Il Guardian racconta una storia rara nell'ambito giudiziario e ancora di più dove i diritti umani sono stabilmente calpestati, come nella Russia di Putin.
Qualche mese fa il funzionario del FSB (i servizi segreti russi) Pavel Yasman è stato incaricato di interrogare il dissidente Petr Pavlensky, artista noto per performance estreme, come ad esempio inchiodarsi lo scroto sul selciato della Piazza Rossa per protesta. Si tratta di un imputato per vandalismo, che si è suturato le labbra in solidarietà con le Pussy Riot e per molti versi è l'opposto di quanto gli inquirenti russi desidererebbero.
Eppure, dopo alcuni mesi in cui Yasman e Pavlensky hanno discusso dei confini non solo del codice penale, ma soprattutto di ciò che è ammissibile in arte, l'inquisitore ha preso una decisione: dimettersi e richiedere il permesso di diventare il difensore dell'accusato.
Il 15 luglio i giudici hanno ricusato il suo mandato, perché ritenevano che un ex investigatore non potesse essere un avvocato imparziale, ma il messaggio è chiaro, ed è spiegato dallo stesso Yasman: "Il contenuto critico dell'arte di Pavlensky è tale da aiutare molte persone a cambiare la loro visione del mondo".
La versione dell'artista è stata: "I funzionari degli enti giudiziari spesso diventano ingranaggi di una macchina dove tutto quanto c'è di umano in loro è soppresso. Ma molti di loro dubitano di stare facendo una cosa giusta, ed è per questo che l'elemento umano può ribellarsi contro quello funzionale. Molte persone hanno cambiato idea su di me e parecchi si sono anche scusati per iscritto". Il processo riprenderà a metà settembre.