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The Post

di Steven Spielberg USA, 2017

SINOSSI

Vietnam 1966. L'analista militare Daniel Ellsberg (Matthew Rhys) relaziona al ministro della difesa americana Robert McNamara (Bruce Greenwood) la situzione che trova sul fronte. Nonostante gli ingenti sforzi finanziari e umani, non ci sono risultati, non si registrano miglioramenti. McNamara mette al corrente il presidente Johnson, ma di fronte alla stampa continua a diffondere un falso ottimismo celando ogni tipo di preoccupazione. Alcuni anni dopo, Ellsberg, lavorando ancora per la Rand Corporation - società di analisi affiliata al Pentagono - ruba e fotocopia l'intero rapporto sulla guerra del Vietnam che prova in modo inconfutabile come tutte le amministrazioni da Truman in poi sapessero quanto fosse inutile continuare quella campagna militare destinata al fallimento, e di come decisero di tenerlo nascosto all'opinione pubblica. Quel materiale compromettente finì sulle scrivanie del New York Times il quale pubblicò alcuni articoli che riguardavano solo una parte di quel rapporto. Immediatamente bloccato da un'ingiunzione del governo, il dossier venne girato al Washinghton Post di Katharine Key Graham (Meryl Streep), che aveva da poco ereditato la guida del giornale del padre dal marito appena scomparso. L'amministrazione Nixon cercherà di fermare le pubblicazioni anche del Post minacciando pesanti ripercussioni. La Graham, alle prese anche con i problemi economici del giornale, si trova quindi a decidere se portare avanti le pubblicazioni o meno. Il prezzo potrebbe essere la sopravvivenza stessa del Post. Spinta da una parte dal direttore di redazione Ben Bradlee (Tom Hanks), deciso a far valere la libertà di stampa, e dall'altra dal consigliere del giornale Arthur Parsons (Bradley Whitford), preoccupato dalle conseguenze economiche e legali, la signora Graham sa che solo la sua sarà l'ultima parola.

L'ultima fatica di mastro Spielberg riprende il filone che tanta fortuna ha portato all'ormai famoso Il caso Spotlight di Tom McCarthy, vincitore due anni fa dell'Oscar come miglior film, ossia il filone della libertà di stampa. The Post è incentrato proprio sulla sempre spinosa questione del diritto a pubblicare qualsiasi tipo di notizia, anche a costo di mettere a repentaglio la sicurezza nazionale o di pestare i piedi importanti di chi ci governa. Il diritto del popolo americano di sapere come tutte le amministrazioni coinvolte nella disastrosa guerra nel Vietnam sapessero dell'inutilità di tale sforzo pur incaponendosi nel volerla continuare, era un atto dovuto soprattutto nei confronti di quella generazione di ragazzi che nella giungla indocinese perse la vita. Il film di Spielberg gioca molto sulle pressioni che il governo americano del presidente Nixon, sempre inquadrato a distanza e di spalle dalle vetrate della stanza ovale e con la voce camuffata e lontana, come a volerne evidenziare i contorni diabolici, esercitarono sui giornali coinvolti nell'affaire, di come si fece di tutto per intimorirli e dissuaderli dal pubblicare. Molto convincente l'interpretazione della solita straordinaria Streep, la quale riesce a rivivere le incertezze e l'angoscia che la signora Graham deve aver vissuto in quei difficili giorni. Donna dell'alta società, abituata a non occuparsi di affari così gravosi, la Graham, per altro amica personale del ministro McNamara, dovette scegliere tra la strada più sicura e priva di pericoli dell'insabbiamento, e la strada più irta e insidiosa del diritto di stampa. Che l'attuale situazione negli Stati Uniti, che la politica dell'attuale amministrazione, spesso in contrasto con il mondo dei media, abbia ispirato Spielberg a rispolverare questa lontana storia che sarà solo la genesi del successivo e ben più famoso scandalo del Watergate, noi non ne abbiamo certezza. Il sospetto che il regista abbia voluto mettere in guardia l'opinione pubblica sul sempre attuale pericolo che corre la stampa libera, anche in questo terzo millennio, onestamente sorge spontaneo.

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