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Un Giardino del Bene in Giordania

di Martina Landi

I Giardini dei Giusti celebrano nel mondo il bene come valore fondamentale. E ricordano quanti lo hanno saputo riconoscere e seguire.

Quando abbiamo inaugurato i Giardini di Neve Shalom e Tunisi, ci siamo posti un obiettivo molto ambizioso: lanciare da questi luoghi la diplomazia del Bene, facendo emergere storie di umanità, solidarietà e resistenza che spesso rimangono sconosciute.

Di fronte ai conflitti, al terrorismo e alle sfide di oggi, abbiamo scelto di onorare le figure di chi ha agito per difendere il valore della vita e dell’umanità, dall’Europa al Medio Oriente. Ecco perché abbiamo celebrato il coraggio morale dei Giusti arabi e musulmani come Hamadi ben Abdesslem, la guida del Museo del Bardo che ha salvato i turisti italiani durante l’attacco del 2015, o Faraaz Hussein, il giovane bengalese che nell’attentato a un ristorante di Dacca nel 2016 rifiutò di salvarsi per non abbandonare le sue amiche non musulmane.

Il nostro sforzo è quello di trovare storie che rompano gli schemi, per rispondere a chi, in preda alla paura, si chiude dietro a pericolosi pregiudizi.

Da Israele alla Tunisia, questa operazione culturale si allarga ora alla Giordania, con la creazione di un nuovo Giardino del Bene, spazio che nasce grazie alla collaborazione tra Gariwo, l’Ambasciata italiana ad Amman ed EcoPeace Middle East - l’organizzazione che unisce ambientalisti giordani, israeliani e palestinesi per la salvaguardia dell’ambiente, la tutela delle risorse e la cooperazione pacifica verso uno sviluppo sostenibile.

Perché la Giordania? Il Paese di Re Abdallah è un fragile regno che negli anni è stato al centro della questione mediorientale e del conflitto palestinese, per poi sperimentare ai suoi confini la violenza delle guerre, la nascita delle primavere arabe, il dramma dei profughi dai Paesi vicini, il terrorismo di ieri e di oggi.
Il regno hashemita è simbolo di tolleranza e di convivenza tra cristiani e musulmani, tra una monarchia dall’immagine occidentale e i Fratelli Musulmani. Come ha ricordato lo stesso principe ereditario Hussein all’ultima Assemblea generale delle Nazioni Unite, si tratta di una terra “baluardo di moderazione e integrazione”, che custodisce una delle Sette Meraviglie del mondo, Petra, ma che ospita anche uno dei campi profughi più grandi e tristemente famosi, quello di Zaatari.

Non c’è Paese come la Giordania che oggi sia chiamato ad affrontare tutte le più grandi sfide del nostro tempo: la mancanza di risorse naturali, la crisi migratoria, il fondamentalismo. Il regno della Regina Rania è infatti il Paese più povero di acqua del mondo, ospita un numero di rifugiati superiore alla sua popolazione originaria - tra siriani, palestinesi, iracheni e curdi - ed è al centro della minaccia fondamentalista che opprime l’area mediorientale.

Ecco perché nel Giardino del Bene che sorgerà al Sharhabil Bin Hasseneh EcoPark, tra le sette figure che saranno onorate spicca quella di Moath Al Kasasbeh, il pilota giordano catturato dai jihadisti dopo che il suo aereo era stato abbattuto a Raqqa, rinchiuso in una gabbia di ferro e arso vivo dai fanatici di Daesh nel 2015.

Così lo ricorda EcoPeace Middle East: “Il suo eroismo e coraggio affrontando una morte dolorosa saranno sempre incisi nel ricordo dell'Umanità. Eroe e martire, ha accolto la morte per renderci sicuri. Per lui, la chiamata del dovere, la dignità e la sicurezza del proprio popolo sono stati più importanti della vita stessa. Come i parenti accolgono un caro all'arrivo, così le sue buone azioni accolgono il promotore del bene che è passato da questo mondo all’altro".

Così come a Tunisi nel 2016 abbiamo celebrato gli individui che si sono opposti alla barbarie del terrorismo, il 30 ottobre ad Amman ricorderemo sette figure giordane, storie di coraggio morale e impegno civile, che hanno scelto di impegnarsi per la vita, l’ambiente, la bellezza, nel riconoscimento di una comune umanità.

Perché dietro a ogni musulmano non si nasconde un potenziale terrorista, e con questa operazione vogliamo mostrare alle persone che c’è la possibilità di distinguere e di comprendere che anche nel mondo arabo ci sono Paesi e individui che si muovono in modo diverso.

Per questo il Giardino del Bene dovrebbe essere appoggiato in Italia dalle istituzioni, dal governo, dalla diplomazia. Dovrebbe essere un’idea italiana da esportare nel mondo con il sostegno di laici, ebrei, musulmani, cristiani e di tutti coloro che sono impegnati oggi a difendere la pluralità umana.

Per fare questo però bisogna avere coraggio…

Martina Landi

Analisi di Martina Landi, Responsabile del coordinamento Gariwo

23 ottobre 2017

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