Gariwo
https://it.gariwo.net/magazine/editoriali/tunisia-un-paese-ottimista-piegato-dalla-paura-13731.html
Gariwo Magazine

Tunisia, un Paese ottimista piegato dalla paura

di Elisabetta Rosaspina, inviata del Corriere della Sera

“Ci sono stati 38 morti. E 11 milioni di feriti” mormora sconsolato il proprietario dell’autonoleggio di Tunisi, alla riconsegna delle chiavi. Nessun titolo di giornale sarebbe riuscito a condensare meglio il dramma di quest’estate tunisina. Dopo l’attentato al Museo del Bardo, il 18 marzo scorso, con un fardello di 22 morti, il nuovo attacco del 26 giugno ai turisti, con altre 38 vittime, scelte accuratamente fra gli stranieri in spiaggia e in piscina nel resort Riu Imperial Marhaba di Sousse, ha polverizzato anche il morale di un paese aperto, tenace, ottimista, e virtuoso nel suo sforzo di democratizzazione.

Pochi giorni fa, il 4 luglio, il presidente della Repubblica, Beiji Caïd Essebsi ha decretato lo stato di emergenza per un mese, mentre il parlamento approvava nelle stesse ore la costruzione di un muro anti-califfato di 220 chilometri lungo la frontiera con la Libia. Un altro muro, a pochi giorni da quello annunciato dall’Ungheria (in quel caso contro i profughi in fuga dal Medio Oriente).

Proprio alla vigilia della strage di Sousse, i giornali tunisini tranquillizzavano l’opinione pubblica sulle misure adottate per mettere in sicurezza quel confine, che tremila giovani tunisini hanno attraversato negli ultimi anni, ammaliati dalla loro guerra santa. Tornando talvolta, come Seifeddine Rezgui, addestrati a uccidere gli indifesi, più che gli infedeli. I colpi iniziali, scaricati dal kalashnikov nella sabbia, non erano partiti per sbadataggine del killer, ma per far alzare dai loro lettini i turisti in costume da bagno e trasformarli così in bersagli più facili. Non verrebbe in mente a chiunque.

La strategia dell’orrore è la specialità dei registi dell’Isis, contro il quale anche il governo di Habib Essid può opporre solo un “armamento” tradizionale: la chiusura delle moschee, un’ottantina, non in regola con il ministero del Culto o fanaticamente salafite, il pattugliamento dei litorali da parte di migliaia di agenti in moto e a cavallo, il richiamo in servizio attivo dei riservisti delle forze armate e, caso mai non fosse chiaro a qualcuno, l’innalzamento della soglia d’allarme in vista di “un nuovo pericolo imminente”.

Il califfo può essere soddisfatto: con una sola perdita nei suoi ranghi, l’attentatore-kamikaze, ha riportato la Tunisia allo stato di paura e confusione del 14 gennaio 2011, quando l’ex dittatore Zine el-Abidine Ben Ali, fu costretto ad andarsene e iniziò il felice periodo della transizione, coronato da una nuova carta costituzionale, nel gennaio dell’anno scorso. L’opinione pubblica tunisina sembra in maggioranza favorevole a un rafforzamento dei controlli e della prevenzione, anche a scapito delle libertà individuali (non era così pure in America, dopo l’11 settembre?). Ma i difensori dei diritti umani sono preoccupati: è ancora troppo recente la memoria di misure di sicurezza liberticide, abusi di polizia, torture, lunghe carcerazioni preventive, intercettazioni, delitti d’opinione. Dopo quattro anni di progressi la Tunisia, faro del Maghreb, non merita di tornare alla casella di partenza. 

Elisabetta Rosaspina

Analisi di Elisabetta Rosaspina, giornalista, già inviata del Corriere della Sera

13 luglio 2015

Non perderti le storie dei Giusti e della memoria del Bene

Una volta al mese riceverai una selezione a cura della redazione di Gariwo degli articoli ed iniziative più interessanti. Per iscriverti compila i campi sottostanti e clicca su iscrizione.




Grazie per aver dato la tua adesione!

Contenuti correlati

Scopri tra gli Editoriali

carica altri contenuti