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Tre grandi questioni per il futuro dell'umanità

di Gabriele Nissim

La targa dedicata a Wallace Broecker al Giardino dei Giusti di Milano

La targa dedicata a Wallace Broecker al Giardino dei Giusti di Milano

La Resistenza e il dopoguerra sono stati in Italia e in tutta Europa il momento delle grandi scelte. Ci sono situazioni uniche della Storia dove ognuno di noi ha possibilità di diventare artefice non solo del proprio destino, ma di quello di milioni di uomini.
È un momento magico in cui ogni individuo si rende conto di come la propria esistenza può determinare un corso nuovo per l’intera società e per l’intero pianeta.
È un frangente dove ogni persona non si sente solo un minuscolo granello che cerca in solitudine la strada della propria sopravvivenza, ma avverte di essere parte di qualche cosa che va oltre alla sua individualità. Si sente parte di correnti della Storia che possono spingere il mondo in una nuova direzione. Si sente parte di un tutto più grande di lui, non per annegarsi e perdere la sua specificità e la sua autonomia, ma perché dal futuro dell’umanità dipende il suo destino personale.

È capitato ai partigiani, ai resistenti, agli artefici della costruzione nel dopoguerra.
Erano chiamati a scegliere da che parte stare. Avevano in quel momento la possibilità di sconfiggere il nazismo, di costruire le democrazie, di non sostituire le dittature fasciste con nuovi regimi dispotici, di immaginare una comunità europea che fosse il baluardo del superamento dei nazionalismi, di guardare alle Nazioni Unite come un ambito indispensabile per la collaborazione internazionale, la difesa dei diritti umani e la prevenzione dei genocidi.
Il futuro del mondo era nelle loro mani. Potevano decidere in quale nuova casa avrebbero potuto ricostruire il futuro della propria esistenza.
Valeva per questo la pena, in quel frangente irripetibile della Storia, di essere uomini virtuosi, di usare le proprie energie personali, di rischiare la vita per un mondo nuovo che nascesse dalle macerie della Seconda guerra mondiale.
Chi faceva allora la scelta giusta aveva la possibilità di porre fine al genocidio degli ebrei, dei rom e dei sinti, di ricostruire la pace e di porre fino all’odio, di ridare forza a quegli ideali di amore, di fratellanza, di eguaglianza che Charlie Chaplin aveva lanciato nel suo messaggio al mondo nel suo magnifico film, Il Grande dittatore.

Non ce lo saremmo mai aspettati, ma oggi la pandemia mette gli uomini del mondo intero di fronte a delle scelte che possono cambiare le sorti dell’intero pianeta.
Come nella Resistenza e nel dopoguerra, si ripete una situazione dove il destino individuale è legato a quello dell’umanità intera.
C’è la possibilità di essere artefici di un nuovo inizio che avrà ripercussioni nella vita di tutti.
Lo ha spiegato con grande intelligenza lo storico israeliano Yuval Noah Harari quando ha dichiarato che l’uscita dalla pandemia e la costruzione del futuro non è qualche cosa di deterministico che dipende da Dio o dalla fortuna, ma esclusivamente dalle nostre scelte collettive. I miracoli su questa terra li possono fare solo gli uomini, scriveva Hans Jonas nel secolo scorso quando ricordava che Auschwitz era nato da una decisione degli uomini e che invece uomini per bene avevano dato la loro vita per fare rinascere un mondo nuovo.
Ebbene, come osserva Harari, ancora oggi gli uomini possono essere gli artefici di azioni collettive che possono cambiare la storia.

Sono tre le decisioni fondamentali da prendere.
1) Scegliere se affrontare questa crisi con l’isolamento nazionalistico dove ogni Paese è in competizione con l’altro, oppure costruire un percorso di solidarietà internazionale che non lasci indietro l’Africa, l’India e l’America latina e i diseredati nei campi profughi. La pandemia non si vince in un Paese solo immaginando dei muri invalicabili tra una nazione e l’altra, anche perché il virus non si arresta alle frontiere. Nessuno lo dice ad alta voce, ma qualcuno ritiene che ci siano degli uomini “superflui” che si possono abbandonare al loro destino nelle zone più povere del mondo. Qualcuno nell’estrema destra vorrebbe che il distanziamento sociale e le misure di autoprotezione diventino un meccanismo di indifferenza nei confronti dei più poveri e dei più deboli. Lo abbiamo visto persino nelle società avanzate dove alcuni - come il primo ministro inglese Boris Johnson in modo plateale, ma altri con mezze parole e affermazioni ambigue - hanno ritenuto che fosse inevitabile la perdita delle persone anziane più vulnerabili nei confronti del virus, quando invece l’allungamento delle aspettative di vita è una delle grandi conquiste della modernità.

2) Impedire che da questa emergenza nascano nel mondo nuove tentazioni autoritarie e riprendere il cammino della lotta per la democrazia in ogni parte dal pianeta.
Ci accorgiamo non solo che i regimi autocratici e dittatoriali, a partire dalla Cina, hanno allertato in ritardo le popolazioni per l’epidemia e ne hanno fatto occasione per restringere ulteriormente i diritti democratici, ma anche che la democrazia nel pianeta esiste ancora in pochi Stati e l’Europa rappresenta un'isola che non solo deve essere salvaguardata, e deve diventare un esempio per il mondo intero. Non possiamo esportare la democrazia con con la forza, come pensò George Bush in Medio Oriente con l’invasione dell’Iraq, ma le istituzioni internazionali e le opinioni pubbliche non possono tacere di fronte a quei leader, come Viktor Orbán in Ungheria, Jair Bolsonaro in Brasile, Rodrigo Duterte nelle Filippine, Recep Tayyip Erdoğan in Turchia e quelli di ben 84 Paesi - come ricorda l’Economist -, che hanno varato leggi eccezionali non solo per combattere il virus, ma per rafforzare il loro potere autoritario.
Può sembrare paradossale, ma proprio perché la lotta contro la pandemia in tutto il mondo richiede la partecipazione dei singoli individui nelle loro vite e non può dipendere solo dagli ordini dall’alto e dalle applicazioni tecnologiche, l’allargamento della democrazia e di diritti umani è fondamentale per vincere questa battaglia.
Ecco perché se saremo capaci di leggere con intelligenza politica il corso degli eventi e ascolteremo le voci di coloro che cercano di resistere ovunque ai dittatori potremmo riproporre gli ideali della democrazia e del pluralismo a livello universale come è accaduto dopo la sconfitta del nazismo e la caduta del muro di Berlino.
La mobilitazione contro il virus potrebbe diventare così un nuovo Rinascimento della democrazia in tutto il mondo e rompere molti muri che oggi ci sembrano insormontabili negli Stati teocratici, nelle democrazie illiberali, nella Russia autoritaria di Putin e nel comunismo cinese da cui tutto è partito.

3) Ascoltare la voce degli scienziati che non solo ci allertarono sul pericolo delle pandemie ma che rimangono ancora inascoltati sul monito che ci hanno lanciato sui cambiamenti climatici. Oggi è necessario non accettare più che la politica sia in mano ad incompetenti e populisti, perché se non ci si affida alle conoscenze che la ricerca scientifica ha sviluppato in tutti i campi non si potrà essere in grado di salvare il pianeta. Ci vuole un'alleanza tra la scienza e la politica per affrontare le nuove emergenze, come forse mai è capitato nella storia.
Cosa succederà per esempio con lo scioglimento dei ghiacciai dell’Antartide e l’innalzamento dei mari? Potremo impedire e governare questi fenomeni solo se guidati da una nuova élite politica con una formazione scientifica adeguata. Non è più possibile che il Presidente americano suggerisca di iniettarsi dei disinfettanti contro il virus o continui a negare i cambiamenti climatici. In questi giorni l’immagine di Trump non è solo il segno della caduta di una leadership morale degli Stati Uniti nei confronti del mondo, ma la rappresentazione della crisi della competenza nella politica. Si è accettata l’idea che per governare bastasse essere showmen capaci di divertire le persone in televisione, di raccogliere adesioni sui social con frasi ad effetto, di parlare alla pancia della gente proponendo il disprezzo degli avversari politici e ricette miracolose. Nessuno si chiedeva se un politico avesse studiato, conoscesse la storia, la scienza, l’architettura, la filosofia, se avesse competenze economiche, scientifiche e amministrative. Bastava che raccogliesse gli applausi nel dibattiti televisivi o like sui social per poi considerarlo degno di ricevere il nostro voto e di governare. In questi giorni si prova invece una sorta di fastidio vedendo quante persone incompetenti si trovino ai massimi vertici della politica. Quando parla in televisione un medico o un epidemiologo, ci si sente rassicurati anche se non ci offre la certezza della cura; quando poi prende la parola qualche politico si ha la sensazione del nulla al potere. Negli Stati Uniti la stella di Trump ha cominciato ad offuscarsi di fronte alla competenza scientifica del virologo Antony Fauci, che con la sicurezza che derivava dalle sue conoscenze non ha mai taciuto di fronte alle manifestazioni di incompetenza del Presidente americano.

Attorno a queste grandi questioni, indicate con straordinaria lucidità da Harari, Gariwo vuole dare un contributo per fare conoscere nei propri Giardini dei Giusti gli uomini migliori che oggi si sono assunti il compito di prendere in mano le decisioni fondamentali del nostro tempo.
Perché l’umanità possa scegliere nel modo migliore nelle situazioni di emergenza, ci vogliono dei grandi esempi di uomini visionari che ci indichino la strada da percorrere.
È accaduto durante la lotta di liberazione dal nazismo, dove grandi figure politiche, intellettuali, artisti, scienziati, imprenditori, uomini coraggiosi furono capaci di prendersi sulle spalle le redini del mondo.
Ecco perché con il nostro lavoro ci sforzeremo di far conoscere degli esempi di uomini che oggi lottano per la collaborazione internazionale, per la difesa della democrazia contro ogni forma di imbarbarimento e di controllo autoritario delle persone, per ridare alla conoscenza e alla scienza un ruolo di guida e orientamento.

Noi crediamo, come avevano intuito grandi filosofi come Baruch Spinoza e Soren Kierkegaard, nel ruolo fondamentale non solo delle idee, ma degli esempi concreti degli uomini in carne ed ossa che creano la magia dell’emulazione.
Dobbiamo far conoscere gli uomini Giusti del nostro tempo perché ci aiutano a pensare, a scegliere, a ritrovare il gusto del futuro e della speranza.
Immagino quindi in un grande Giardino ideale medici come il cinese Li Wenliang che pagò con la malattia e la morte l’allarme per il Coronavirus, censurato in Cina come accadde a Chernobyl dopo la fusione del reattore della centrale nucleare; uomini che siano capaci di ridare slancio alla Comunità Europea e alle Nazioni Unite; scienziati che come Wallace Broecker siano in prima fila nella messa in guardia contro i cambiamenti climatici; intellettuali e politici impegnati nella battaglie democratiche dal Medio Oriente, alla Cina, alla Russia all’America Latina.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

28 aprile 2020

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