In breve
Il 7 ottobre 1949, sul territorio della Germania orientale occupato dall'Armata Rossa, sorse la DDR (Deutsche Demokratische Republik). La costruzione del Muro di Berlino il 13 agosto 1961 sancì definitivamente la spaccatura con la Repubblica Federale Tedesca dell’ovest. Spaccatura che rimase tale fino al crollo del Muro del 9 novembre 1989, quando si aprì la strada alla riunificazione tedesca, formalmente conclusa il 3 ottobre 1990.

Un carro armato sovietico a Potsdamer Platz durante la rivolta dei lavoratori, 17 giugno 1953.
Il dopoguerra e il 1953
Nella zona controllata dall’Armata Rossa in Germania erano iniziate subito dopo la guerra forme di contrasto al dominio comunista, dalla diffusione di volantini ad azioni di piccolo sabotaggio, il più delle volte in risposta alle repressioni messe in atto dalle forze d’occupazione sovietiche e dai loro sostenitori tedeschi.
La morte di Stalin fu accompagnata da manifestazioni di protesta contro la scarsità di generi alimentari e dal picco delle fughe (59.000) verso l’Occidente. In particolare lo scontento serpeggiava fra gli operai: la pianificazione industriale aveva l’ambizioso obiettivo di superare in pochi anni la Germania dell’Ovest, e per questo erano stati imposti agli operai orari di lavoro insostenibili, norme di produzione altissime e bassi salari. Il 28 maggio il governo annunciò un ennesimo innalzamento delle quote di produttività e il prolungamento della giornata lavorativa, cui i lavoratori risposero con un’ondata di scioperi, partita il 15 giugno da Berlino e proseguita in 550 città, con manifestazioni e proteste.
Le autorità militari sovietiche di occupazione mandarono i carri armati contro i manifestanti e introdussero la legge marziale. Fonti governative riferirono di 25 morti, mentre gli occidentali sostennero che la protesta era costata la vita a 200-400 persone. I tribunali speciali pronunciarono decine di condanne a morte, eseguite immediatamente, e l’ordine fu ben presto ripristinato. I fatti del giugno 1953 segnarono l’ultimo tentativo di protesta di massa con il sostegno di gran parte della popolazione.

Abitanti di Berlino Ovest prendono in giro i soldati della DDR che pattugliano le nuove barricate di filo spinato che chiudono le strade tra il settore occupato dalla Russia e le occidentali, 13 agosto 1961.

Conrad Schumann, un soldato della Germania dell'Est di 19 anni, salta un recinto di filo spinato e scappa nella Germania Ovest il terzo giorno della costruzione del Muro, 15 agosto 1961.
Gli anni Sessanta e il Muro
La costruzione del Muro di Berlino nel 1961, eretto per frenare le fughe a Ovest dei cittadini di Berlino Est, fu un colpo durissimo per le poche organizzazioni di opposizione esistenti. Da quel momento la resistenza fu limitata in gran parte all’azione dei singoli, come il pastore Oskar Brusewitz, che nell’agosto del 1976 si diede fuoco pubblicamente a Zeitz per protesta contro la politica del governo nei confronti della religione e dei giovani. Il suo gesto ebbe una grande eco nel Paese. Anche le fughe ad Ovest attraverso il Muro non si interruppero, sebbene fossero diventate molto più rischiose. I dati ufficiali riferiscono di oltre 5000 passaggi riusciti, mentre furono più di 200 le persone uccise dalle guardie di frontiera.
Negli anni Sessanta e Settanta gli oppositori pubblici al regime si riunirono nelle Chiese e nei circoli della cultura artistica giovanile o underground. A poco a poco questi gruppi, che le autorità non riuscivano a soffocare nonostante le dure repressioni, assunsero una maggiore valenza politica. Il movimento si richiamava alla libertà di coscienza e di confessione prevista dalla legge e invocava il rispetto degli accordi di Helsinki, sottoscritti anche dalla DDR. Fu molto utilizzato il sistema delle petizioni al governo, che, secondo la legge, doveva garantire la partecipazione dei cittadini. Chi invece riteneva inutile la strada “legalista” fece la scelta di una resistenza più decisa e spettacolare, come ad esempio il gruppo che nel 1968 fondò a Berlino una radio illegale, immediatamente chiusa dalle autorità.
Gli anni Settanta: l’opposizione degli artisti e degli ambienti culturali
All’inizio degli anni Settanta dagli ambienti intellettuali trapelarono i primi segnali della cosiddetta “opposizione culturale”. Si cercò di strutturare le istituzioni ufficiali per affrontare pubblicamente tematiche fino allora tabù, ma la richiesta di maggiori libertà individuali entrò ben presto in conflitto con gli organismi statali. Intorno al 1976 questa forma di opposizione venne proibita.
Nell’azione di alcuni dissidenti si delineò un deciso cambiamento ideologico, con il rifiuto di ogni riferimento marxista. L’esponente più importante di questo gruppo fu lo scrittore Reiner Kunze, che, dopo gli eventi del 1968 a Praga, abbandonò la prospettiva socialista e nei suoi racconti, pubblicati in Occidente, documentò il terrore fisico e psicologico adottato dallo Stato contro i giovani che chiedevano libertà e legalità. Nel 1977 Kunze fu costretto a lasciare il Paese.
Un esponente importante dell’idea del socialismo democratico fu lo scienziato-filosofo Robert Havemann, che insieme a Stefan Heym e al cantante e poeta Wolf Biermann fu escluso dalla vita pubblica per essersi pronunciato a favore della libertà individuale e politica, chiedendo “la realizzazione di una democrazia socialista, e cioè l’introduzione di tutti i diritti politici dell’uomo”. Biermann divenne una sorta di portavoce delle istanze dei giovani: i contenuti di amara denuncia delle sue canzoni rispondevano ai desideri dei ragazzi cresciuti nell’ideale socialista e delusi dalla realtà. Per questo nel 1976 fu privato della cittadinanza ed espulso.
Questa decisione, anziché intimidire gli ambienti artistici, ne provocò il risveglio politico. Le azioni di protesta contro l’esilio di Biermann e le reazioni del regime provocarono un vero e proprio esodo in Occidente di intellettuali e artisti.
L’azione pastorale e i movimenti pacifisti, ecologisti, per i diritti umani
La salita al potere nel 1971 di Erich Honecker segnò un punto di svolta, con l’applicazione di una nuova strategia che mirava a rinchiudere l’opposizione nei confini della Chiesa protestante. La manovra, tuttavia, non diede i risultati attesi, poiché molti teologi e pastori continuarono a dare il loro sostegno all’opposizione e, soprattutto dalla metà degli anni Ottanta, si registrò un aumento significativo dei gruppi dissidenti: nell’estate del 1989 il Ministero per la Sicurezza dello Stato ne segnala 120, di cui 10 indipendenti dalle Chiese.
Negli stessi anni andò diffondendosi all’interno della Chiesa Evangelica una corrente di “cristianesimo sociale”, destinata a formare la base intellettuale e organizzativa dei movimenti pacifisti ed ecologisti di opposizione.
Alcuni circoli giovanili underground assunsero un carattere politico organico soprattutto grazie al cosiddetto “Lavoro Aperto”, l’opera pastorale, ideata da Walter Schilling, rivolta ai giovani appartenenti ad ambienti ai margini della società o discriminati dal regime, come gli hippies o i punk. Anche il movimento pacifista si concentrò principalmente nelle Chiese, prendendo le mosse dagli obiettori di coscienza. Negli anni Settanta i primi seminari clandestini sulla pace si strutturarono in gruppi stabili, con un notevole incremento nel decennio successivo, tanto da poter intraprendere una battaglia per l’introduzione del servizio civile. Nel 1982 il professor Havemann e il pastore Rainer Eppelmann redassero il cosiddetto Appello di Berlino, una coraggiosa proposta di disarmo che prevedeva il ritiro da entrambe le Germanie delle forze alleate di occupazione e la non ingerenza nelle questioni tedesche. La risposta delle autorità fu la persecuzione del movimento, nel quale si aprì il confronto sulla necessità di una maggiore indipendenza dagli ambiti ecclesiali, che portò alla nascita di gruppi pacifisti indipendenti, come la “Comunità per la Pace” a Jena e l’organizzazione “Donne per la Pace” guidata da Ulrike Poppe a Berlino.
Di pari passo con il pacifismo si sviluppò il movimento ecologista, rafforzatosi verso la fine degli anni Settanta e protagonista di alcune azioni di protesta all’inizio degli Ottanta, soprattutto sul tema dell’energia nucleare. Nel 1986 a Berlino fu fondata la “Biblioteca Ecologica”; l’incidente di Chernobyl accelerò la politicizzazione del movimento, con la creazione nella chiesa di Berlino-Brandeburgo della “Rete Ecologica Arka”.
Gli anni Ottanta e il samizdat
Nella seconda metà degli anni Ottanta il movimento democratico di opposizione sviluppò significativamente le proprie forme organizzative, e per la prima volta fece la sua comparsa il samizdat, l’editoria clandestina. Nel settembre 1987, nonostante le molte difficoltà, si svolse la prima manifestazione legale: una marcia di pace da Straslud a Dresda in memoria di Olof Palme, il premier socialdemocratico svedese assassinato l’anno precedente. Verso la fine del 1987, la confisca della “Biblioteca Ecologica” di Berlino da parte della Stasi provocò la mobilitazione di tutti gli ambienti dell’opposizione e le autorità furono costrette a rilasciare i responsabili della biblioteca. Allo stesso modo l’ondata di arresti del gennaio 1988 e l’espulsione dal Paese degli oppositori più importanti, come Barble Bohley e Wolfgang Templin, provocarono la protesta di migliaia di persone fino a quel momento non legate alla dissidenza. Particolarmente importante fu la campagna contro la falsificazione dell’esito delle elezioni comunali del 7 maggio 1989: una denuncia sulla quale il movimento decise di puntare, organizzando il 7 di ogni mese una manifestazione di protesta a Berlino, in Alexanderplatz.
L’opposizione degli anni Ottanta non aveva un programma unitario. Il punto che unificava le varie anime era la “richiesta di un’organizzazione della vita economica e sociale pluralista, democratica e decentralizzata” come disse il pastore Tschiche nel 1988 nel suo testo I fondamenti del consenso. A partire dall’agosto 1989, soprattutto su iniziativa degli oppositori storici, nacquero diverse organizzazioni sotto forma di movimento civile, come il “Nuovo Forum”, “Democrazia Adesso”, “Sinistra Unita”, mentre si strutturarono in partito i “Socialdemocratici”, “Cambiamento Democratico” e il “Partito dei Verdi”. Queste nuove forze innescarono il processo politico che portò alla fine del Partito Comunista Tedesco e furono determinanti per garantire l’evoluzione pacifica del cambiamento.
Nel frattempo si moltiplicavano le manifestazioni di protesta: il 9 ottobre a Lipsia 70.000 persone scesero in piazza per chiedere la libertà e la democrazia e per la prima volta le autorità decisero di non fare uso della forza. Il 18 ottobre Erich Honecker si dimise da tutti gli incarichi politici e fu sostituito da Egon Krenz, la cui elezione provocò a Berlino Est, il 24 ottobre, una manifestazione di protesta che si diffuse in altre città. Il 4 novembre mezzo milione di persone partecipò a una grande manifestazione in Alexanderplatz.
Il 9 novembre cadde il muro di Berlino.
Il crollo del Muro aprì la strada alla riunificazione tedesca formalmente conclusa il 3 ottobre 1990.

Life, 25 agosto 1961

Domenica del Corriere, 1 novembre 1964

Newsweek, 20 novembre 1989