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Fondamentalismo e terrorismo islamico

In breve

Il terrorismo islamico è un fenomeno criminale che, negli ultimi anni, ha intensificato la sua attività portando a termine degli attacchi molto cruenti e di grande impatto mediatico. Esso ha quasi un secolo di vita – il primo movimento che ha teorizzato l’uso della violenza per ripristinare lo stile di vita fondamentalista e ortodosso dei primi credenti islamici, infatti, è stato quello dei Fratelli Musulmani fondato nel 1928 in Egitto. Successivamente, esso si è fortemente “legato” a lotte di liberazione come le rivendicazioni territoriali palestinesi e la Rivoluzione iraniana, ma è stato a seguito della guerra russo-afghana che ha acquisito una veste globale e avversa all’Occidente.
Al-Qaeda e l’ISIS, le ultime organizzazioni terroristiche islamiche in ordine di tempo, con i loro sanguinosi attacchi, hanno reso manifesti al mondo gli obiettivi antimoderni del fondamentalismo e, soprattutto, i mezzi crudeli e sanguinari per conseguirli. I loro attacchi hanno colpito e continuano a colpire le zone di guerra in Medio Oriente e in Africa, ma anche le metropoli occidentali, seminando distruzione e morte.

L’ideologia dello Stato Islamico: tra wahhabismo e salafismo

Nel giugno 2014 l’ISIS proclamò la restaurazione del Califfato islamico, incuneato fra Iraq e Siria. Si tratta dell’atto conclusivo di un processo iniziato con la ribellione al governo iracheno di una parte dei gradi superiori dell’esercito a seguito dell’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti.

La crisi politica e morale delle vecchie classi dirigenti in Iraq e Siria produsse un fenomeno di radicalizzazione dei ceti sociali che si sentivano estromessi dal potere. Gruppi sempre più numerosi si avvicinarono e alla fine abbracciarono ideologie religiose di stampo integralista e fondamentalista, quali il salafismo, il wahhabismo, il jihadismo e il panislamismo. Nel 2013 lo Stato Islamico dell'Iraq proclamò unilateralmente la propria unificazione con la branca siriana di Al-Qaeda, che aveva conquistato una parte del territorio siriano nell'ambito della guerra civile contro il governo di Bashar al-Asad. In seguito a questo annuncio il gruppo, scelta come propria capitale la città siriana di Raqqa, cambiò nome in Stato Islamico dell'Iraq e della Siria (ISIS).

L’ideologia dell’autoproclamato Stato islamico si riconduce essenzialmente alle dottrine del salafismo, del wahhabismo e del panislamismo.
Definito nelle maniere più diverse - "ortodosso", "ultraconservatore", "austero" - il wahhabismo costituisce una forma estremamente rigida di Islam sunnita, che insiste su un'interpretazione letterale del Corano. I wahhabiti credono che tutti coloro che non praticano l'Islam secondo le modalità da essi indicate siano pagani e nemici dell'Islam. I suoi critici affermano però che la rigidità wahhabita ha portato a un'interpretazione rigorista dell'Islam, ricordando come dalla loro linea di pensiero siano scaturiti personaggi come Osama bin Laden e i talebani.

Il salafismo è una corrente di pensiero che risale al medioevo con caratteri di apertura e riformismo. I primi segnali evidenti e ufficiali del mutamento ideologico e strategico del salafismo, da movimento "riformista" e tollerante a movimento "fondamentalista" e marcatamente ostile alla modernità, si possono forse riscontrare in Tunisia, verso gli anni Trenta del XX secolo.

Fu in quel contesto che il salafismo venne permeato da uno spirito wahhabita che, facendo piazza pulita del millenario retaggio culturale islamico, mise l’accento contro i “vizi” importati dall’Occidente e sulla necessità di decretare l’ostracismo contro le missioni cristiane e le loro attività di proselitismo.
In Egitto, la trasformazione del salafismo avvenne nello stesso periodo, con l'avvento della cosiddetta “Neo-Salafiyya”. Nascono infatti diverse organizzazioni, fra cui la Fratellanza Musulmana, che non si rivolgono più a minoranze colte e "illuminate" (in qualche modo sensibili alla cultura occidentale) ma alle masse più incolte, impegnandosi in una profonda e capillare opera di "richiamo" all'Islam, cioè di riavvicinamento alla fede e alle pratiche canoniche dell'Islam, inteso in senso anti-intellettualistico e conservatore; una visione praticamente opposta a quella del movimento delle origini.

I “Foreign Fighters”

Quando si parla di ISIS e Stato Islamico non si può fare a meno di nominare i Foreign Fighters, letteralmente "combattenti stranieri”: sono coloro che, pur non appartenendo geograficamente ai Paesi nei quali è nato il Califfato, decidono di affiliarsi allo Stato Islamico abbracciandone ideologie e metodi di combattimento a promessa di una vita migliore in uno Stato che garantisce giustizia sociale e benessere.

È molto difficile fare un ritratto univoco delle persone che decidono di affiliarsi allo Stato Islamico, tanto è varia la loro provenienza: i Foreign Fighters provengono sia dagli strati più bassi della società che da famiglie benestanti, i loro livelli di istruzione sono diversi e l'arruolamento avviene sia tra musulmani (di prima, seconda o terza generazione che vivono in Occidente) che tra i cosiddetti "convertiti dell'ultimo minuto". Ma cosa accomuna tutte queste persone? Perché decidono di arruolarsi per combattere una guerra che non è la loro? Probabilmente trovano nell'ISIS un'ideologia forte, un motivo per cui combattere, nonché la prospettiva di una nuova vita in cui possano affermarsi anche dal punto di vista personale. Essi si identificano con la Jihad, spesso per dare un senso alla propria esistenza: dall'Europa (e non solo) partono per l'addestramento in Medio Oriente per poi far ritorno e, spesso, colpire il mondo dal quale provengono.
Il Jihad, quindi, diventa per i Foreign Fighters una ragione di vita, tanto da portare ad un’identificazione in principi per i quali si è disposti a sacrificare la propria vita.

Attualmente risulta molto difficile controllare il fenomeno, soprattutto perché l'opera di proselitismo non avviene solo nei luoghi fisici. La propaganda si fa anche e soprattutto sul web, e in modo costante. Stando alle ultime stime, si pensa che i Foreign Fighters siano circa 20000 e di provenienza molto varia. I luoghi di provenienza sono non solo Nordafrica e Medio Oriente, ma anche Europa e Russia.
La fine dell’utopia jihadista dell’ISIS, dopo la caduta di Raqqa, Mosul e Deir el-Zor, ha comportato tuttavia un’altra insidia, molto pericolosa per l’Europa: quella dei Foreign Fighters di ritorno. Molti sono stati incarcerati e finiti sotto processo, mentre altri sono stati inseriti in programmi di riabilitazione e reinserimento.

Il Soufan Center ha individuato almeno cinque diverse categorie di returnees: quelli che sono rientrati presto o dopo una breve permanenza, prima che iniziasse a perdere terreno; quelli rientrati dopo, ma disillusi a causa dei comportamenti sempre più brutali; quelli che hanno utilizzato le tattiche ISIS per intraprendere nuove battaglie; quelli costretti a lasciare il Califfato o catturati; quelli spediti a combattere in altri scenari, come ad esempio le cellule create per compiere attacchi fuori dai confini (Parigi o Bruxelles). Solo pochi di loro farebbero però parte di cellule attive.

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