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Un eroismo "inutile"?

editoriale di Gabriele Nissim

Settanta anni fa, tre capi dello Judenrat di Kosow Huculski, un piccolo shetl ai piedi dei Carpazi nella Galizia orientale, sono stati protagonisti di un atto di sacrificio estremo che merita di essere ricordato alla vigilia della prima Giornata Europea dei Giusti.

Nel villaggio vivevano 2500 ebrei, circa l’80% della popolazione, a cui si erano aggiunti 1500  ebrei dei villaggi vicini che erano stati costretti a trasferirsi. Dopo l’invasione dell’Unione Sovietica, gli ungheresi occuparono il paese e successivamente furono raggiunti dalle truppe tedesche che vi istituirono un consiglio ebraico. Come era accaduto in tante città della Polonia, il consiglio doveva servire a controllare la popolazione in vista dello sterminio.

Nell’inverno del 1941 un comando tedesco uccise, su una collina nelle vicinanze, 2088 ebrei di Kosow. I sopravvissuti erano consapevoli del destino che incombeva su di loro. Così, nella primavera del 1942, quando alla vigilia di Pesach - la Pasqua ebraica - gli abitanti vennero a sapere che ancora una volta dei poliziotti ucraini e tedeschi si stavano avvicinando al villaggio, decisero di nascondersi negli scantinati e nelle foreste vicine per sfuggire a una morte certa. Lo shetl si trasformò così, dal mattino alla sera, in un paese fantasma. I quattro dirigenti del villaggio presero allora una decisione. Invece di seguire nella fuga disperata il resto degli ebrei, scelsero di aspettare i nazisti per cercare di negoziare con loro. Sapevano benissimo cosa li aspettava, ma ritennero che questo fosse l’unico modo per tentare di salvare il resto della popolazione. Come risulta da una testimonianza scritta, i quattro dirigenti pensarono che i tedeschi, non trovando nessuno nel paese, si sarebbero insospettiti, avrebbero dato immediatamente fuoco alle case e la maggioranza degli ebrei nascosti sarebbe stata arsa viva. Poco prima dell’arrivo dei nazisti, uno dei quattro non resse alla paura della morte e i tre suoi compagni, dopo una drammatica discussione, lo esortarono a nascondersi, assumendosi l’intero carico del sacrificio.

I dirigenti del villaggio riuscirono comunque nel loro intento disperato. I nazisti, dopo averli uccisi, abbandonarono il villaggio e si diressero a compiere le loro carneficine a Kitov, un paese vicino.

Con il loro eroismo, i tre riuscirono a proteggere la vita degli abitanti di Kosow, almeno per alcune settimane. Infatti, 6 mesi dopo, i nazisti ritornarono e uccisero tutti gli abitanti.

Questo episodio ha un grande valore esemplare per almeno tre motivi.

Mostra quanto sia stata affrettata e approssimativa l’analisi di Hannah Arendt e di Zygmunt Bauman sul comportamento dei consigli ebraici, considerati come uno strumento in mano ai tedeschi, con a capo dirigenti che avrebbero in ogni situazione cercato di salvare la propria vita a spese degli altri. La storia dei Judenrat è stata variegata ed è un errore, come ricorda Yehuda Bauer nel suo splendido libro Ripensare l’Olocausto (ed. Baldini Castoldi), fare delle generalizzazioni senza considerare l’insieme dei comportamenti dei consigli ebraici.

In secondo luogo, il comportamento eroico dei tre dirigenti di Kosow, che protessero con il loro sacrificio la vita della comunità ebraica, anche se per un brevissimo lasso di tempo, mostra come sia un grave errore da parte di Yad Vashem non inserire nella memoria dei giusti gli atti degli ebrei che si prodigarono per soccorrere delle vite umane, e senza il cui coraggio tante azioni di salvataggio non si sarebbero verificate. Il memoriale ebraico di Gerusalemme ha preferito concentrarsi sulle azioni dei non ebrei per esaltare chi non è stato indifferente alla sorte dei perseguitati; ma in questo modo, anche se con le migliori intenzioni, non ha reso onore ai tanti ebrei che cercarono non solo di resistere, ma anche di aiutare i loro fratelli nel corso della persecuzione. I dirigenti di Kosow meriterebbero un albero nel Viale dei Giusti, e invece rischiano di essere dimenticati se non si riconosce il grande valore etico della loro resistenza. Non ci devono essere steccati tra giusti ebrei e non ebrei.

C’è però un punto fondamentale in questa vicenda: il grande valore morale, per l’umanità, di un sacrificio apparentemente inutile. Sappiamo infatti, dal corso degli eventi, che i dirigenti dello shetl rimandarono soltanto di pochi mesi la morte annunciata degli abitanti del villaggio.
Eppure, come i resistenti del ghetto di Varsavia che morirono nell’insurrezione contro i tedeschi senza avere alcuna speranza di vincere ed esclusivamente per difendere la loro dignità di uomini, gli eroi di Kosow sono degli esempi straordinari che vanno ricordati e raccontati per il futuro dell’Europa.

È proprio questo uno degli scopi che ci siamo posti con la creazione della Giornata Europea dei Giusti.

Raccontare e onorare questi uomini coraggiosi apparentemente sconfitti dai nazisti, custodirne la memoria, significa renderli vincitori per le generazioni future.

Li ricordiamo il 6 marzo perché hanno salvato, al tempo del nazismo, contro ogni logica, la speranza nell’uomo.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

11 febbraio 2013

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