Pubblichiamo di seguito l'intervento di Giorgio Mortara, vicepresidente UCEI, durante la cerimonia di consegna delle pergamene ai Giusti onorati nel Giardino Virtuale.
La figura dell’Uomo Giusto (lo Zadick) è presente sin dagli albori in tutta la letteratura ebraica dalla Torah (Pentateuco) al Talmud sino alla saggistica e ai romanzi testimonianza - come l’Ultimo dei Giusti di Schwarz-Bart. Nel libro della Genesi si parla per la prima volta dei Giusti nel famoso episodio della distruzione di Sodoma e Gomorra.
Tuttavia, anche se Abramo non riuscì a salvare le due città un risultato lo ottenne nel celebre faccia a faccia con Dio: il farsi strada nella coscienza individuale dell’uomo del senso della responsabilità personale di ciascuno nei confronti dell’intera collettività umana, la consapevolezza che in capo a ogni uomo sta un dovere di solidarietà collettivo e che esso va oltre le appartenenze, le convenienze personali e le logiche di gruppo. I Giusti, secondo i Profeti, sono coloro che, anche a prezzo della propria vita, praticano solidarietà ed accoglienza, soccorrono deboli e oppressi, non cedono all’idolatria, cioè alla adorazione di cose e conquiste cui vien dato parvenza di divino in quanto soddisfano i propri comodi. «Quando i giusti vengono al mondo, il bene pure viene nel mondo e la sventura ne è scacciata, ma quando i giusti se ne vanno dal mondo, la sventura ritorna nel mondo e il bene ne è scacciato» è scritto nel Talmud. Questa tradizione ci insegna che, anche nell’abisso più buio e anche nella condizione storica più disperata, c'è sempre un barlume di giustizia ed un esempio di umanità al quale possiamo aggrapparci. Questo barlume tiene aperta la porta della giustizia e illumina l’universalità dell’umanità, cioè riguarda tutti gli uomini, perché l’essere un Giusto non è legato all’appartenenza ad un popolo, ad un credo religioso o politico; esiste un dovere universale di giustizia che chiama tutti gli uomini, appartenenti a tutte le nazioni del mondo a compiere azioni che possano portare a salvare vite umane, anche una sola, perché, come affermato nel Talmud, “Chi salva una vita umana salva il mondo intero”.
La luce dei Giusti irradia l'intera umanità e rappresenta un formidabile paradigma sia in tempo di pace che in tempo di crisi, quando il buio cala sul nostro mondo e la violenza, l'odio, la negazione dei diritti costituiscono una minaccia quotidiana alla vita democratica. Per evitare il ripetersi delle atrocità e delle nefandezze che colpiscono tante popolazioni in tutto il mondo è necessario combattere contro l’ingiustizia, l’odio per l’altro. Anche se non ci tocca personalmente, dobbiamo combattere contro l’indifferenza, come ricorda la senatrice Liliana Segre, e non essere spettatori rassegnati all’ingiustizia della storia, come ha detto in una recente omelia l’arcivescovo di Milano Mario Delpini.
È nel complottismo, nelle parole malate che troppo spesso sentiamo, la più significativa minaccia del nostro presente. La libertà di parola è un diritto, ma solo se usata come forza per il bene la rendiamo una virtù. I social media sono stati lo strumento per diffondere all’esterno, nella nostra vita quotidiana, quelle espressioni di odio e di violenza che un tempo non sarebbero state accettabili e che ora diventano una componente quasi essenziale del dibattito politico.
Dobbiamo restare vigili, non sottovalutare altre forme di odio e rancore ma prendere coscienza che questo è il problema numero uno al giorno d’oggi. È in atto uno sdoganamento incisivo, anche ad alti livelli istituzionali. Ed è un problema che riguarda tutta la società. Anche l’antisemitismo è tornato a farsi sentire, in Italia come nel resto del mondo. Come un fiume carsico che continua il suo flusso emergendo a tratti così oggi il pregiudizio contro il diverso, l’ebreo, è stato sdoganato, è tornato libero di farsi sentire - sul web, nelle istituzioni, nei salotti e negli stadi. Certi temi, certe battute, erano almeno banditi; ora invece emergono nella totale indifferenza infiltrandosi nelle pieghe della crescente xenofobia. “È caduto un muro morale che aveva messo al bando una volta per tutte ogni barbarie razzista e dunque in primo logo quella antisemita”, come ha sottolineato Magris sul Corriere. “È più difficile disgregare un pregiudizio che un atomo”, come ricordava Harari citando Einstein.
Conoscere e divulgare le storie di chi si è opposto all'oscurità, nei diversi periodi del nostro recente passato, rappresenta pertanto un'opportunità di inestimabile valore che ci aiuta a capire l’importanza delle conquiste ottenute e il loro peso specifico nelle nostre esistenze. Celebrando gli umili eroi di ieri e di oggi, raccontando il loro coraggio, il loro sogno, la loro tenacia, rafforziamo i valori che uniscono popoli e culture diverse nel comune anelito di pace, libertà e fratellanza universale. Il Giusto è un cittadino del mondo e non ha una sola patria. Ma quando viene ricordato e valorizzato fuori dai suoi confini, acquista una nuova cittadinanza, come accade normalmente per i grandi artisti, scrittori e filosofi.
La Memoria come spazio educativo per le nuove generazioni deve essere il nostro obiettivo. Occorre avvicinare i giovani a queste figure di resistenti, di combattenti ma anche a coloro che hanno incitato gli altri a dissociarsi dalle sopraffazioni risvegliando le coscienze combattendo l’indifferenza, offrendoli come esempio per promuovere l’impegno civile e l’assunzione personale di responsabilità.
Dobbiamo ricordare e fare emergere le figure di coloro che anche negli attuali conflitti e attacchi terroristici si sacrificano per salvare il prossimo per vincere l’odio verso il diverso e per salvaguardare i valori dell’Umanità.
Non è sufficiente ricordare, ma bisogna agire per difendere la nostra libertà come hanno fatto nel passato i nostri genitori e come cerchiamo o dovremmo fare tutti noi anche oggi per combattere ogni sopruso ed ogni schiavitù. Importantissimo, ancor più di tutte le manifestazioni e le cerimonie, è il lavoro capillare che viene fatto dal Giardino dei Giusti, da Gariwo e da molte altre associazione ed istituzioni (UCEI, CDEC, Memoriale della Shoah) nelle scuole con insegnanti ed alunni.
Non è tuttavia la memoria in se stessa il mezzo per migliorare la società, quanto la sua capacità di saper proiettare la propria visione nel futuro. È solamente attraverso la prospettiva del domani che si possono realizzare cose grandiose. Non bisogna quindi dimenticare la propria storia, tutt’altro, ma per saperne scrivere una nuova e più bella non basta conoscere il passato, bisogna avere anche il coraggio di lottare per un futuro migliore, come hanno fatto coloro che ricordiamo oggi come Giusti.