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Igor Trocchia, la solitudine di un allenatore contro il razzismo

Nominato Cavaliere per il suo impegno, denuncia la fragilità del calcio italiano nel contrastare le discriminazioni

Primo maggio 2018, Rozzano, provincia milanese. Durante uno dei tanti tornei calcistici giovanili, si sta giocando una partita tra i giovanissimi del Pontisola e una compagine di pari età. Ad un certo punto qualcuno grida frasi razziste verso il mediano del Pontisola Jassim, italiano di origine burkinabè. Un episodio grave, sul quale l’allenatore Igor Trocchia, in concertazione con la squadra, decide che non bisogna transigere. I giocatori si ritirano dal torneo.

Quello che dovrebbe essere considerato un gesto normale, in realtà ha preso tutte le accezioni di un atto straordinario. “Mi sono sempre chiesto cosa avessi fatto di strano”, racconta Trocchia. “Era semplicemente una decisione sentita, condivisa con i miei ragazzi, ai quali da sempre insegno un percorso educativo che prevede l’insegnamento di valori come l’uguaglianza e l’inclusione, in cui l’agonismo non viene anteposto all’amicizia e al rispetto”. Ma evidentemente, in questo Paese, così normale non è. “Dopo alcuni mesi di copertura mediatica ho capito che questo gesto non era così scontato come sembrava a noi, anzi: stavamo andando controcorrente. In quel momento eravamo noi a poter insegnare qualcosa ai vertici del calcio, ai giocatori di alto livello”.

Come non pensare ai tanti casi di razzismo in Serie A, a partire dagli ululati di Cagliari-Inter, dopo la quale il centravanti Romelu Lukaku ebbe a dire “è stato davvero triste, non mi era mai successo”? E in effetti, su questi casi, Igor Trocchia non ha dubbi. “Si deve uscire dal campo, i calciatori non possono dipendere da un sistema totalmente assente quando si tratta di misure contro il razzismo”.

Nel frattempo la vita di Igor, professionalmente e non, è decisamente cambiata. Un anno fa è stato nominato dal Presidente Mattarella Cavaliere dell’Ordine la Merito della Repubblica Italiana “per il suo esempio e la sua determinazione nel rifiuto e contrasto a manifestazioni di carattere razzista”. È entrato nella hall of fame della Federcalcio e ha vinto il premio Campione della città di Milano.

Finito il clamore mediatico, tuttavia, rimane la necessità di riformare alla base il sistema del calcio giovanile in Italia, per far sì che “gesti eroici” come quello di Igor non siano più necessari. Su questo punto Trocchia ha le idee chiare e punta il dito sul modo in cui i trainer giovanili vengono formati. “Nei corsi ci sono esami fittizi, la formazione è molto scadente. Fino a quando l’etica non avrà un ruolo dominante nel modo in cui si concepiscono i corsi per gli istruttori, non ci saranno passi avanti”. Del resto “gli istruttori sono lasciati a loro stessi, nessuno controlla il loro operato”. La soluzione al razzismo nelle giovanili non è così complicata, “basterebbe che i bambini venissero allenati solo da un’elite di educatori altamente formata”.

Educazione allo sport non è solo tecnica e tattica quindi, ma “imparare a stare in un gruppo di persone, anche se eterogeneo, e porre alla base dell’attività l’amicizia, il rispetto e il rifiuto di ogni forma di discriminazione”.

Smaltita la delusione per un sistema che prima lo ha messo sull’altare e poi ha scansato ogni opportunità per fare rete contro il razzismo, Igor Trocchia è alle prese con una nuova affascinantissima sfida professionale e umana. È diventato ct della Nazionale Sordi, con la quale si appresta a giocare le prossime Paralimpiadi. “È un’esperienza che mi dà i brividi”, racconta con una voce che se è decisa contro il razzismo diventa flebile nel dover raccontare la sua storia da cittì. “Tra gli atleti che alleno ci sono persone che hanno alle spalle vite difficili, spesso condite da gravi episodi di bullismo. Il calcio è la loro grande rivalsa. Pensavo di non essere all’altezza, in realtà tra me e i ragazzi c’è molta empatia, con il linguaggio dei segni è difficile mentire. È davvero un onore poterli allenare”. 

Joshua Evangelista, Responsabile comunicazione Gariwo

16 marzo 2020

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