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Sarajevo Safari

di Miran Zupanic Slovenia, 2022

Sarajevo Safari. Il documentario che racconta un capitolo brutale della guerra in Bosnia

Quando per la prima volta, anni fa, incontrai Eduard Limonov, scrittore, giornalista, artista, politologo e dissidente russo, gli chiesi perché durante la sua visita a Sarajevo, avesse sparato con un kalashnikov verso la città assediata. C’è un filmato della BBC dove è possibile vedere Limonov mentre spara. Lui, evidentemente imbarazzato, mi rispose che non aveva sparato contro i civili, ma contro le persone armate.

Si sa che dalle colline nella Sarajevo assediata, per quattro anni, durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina nel ‘91-’95, i cecchini serbi spararono soprattutto contro i civili. Le vittime furono oltre 11500, tra cui 1500 bambini.

Il fatto che Eduard Limonov sparasse verso la capitale Bosniaca non è sorprendente, dato che le sue azioni sono state spesso considerate insopportabili ed estreme. Ma pare che non fosse l’unico ad aver compiuto questo gesto brutale e poco noto della guerra nei Balcani.

Il film Sarajevo Safari del regista sloveno Miran Zupanič, presentato quest’anno alla rassegna cinematografica Al Jazeera Balkans Documentary Film Festival, ha attirato particolarmente l’attenzione dell’opinione pubblica affrontando uno degli aspetti tragici meno conosciuti e documentati della guerra negli anni ’90.

Il regista Zupanič ha voluto cercare di far luce su un’attività senza scrupoli che avveniva durante l’assedio, quando molti uomini stranieri, spinti alla ricerca di esperienze forti, avrebbero pagato per unirsi all'esercito serbo per poter sparare ai cittadini di Sarajevo.

Il testimone chiave nel documentario, che ha preferito rimanere anonimo, racconta che ha avuto una formazione militare negli anni’80 e ha lavorato nell'intelligence. Quando è iniziata la guerra, ha ricevuto una proposta da un’agenzia americana per attraversare il paese come finto giornalista acquisendo informazioni. Andando in giro come "giornalista", ha acquisito molte informazioni ed è venuto a conoscenza di veri “cacciatori di esseri umani” che venivano a Sarajevo. Si tratta di uomini stranieri, la cui provenienza non è ancora molto chiara. Alcune fonti parlano di americani, canadesi e russi, altre di italiani, che erano disposti a pagare per giocare alla guerra.

Nel documentario c'è anche Edin Subašić, l’ex ufficiale dell’intelligence militare bosniaco che davanti alla telecamera ha parlato della testimonianza di un soldato serbo catturato che gli ha riferito di aver assistito in prima persona al trasporto di uno dei “cacciatori”. Non era facile far venire i civili a Sarajevo e, come racconta Subašić, le località di riferimento per questi spostamenti erano prima Belgrado e poi Pale, a pochi chilometri di Sarajevo dove risiedevano gli ufficiali dell’esercito serbo. Come ha dichiarato Edin Subašić, inoltre, molti di questi uomini arrivavano a Belgrado attraverso l’Italia.

In più, ci sono le testimonianze dei civili sarajevesi che sono stati colpiti o che hanno perso dei familiari.

La storia dei 'safari' non è del tutto inedita, sebbene dei fatti accaduti restino ancora da chiarire. Come afferma il giornalista e co-fondatore di Infinito Edizioni Luca Leone, i giornalisti che lavoravano a Sarajevo, ma anche tutta la popolazione della città assediata durante la guerra, sapevano del caso dei cecchini paganti. Nel suo romanzo I bastardi di Sarajevo, uscito nel 2014, Leone fu tra i primi a parlare del caso.

“Stranieri da tutta Europa, tra cui anche italiani, pagavano ai checkpoint gestiti dai paramilitari serbi sia in Croazia sia in Bosnia per poi passare un fine settimana a sparare sui civili" sopra Sarajevo, afferma Leone.

Questo film ha suscitato molta polemica tra l’opinione pubblica. La procura di Bosnia ed Erzegovina ha aperto il caso relativo al film e ha presentato delle denunce contro le persone anonime che hanno sparato. Parallelamente, Ljubiša Ćosić, il sindaco di Pale, la zona della città dove risieda la maggioranza serba, ha presentato denuncia contro il regista Mario Zupanič.

Nell’intervista di presentazione di questo film, Zupanič ha risposto alle domande di Al Jazeera Balkans, dicendo che oltre a scoprire la verità dei fatti accaduti trent'anni fa, è necessario indagare i profili psicologici di uomini disposti a pagare grosse cifre per sparare su civili sconosciuti.

Tatjana Dordevic, giornalista

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