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Arthur Conan Doyle salvò da accuse false l'immigrato ebreo Oscar Slater

lottò per fare assolvere il Dreyfus scozzese

L'autore di Sherlock Holmes, Arthur Conan Doyle, nel 1927 difese l'immigrato ebreo Oscar Slater da false accuse di omicidio. Lo riporta il giornalista Ofer Aderet su Haaretz del 28 settembre 2018

Oscar Slater - proprio come Alfred Dreyfus in Francia - aveva tutte le caratteristiche per essere il perfetto indiziato di un delitto in quell'epoca. Era ebreo, tedesco, immigrato e giocatore d'azzardo. Aveva cambiato nome diverse volte e frequentato personaggi equivoci. Per questo nessuno dubitò di nulla quando fu arrestato a Glasgow nel dicembre 1908 per l'omicidio di un'anziana donna, Marion Gilchrist. Fu processato, senza tenere conto di alcun elemento che potesse scagionarlo. Per i giudici doveva essere condannato a morte perché era in possesso di un gioiello simile a quello rubato alla donna uccisa e perché subito dopo il delitto si era imbarcato per gli Stati Uniti sotto falso nome. 

Due giorni prima della data dell'esecuzione, la sua condanna fu mutata in carcere e lavori forzati a vita. Passò i successivi 18 anni in quello che è stato chiamato il "gulag scozzese", dove soffrì la fame, il freddo e l'afa. Più tardi, Slater dichiarò che avrebbe contemplato il suicidio se non fosse stato rilasciato dopo il suo ventesimo anno in prigione. Fortunatamente, nel 1927 fu liberato all'improvviso, e, più tardi, assolto da tutte le accuse e risarcito dal governo. A difendere quest'uomo - il Dreyfus scozzese - era intervenuto niente di meno che il grande scrittore di Edimburgo Arthur Conan Doyle. Lo si evince dalle pagine di una vecchia biografia del creatore di Sherlock Holmes scritta da John Dickinson Carr, nel 1949, che è stata riportata alla luce di recente dalla giornalista americana Margalit Fox, che gli ha dedicato il libro Conan Doyle for the Defense: The True Story of a Sensational British Murder, a Quest for Justice, and the World’s Most Famous Detective Writer (Random House). Sembra che Conan Doyle avesse utilizzato i metodi propri del suo investigatore per liberare quest'uomo che languiva nel brutale carcere scozzese da oltre 18 anni. Più i suoi libri avevano successo, più i britannici si rivolgevano a lui per risolvere vari casi dove la polizia aveva rinunciato a indagare o le stesse autorità avevano distorto la verità.

Nel 1912, l'avvocato di Oscar Slater si era infatti messo in contatto con Conan Doyle, che lavorò al caso indefessamente fino al 1928. Lesse tutti i rapporti della polizia e scoprì che il gioiello in possesso di Slater non assomigliava affatto a quello rubato alla vittima. Svelò che Slater non era scappato in America, ma che il suo viaggio era stato pianificato tempo prima. Scrisse lettere e articoli di giornale, proprio come Emile Zola. Questo fino al 1927, quando riuscì finalmente a fare scarcerare l'uomo ingiustamente condannato e a farlo scagionare da ogni accusa. 

Doyle, utilizzava un metodo d'indagine "scientifico", proprio come la sua creatura letteraria. Esattamente il contrario di come operava la polizia a quei tempi: individuando dei "diversi" e adattando i casi alla decisione di punirli

4 ottobre 2018

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