sopra una terra nella quale andare da Pechino a Roma sarà come prendere ai giorni nostri un Frecciarossa Roma-Milano.

Immagino di osservare questo nostro tempo con un atteggiamento privo di ‘calori’ ideologici, morali, storici, culturali, politici, ma esclusivamente ‘matematici’, considerando il tutto come un insieme di dati numerici.

Vedo grandi e affollate partite di calcio con folle urlanti che si sbracciano, urlano, minacciano, offendono, applaudono, esultano a favore della propria squadra ‘sovrana’.

Vedo bandiere ‘sovrane’ che sventolano impazzite per la gioia e il senso di onnipotenza provati ad ogni gol inferto all’avversario e assisto al silenzio funebre ad ogni rete subita… Come se si trattasse di una decisiva sconfitta militare. Vedo visi truccati con i colori sovrani del proprio Paese, slogan nella propria lingua sovrana, e ricordo con nostalgia il mio tempo presente, nel quale faccio parte ormai di una nuova sovranità, più ampia, enormemente più numerosa, una sovranità un tempo impensabile e da alcuni considerata blasfema e sintomo di alto tradimento solo una manciata di decenni prima. Una sovranità nella quale i sacri e inviolabili spazi sovrani di una volta sono stati superati, si sono allargati a dismisura. Le decine di milioni di umani dei rispettivi luoghi sovrani di appartenenza originale sono diventate centinaia e centinaia di milioni, anche se la maggior parte conserva ancora la propria lingua originale e sovrana che ora è stata declassata a dialetto.

Mi viene in mente anche un passato ancora più remoto, precedente, nel quale gli antichi stati sovrani erano Ducati, Contee e Repubbliche marinare sempre in guerra tra loro, regni sabaudi contro regni di Napoli e Sicilia, Calabresi contro lombardi, toscani contro genovesi, incapaci per secoli di considerarsi cittadini di realtà più vaste e pronti a scontrarsi in nome della propria sovranità piccola, comunale, regionale.

Ad un certo momento il drone sul quale viaggio subisce un guasto improvviso che mi fa precipitare fisicamente nei secoli precedenti, nei minuscoli sovranismi statali, fatti di terre chiuse dentro confini derivanti da secoli di guerre vinte o perdute oppure da economie più forti che hanno soggiogato di fatto quelle più deboli. Un mondo nel quale anche i più marginali sovranismi riescono a creare turbolenze, convinti di essere dei giganti perché semplicemente incapaci di calcolare, appunto, matematicamente il rapporto tra il loro luogo ‘sovrano’ e gli altri luoghi, altrettanto ‘sovrani’, che lo circondano. Mi trovo improvvisamente prigioniero di un mondo e di un tempo al quale non costerebbe nulla dare uno sguardo al cielo quando c’è la luna piena e il cielo stellato appare nella sua immensità perché si possa render conto che è la matematica a stabilire dove stia la vera sovranità.

I miei ‘salvatori’ mi strattonano, si allontanano guardandomi con occhi prima solo spaventati ma poi feroci e ostili. Qualcuno mi rivolge delle domande…

…E allora? Questo che cosa significa? Dobbiamo cancellare secoli di storia? Le nostre tradizioni, le nostre culture, lingue, religioni, musica, pittura, architettura, i nostri eroi? Dobbiamo cancellare il nostro passato e stare a guardare la luna e le stelle?

Che cosa significa questo arzigogolo? Che cosa c’entra la matematica con i nostri legittimi sentimenti di appartenenza?

È proprio questo il dilemma, sono queste le domande che, appena precipitato a terra con il drone in avaria, mi sono sentito fare da tutti coloro che mi hanno ‘estratto’ ancora vivo… Incapaci di condividere con me ciò che avevo avuto la straordinaria fortuna di scoprire…e confesso che ho avuto paura di essere condannato e incarcerato per oltraggio alla bandiera con l’accusa di alto tradimento…

Ho capito quanto possa essere estremamente complicato, rendere accettabile ciò che da una lontana stella sembrava fosse la cosa più facile da condividere…Ho cercato in vari modi di trasmettere ai ‘salvatori’ il mio pensiero, le mie sensazioni e i miei calcoli matematici, le cui conclusioni aritmetiche stabilivano al di là di ogni ragionevole dubbio che il ‘sovranismo’ è la riaffermazione sotto mentite spoglie (trattandosi del vecchio nazionalismo, parola linguisticamente impresentabile) di un dato matematicamente errato perché inesistente, un incubo travestito da sogno che nasconde un desiderio di onnipotenza soggettiva che inserito nella realtà darebbe ancora una volta gli stessi risultati già ottenuti pochi decenni prima. Guerra, morte, autodistruzione, un ritorno a ciò che è già stato vissuto in continuità per secoli e che non potrebbe che condurre ancora una volta, sempre matematicamente, a due soli possibili epiloghi, questa volta definitivi: o la riduzione in irreversibile schiavitù nei confronti del sovranista vincitore oppure, peggio, nella definitiva distruzione di questo particolare essere vivente chiamato uomo in grado di esercitare la propria volontà, consapevole di se stesso e in grado di annientarsi quando è dogmaticamente convinto di essere ‘sovranamente’ dalla parte della ragione, una ragione che con la matematica non ha nulla a che fare mentre con l’analfabetismo culturale che si chiama ancora etimologicamente e in tutte le lingue “ignoranza” ha una strettissima parentela di causa ed effetto.

Non appena il mio drone, una volta riparato, ha lasciato la galassia, mi sono chiesto per quale motivo gli umani utilizzino delle parole ‘nuove’ per esprimere vecchi, vecchissimi concetti, perché questo termine ‘sovranismo’ viene ormai utilizzato comunemente da chiunque venga chiamato a fare dichiarazioni pro o contro qualcuno? Perché la vecchia conosciutissima parola ‘Nazionalismo’ è caduta in disuso?

E continuo a pormi una quantità di altre domande alle quali mi piacerebbe che qualcuno mi aiutasse a rispondere.
Perché questo inatteso e improvviso capovolgimento di valori che sembravano ormai diventati patrimonio dell’umanità? Perché ha più valore un nuovo telefonino piuttosto che la scoperta di un nuovo pianeta? Potevamo fare meglio? Perché non è più sufficiente credere nella ragione? O meglio nella matematica?

La risposta forse qualcuno di voi la conosce. Gli altri possono tirare a indovinare, e nel caso non ci riuscissero consiglio loro di prendere il prossimo drone e viaggiare tra le stelle. Scopriranno col tempo che la vera sovranità non può essere matematicamente altro che quella dell’intera umanità abitante dell’unico Stato sovrano chiamato Terra.

Ma una domanda c’è alla quale non so dare una risposta e chiedo aiuto: in che cosa abbiamo sbagliato?

Alberto Negrin, regista

Analisi di

24 ottobre 2018

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