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Zegota, un'esperienza eccezionale

A settant'anni dalla fondazione in Polonia del Consiglio di Aiuto agli Ebrei

Settanta anni fa, il 4 dicembre 1942, nasceva il Consiglio di Aiuto agli Ebrei, più noto con lo pseudonimo Zegota, dal nome di uno dei cospiratori nel terzo atto dell’opera Gli Avi di Adam Mickiewicz. Zegota presenta alcuni punti di eccezionalità nel panorama delle organizzazioni europee di salvataggio degli Ebrei. Infatti, fu l’unica a carattere statale, poiché agiva all’interno delle strutture della Delegazione in Polonia del Governo polacco in esilio; ma fu anche in un certo senso l’esempio del paradosso che a volte si nasconde nell’animo umano: infatti la co-fondatrice di Zegota, Zofia Kossak-Szczucka, era una scrittrice polacca piuttosto nota, nata in una famiglia nobile della regione di Lublino, nipote di un famoso pittore del romanticismo polacco, ed era decisamente ed apertamente antisemita sia prima, che dopo la guerra. 


Il professor Jan Blonski nel suo famoso e controverso articolo "I poveri polacchi guardano al Ghetto" comparso nel 1987 sul Tygodnik Powszechny, in cui affronta il problema delle complicità polacche nell’eccidio degli Ebrei, ha scritto di lei: "era pronta a dare la vita per gli Ebrei, però si sarebbe sentita sollevata se in virtù di un qualche miracolo fossero spariti, senza però dover patire alcuna sofferenza, perché non vedeva né la necessità, né la possibilità di una coesistenza.” E Adam Micnik aggiunge: "quello straordinario appello, intriso di nobiltà e coraggio, e al tempo stesso evidentemente contagiato dagli stereotipi antisemiti, illustra bene il paradosso dell’attegiamento dei Polacchi verso gli Ebrei massacrati: per la loro tradizione antisemita vedono negli Ebrei un nemico, ma allo stesso tempo la tradizione all’eroismo dei Polacchi li spinge ad aiutare gli Ebrei”. 


Zegota fu la continuazione del Comitato Temporaneo di Aiuto agli Ebrei fondato il 27 settembre dello stesso anno da Zofia Kossak-Szczucka, membro del Fronte Clandestino per la Rinascita della Polonia, e da Wanda Krahelska-Filipowiczowa, aderente al Partito Socialista Polacco. 
In agosto, subito dopo l’inizio della grande azione di liquidazione del Ghetto di Varsavia, Zofia Kossak aveva fatto circolare un volantino intitolato Protest, in cui denunciava l’indifferenza generale verso quanto stava accadendo e scriveva: "Nel Ghetto di Varsavia, dietro al muro che li isola dal mondo, alcune centinaia di migliaia di condannati aspettano la morte. Per loro non c’è alcuna speranza di salvezza, non giunge loro alcun aiuto. Le strade sono occupate dai carnefici, che sparano a chiunque osi uscire di casa. (...). Il male si sta diffondendo come un’epidemia, il crimine sta diventando un vizio (...). Il silenzio non può più essere tollerato (...). Chi tace di fronte a questo crimine diventa complice dei carnefici. Chi non lo condanna, lo permette. Facciamoci sentire noi, polacchi-cattolici.” E chiedeva ai polacchi di prendere una posizione chiara: "Dobbiamo protestare, chi non appoggia questa protesta non è un cattolico”, pur aggiungendo: "I nostri sentimenti verso gli Ebrei non sono cambiati. Continuiamo a considerarli dei nemici politici, economici e ideologici della Polonia”.
All’interno di "Zegota” erano presenti i rappresentanti di tutti i partiti politici, dalla destra alla sinistra, e vi erano sia Polacchi che Ebrei. 


Il professor Władysław Bartoszewski, uno dei co-fondatori di Zegota, e l’ultimo suo membro ancora vivente, ha detto: "Ho l’impressione che Zegota sia stato un fenomeno eccezionale. Infatti è stata la prima organizzazione clandestina contro i tedeschi in cui sedevano insieme attorno allo stesso tavolo sionisti, esponenti socialisti del Bund ebraico, cattolici, polacchi democratici, socialisti e popolari. Non era un’organizzazione polacca di aiuto agli ebrei. Era il Consiglio di Aiuto agli Ebrei in cui agivano insieme ebrei e polacchi, impegnati religiosamente e no, ebrei di sinistra e di destra, polacchi di sinistra e polacchi conservatori. E ritengo sia stato possibile perché si erano messi insieme uomini tolleranti e con un grande spirito umanitario. Non conosco altri esempi simili in Europa”.


Il Consiglio continuò ad agire fino al gennaio del 1945 e fu presente a Varsavia, Cracovia, Leopoli, nella regione di Lublino, contribuendo in vario modo alla salvezza di quasi 60.000 Ebrei nella difficilissima situazione della Polonia occupata, in cui dare aiuto ad un ebreo significava correre il rischio di venire uccisi insieme a tutta la propria famiglia. Nella sola Varsavia il dipartimento per l’infanzia di Zegota guidato da Irena Sendler si occupò di 2.500 bambini ebrei portati fuori clandestinamente dal Ghetto. 


Trattandosi di un’istituzione del Governo Polacco in esilio veniva finanziato dalle autorità polacche a Londra, ma non mancarono neppure contributi raccolti fra la popolazione polacca ed ebraica nel paese e all’estero. 
L’azione di Zegota era rivolta soprattutto agli ebrei che si nascondevano nella parte "ariana” delle città, senza però dimenticare chi era nei ghetti o nei campi. A chi si nascondeva venivano forniti un’abitazione, cibo, denaro, falsi certificati di battesimo e documenti grazie ai quali potevano muoversi al di fuori del Ghetto. Inoltre, molti bambini vennero collocati presso famiglie polacche o istituti religiosi.


Accanto all’azione di salvataggio fu molto importante anche l’azione di denuncia dei crimini nazisti attraverso le pubblicazioni clandestine, che venivano fatte circolare in Polonia e, quando possibile, portate all’estero. Jan Karski, noto come il “corriere della resistenza”, nell’autunno del 1942 riuscì a portare a Londra e negli Stati Uniti i materiali raccolti anche da Zegota, per denunciare al mondo quanto stava accadendo in Polonia, purtroppo senza successo, poiché non venne creduto.


In una delle pubblicazioni clandestine più importanti, il Bollettino d’Informazione della fine del 1942 leggiamo: "accanto alla tragedia che sta vivendo la società polacca decimata dal nemico, sulla nostra terra da quasi un anno si sta compiendo l’orrendo massacro dii massa degli Ebrei. Questa carneficina di massa non trova eguali nella storia del mondo, davanti ad esso impallidiscono tutti i crimini della storia".  


In più occasioni venne anche condannato l’atteggiamento di indifferenza, se non di complicità, di buona parte della società polacca nei confronti del massacro degli ebrei. La stessa Kossak, in un articolo pubblicato sulla rivista clandestina Prawda scrive: "in un villaggio i tedeschi avevano ammazzato a modo loro tutti gli ebrei. Un gruppetto di condannati era riuscito a scappare e a nascondersi nei boschi. Alcuni ragazzini polacchi li hanno trovati. Prima li hanno derubati per bene e poi li hanno denunciati. La polizia tedesca ha circondato il bosco e ha fucilato tutti gli ebrei. Dei ragazzi polacchi si sono comportati in questo modo (...). Questa è una peste morale che bisogna mettere alla gogna”.  


Dopo la guerra, l’Istituto di Yad Vashem ha conferito al Consiglio la medaglia di "Giusto fra le Nazioni” e nel 1963 il professor Bartoszewski ha piantato l’albero dedicato a Zegota nel Giardino dei Giusti di Gerusalemme.

Annalia Guglielmi

Analisi di Annalia Guglielmi, esperta di Polonia ed Europa dell'Est

13 dicembre 2012

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