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Zelenski ha seppellito la missione di Bennett e ha mostrato le contraddizioni della politica israeliana

di Konstanty Gebert

Pubblichiamo di seguito la traduzione dell'intervento di Konstanty Gebert uscito oggi su Gazeta Wyborcza

In Polonia, negli Stati Uniti o nel Regno Unito, il presidente dell'Ucraina, che non lascia la capitale sotto assedio, ha parlato a distanza, certo - ma ha parlato ai parlamenti di quei Paesi. In Israele, ha parlato non alla Knesset, ma a suoi singoli membri, che non si erano riuniti in parlamento per ascoltarlo.

Ufficialmente, la decisione era dovuta al fatto che l'edificio della Knesset deve essere ristrutturato e non è stato possibile trovare una sala adatta. È difficile non accorgersi di quanto questa scusa sia sciocca: in realtà si trattava di abbassare il profilo del discorso per avere meno probabilità di offendere la Russia. In effetti, però, questa scusa non ha fatto altro che sottolineare la volontà di Israele di non rendersi inviso all’aggressore. A ciò è stato dedicato il discorso di Zelensky.

Israele è l'unico Paese democratico a non aderire alle sanzioni contro la Russia. A differenza degli stati della NATO, si rifiuta di vendere all'Ucraina non solo armi, ma anche caschi o giubbotti antiproiettile. E, a differenza della maggior parte dei Paesi del mondo, non ha preso una posizione chiara sull'aggressione russa: sebbene il capo del Ministero degli Esteri, Jair Lapid, l'abbia condannata, il primo ministro Naftali Bennett, deplorando la guerra e lo spargimento di sangue, non ha citato direttamente la Russia.

L’ipocrisia di Gerusalemme nei confronti degli immigrati

D'altra parte, Gerusalemme sta fornendo un notevole aiuto umanitario: ci sono strutture mediche e di accoglienza israeliane ai confini con l'Ucraina, destinate principalmente alla cura dei rifugiati ebrei, ma aperte a tutti. Israele ha anche accettato di ospitare 30.000 rifugiati ucraini non ebrei.

Solo che l'atteggiamento verso i rifugiati rivela l'ipocrisia dell'atteggiamento di Gerusalemme. Di questi 30.000, 25.000 sono già in Israele, e si sono semplicemente visti estendere i loro diritti di residenza. Per i restanti 5.000 i parenti già in Israele hanno dovuto pagare una cauzione, le procedure all'aeroporto si sono trascinate all'infinito, e a 300 è stato infine negato il diritto di attraversare il confine.

Certo, lontano dall'Ucraina, Israele non deve accettare decine di migliaia di persone - ma quelle che accetta dovrebbero essere trattate come vittime di guerra, non come potenziali truffatori. Non si di tratta di discriminazione: la grande maggioranza dei rifugiati ucraini accettati in Israele come ebrei sono “non ebrei”, che hanno diritto alla cittadinanza in quanto imparentati con ebrei. Questa volta, però, Israele peraltro non sta evacuando gli ebrei etiopi, altrettanto minacciati di guerra, cosa che la ministra israeliana per l'immigrazione ha definito razzismo.

Questa è insensibilità, cecità morale.

Yad Vashem difende Abramovič

Era già evidente quando Yad Vashem ha chiesto al Dipartimento di Stato americano di non imporre sanzioni all'oligarca Roman Abramovič perché benefattore dell'Istituto. Questo è quanto avrebbe potuto fare una qualsiasi azienda, sostenuta finanziariamente da Abramovič; Yad Vashem però non è solo un Istituto di ricerca ma un custode di valori morali, che ha vergognosamente tradito con questa lettera. È come se il Vaticano intervenisse per difendere la famiglia mafiosa Gambino perché sono buoni cattolici.

Yad Vashem ha anche rifiutato di permettere a Zelensky di ospitare il suo evento pubblico dopo che la Knesset ha rifiutato di farlo. Qui però il motivo era il timore - giustificato, come si è scoperto - che il presidente avrebbe paragonato l'attuale situazione dell'Ucraina all'Olocausto. Questo paragone è, ovviamente, completamente sbagliato - la Russia sta commettendo crimini di guerra in Ucraina, non un genocidio - ma difficile rinfacciarlo al presidente di un Paese sotto assedio, che sta cercando con tutte le sue forze di ottenere il sostegno del mondo. È stato invece un errore l'appello di Zelensky a Israele di trattare l'Ucraina "come noi [ucraini] abbiamo trattato trattato gli ebrei 80 anni fa". Durante la Seconda guerra mondiale, 2.600 ucraini siano stati riconosciuti come Giusti fra le Nazioni, essi parteciparono in gran numero all'assassinio degli ebrei. Certamente era ai Giusti che pensava Zelensky, ma il suo appello ha reso più facile stralciare il contenuto di base del suo messaggio: che "non si può negoziare tra il bene e il male".

In senso letterale, naturalmente, si può e si deve - ma solo quando si è chiaramente consapevoli di ciò tra cui si sta negoziando.

Israele teme la Siria

Con le sue parole, Zelensky non solo ha seppellito la missione negoziale di Bennett, finora condotta con la benedizione di entrambe le parti (benché nel discorso serale l’abbia nuovamente menzionata, ringraziando e sostenendola), ma ha anche esposto la contraddizione fondamentale della politica di Gerusalemme verso questa guerra. La maggior parte dell'opinione pubblica israeliana sostiene Kiev - ma è consapevole che Israele non può irritare Mosca a causa della situazione in Siria, dove la Russia ha finora tollerato gli attacchi israeliani alle posizioni iraniane. L'ostilità di Mosca significherebbe la fine di questa tolleranza e la minaccia potenzialmente esistenziale di migliaia di missili iraniani schierati impunemente contro Israele. Allo stesso modo, l'Armenia sostiene la Russia non perché pensa che Kiev sia governata da nazisti, ma perché le truppe russe sono l'unica salvaguardia contro la sconfitta finale per mano dell'Azerbaigian.

Ma la minaccia esistenziale per l'Armenia è reale, per Israele potenziale - e Israele è una potenza nucleare, e un alleato degli Stati Uniti, il cui governo è sempre più indignato dalla mancanza di solidarietà israeliana. "Non vorrete essere l'ultimo stato dove gli oligarchi possono riciclare il loro denaro sporco che finanzia la guerra di Putin", ha ammonito il sottosegretario di Stato Victoria Nuland.

Israele, che così spesso - e spesso giustamente - accusa gli altri di evitare di prendere una posizione moralmente legittima nei conflitti mediorientali cedendo al calcolo cinico, questa volta si è reso esso stesso colpevole di tale reato. Per aver negato solidarietà alle vittime dell'aggressione e ai loro alleati potrà pagare molto di più di qualsiasi guadagno. Gerusalemme non ha imparato la lezione di Władysław Bartoszewski (Władysław Bartoszewski, 1922-2015, storico e giornalista polacco legato all’opposizione, durante la guerra fu una figura importante della lotta partigiana e membro della direzione del comitato per l’Aiuto agli ebrei perseguitati. Dopo il 1989 è stato Ministro degli esteri, nel 1995 e nel 2000-2001, e grande promotore e sostenitore del dialogo ebraico-polacco. NdR).

Traduzione fornita da Laura Quercioli Mincer, Professore associato di Letteratura e cultura polacca, Presidente AIP - Associazione Italiana Polonisti

Konstanty Gebert

Analisi di Konstanty Gebert, giornalista e corrispondente di guerra

21 marzo 2022

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