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I Musei del Bene e la memoria dei Giusti

di Cristina Miedico

Le collegiali di Arturo Martini

Le collegiali di Arturo Martini

Il 18 maggio la comunità museale mondiale sarà impegnata, come ogni anno, nell’organizzazione della Giornata internazionale dei musei. Il tema prescelto per il 2017 è Musei e storie controverse: raccontare l’indicibile nei musei.
In Italia il tema della Giornata internazionale dei musei sarà al centro della Festa dei musei promossa dalla Direzione generale Musei del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con una formula pensata per attrarre diverse tipologie di pubblici e indurli a riflettere sul nostro patrimonio con modalità e prospettive diverse da quelle consuete.
In occasione dell’ICOM Day, il Giardino dei Giusti di Milano si trasforma - il 14 maggio - in un vero e proprio museo a cielo aperto, per raccontare e ricordare le storie di chi si è battuto e si batte in difesa dei diritti umani e contro tutti i genocidi.

Pubblichiamo di seguito la riflessione di Cristina Miedico, direttrice del Museo Archeologico di Angera e promotrice, con Maria Fratelli, Direzione Museo del Comune di Milano, dell’iniziativa “I Musei del Bene ospitano la memoria dei Giusti” (il cui programma è disponibile nel box approfondimenti).

Raccontare l’indicibile nei Musei può apparire un’operazione complessa, perché non è facile parlare di fasi oscure e drammatiche della nostra storia, perché non è facile parlare del Male, perché non sempre abbiamo a disposizione dati utili per ricostruire l’esatto contesto di nascita dell’opera, perché non sempre è possibile, partendo dalle Collezioni, associare le opere a episodi tragici o semplicemente controversi e inespressi del passato e del presente.

Ricordare i Giusti, il cui operato è emerso proprio in situazioni estreme di annullamento o disprezzo dell’Umanità, porta inveceinevitabilmente a ricordare eventi storici di fondamentale importanza, storie negate, poco note, non capite o attorno alle quali regna ancora spesso grande omertà, ma raccontando l’operato dei Giusti ribaltiamo il Male compiuto e parliamo invece del Bene che l’uomo ha saputo fare in tali circostanze: pensiamo ad ogni fenomeno di genocidio, ebraico, cambogiano, armeno, ruandese, alla soppressione del diritto di informazione, agli assassini perpetrati da numerose esperienze dittatoriali, in America Latina o in Russia, alle vittime della Mafia, ai morti del Mediterraneo o alle vittime della tratta umana, ad atti di terrorismo di ogni ispirazione, alla violenza sulle donne, alla demolizione di monumenti, alla distruzione o chiusura di musei e biblioteche, e così via.

Come possiamo quindi raccontare il Male? Ricordando il Bene e fornendo ai visitatori l’esempio imitabile dei Giusti.

L’idea dei Musei del Bene nasce da una riflessione emersa in una recente conferenza dal titolo MUSEI E MEMORIA presso la Casa della Memoria di Milano, in cui abbiamo cercato di sottolineare come le opere esposte nei musei racchiudano in sé una memoria storica molto significativa e profonda, che va oltre l'indiscusso pregio artistico o scientifico, ma che spesso non viene altrettanto valorizzata.

La Memoria dell'opera emerge talvolta nella scena narrata, talvolta nelle intenzioni narrative dell'artista o del committente. Farla emergere richiede una specifica opera di ricerca storica e la creazione di una nuova forma di narrazione. Prendendo ad esempio il contesto milanese, si possono citare diverse opere capaci di evocare riflessioni in merito a storie difficili o negate: il favoloso quadro di Gentile e Giovanni Bellini che rappresenta San Marco che predica ad Alessandria d'Egitto, potrebbe stimolare un dialogo sull’incontro fra Cristianesimo e Islam; la statua bendata che rappresenta la religione ebraica sulla facciata del Duomo o le vetrate con la stella di David del Duomo di Milano invitano a riflettere sul ruolo della comunità ebraica a Milano, prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale; le opere pittoriche di Sottocornola o di Pellizza da Volpedo permettono di introdurre discussioni in merito a condizioni disumane di lavoro, rivoluzione sociale e soppressione militare, nel passato come nel presente; la Pietà Rondanini, o qualsiasi opera con analogo tema, invita a considerare la disperazione di una madre, costretta ad assistere alla morte prematura di un figlio, che ha dato la vita per il bene altrui; i sovrapporta napoleonici nella sala da ballo di Villa Belgiojoso Bonaparte, in cui Napoleone stesso è rappresentato con fattezze eroiche, mentre risolleva le sorti di un’Italia ‘impoverita e atterrata’ dalla dominazione austriaca, invitano a riflettere sulla potenza correttiva e ricostruttiva dell’arte, che, come ogni altro Media, può costruire notizie e memorie lontane dalla realtà.

Buona parte delle opere d’arte più importanti del passato dell’umanità sono conservate nei Musei, dove dialogano tra loro e con i visitatori attraverso un linguaggio che poco ha a che fare con l’ambiente o le motivazioni per cui furono realizzate. Ormai fuori contesto, le opere mostrano di sé solo parte del senso storico e artistico che animò chi le commissionò e chi le realizzò. Compito dei Musei è proprio quello di far parlare le opere e i reperti esposti, di metterli in relazione con i visitatori, di far sì che il loro messaggio storico e sociale, oltre che artistico ed estetico, raggiunga la società contemporanea in cui il museo si colloca, spesso molto distante cronologicamente o geograficamente dall’ambiente sociale e culturale in cui le opere esposte vennero realizzate.

Inserire le storie dei Giusti in questo contesto significa creare un nuovo modo per legare i Musei alla Memoria di storie indicibili e offrire ai visitatori nuovi spunti di riflessione e una nuova occasione per visitare il Museo stesso.

Molti sono i Giusti facilmente associabili ai musei, come ad esempio Khaled al Asaad, archeologo e direttore dell'area archeologica di Palmira, Fernanda Wittgens, che è stata direttrice di Brera, Anas al Basha, morto ad Aleppo mentre offriva ai bambini servizi didattici e di svago durante i bombardamenti; Hamadi Ben Abdesslem la guida turistica che salvò 40 italiani durante l'attentato terroristico al Museo del Bardo di Tunisi; Arturo Toscanini per i musei musicali.
I salvatori dei migranti potrebbero essere associabili ai Musei etnografici, delle Migrazioni o che sviluppino progetti di inclusione culturale; la madre di Peppino Impastato, le madri di Plaza de Majo, le madri del sabato di Istanbul potrebbero essere affiancabili a qualsiasi Pietà.
Il genocidio ruandese potrebbe trovare posto accanto ad opere di arte africana. Le vittime della Mafia accanto ad un artista siciliano e i testimoni di verità, tra cui giornalisti, ricercatori o storici cui è stata ‘tappata la bocca’ in maniera atroce o che sono stati uccisi per impedire loro di alimentare la memoria di fatti inenarrabili, potrebbero trovarsi a loro agio in un museo storico, scientifico o universitario, ma anche tra i divani di una Casa Museo. Sacerdoti e Giusti della chiesa potrebbero trovare un doveroso omaggio nei musei ecclesiastici o nelle chiese stesse.

Il MoMa di New York ha recentemente deciso di non restare indifferente o immobile di fronte al bando anti musulmani firmato dal presidente americano Donald Trump. Il Museo di arte contemporanea più importante degli Stati Uniti ha deciso di esporre nel cuore della sua collezione, i lavori di artisti provenienti dai sette paesi colpiti, Iran, Iraq, Yemen, Somalia, Sudan, Siria e Libia. Al fianco di ogni opera, una semplice scritta: "Questo lavoro è stato realizzato da un artista di una nazione ai cui cittadini è stato negato accesso negli Stati Uniti. La sua esposizione vuole affermare gli ideali di accoglienza e libertà, alla base della cultura di questo museo e degli Stati Uniti".
La protesta tanto discreta quanto clamorosa, trasforma il MoMa in un Museo del Bene.

Tutti i Musei sono templi e sedi della memoria collettiva, quando raccontano la strada dei Giusti, diventano anch’essi Musei del Bene.

Cristina Miedico, Direttrice Museo Archeologico di Angera

Analisi di

5 maggio 2017

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