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Tutto bene, grazie.

di Ivan Medek Medusa Edizioni, 2010

Negli ultimi quattro anni sono stati pubblicati in Italia tre libri di autori cechi, che testimoniano tutti di un'epoca tragica iniziata con l'avvio della Seconda guerra mondiale e durata fino al crollo dei regimi oltre la Cortina di ferro. I tre autori hanno vissuto l'occupazione nazista della Cecoslovacchia e, in seguito, il totalitarismo dell'apparato statale di un partito comunista guidato da Mosca

Le tre autobiografie sono state curate da Tiziana Menotti che prosegue nella sua selezione di volumi da presentare al pubblico italiano allo scopo di far conoscere le tragiche vicende personali di persecuzione, altrimenti sconosciute nel nostro Paese. Le accurate traduzioni di questi piccoli volumi si caratterizzano nell’edizione italiana per le prefazioni appositamente scritte da Zygmund Bauman per il libro di Anna Hyndrakova e da Alessandro Vitale per il volume di Dagmar Simkova; un testo di Václav Havel e un accurato scritto storico della stessa Menotti introducono il libro di Ivan Medek. In tutte le pubblicazioni le note esplicative consentono al lettore di orientarsi nel non sempre facile contesto storico.

Mentre nell'Italia del secondo dopoguerra si andava sviluppando un profondo rifiuto per i governi totalitari e il Paese era pronto a darsi una Costituzione nuova, la popolazione ceca e slovacca era del tutto impreparata a riconoscere i primi germi dello stalinismo mascherato dall’ideologia socialista del partito comunista. Dopo aver conosciuto una democrazia modello negli anni Venti e Trenta si ritrovò, in breve tempo, a fare i conti con la repressione di un regime assolutista in cui uomini senza scrupoli emergevano con la loro meschinità al servizio di un potere che aveva bisogno di negare i principi etici fondamentali e si serviva di menzogne come strategia di oppressione.

Tutti coloro che avevano una certa autonomia intellettuale o che semplicemente cercavano di difendere la propria integrità morale venivano considerati un pericolo da combattere con l’isolamento dalla società e la prigione.

Dei tre autori, vittime del nazismo o del totalitarismo stalinista in Cecoslovacchia, si può sapere di più che di altri, poiché i loro libri ne raccontano la resistenza morale in condizioni estreme per la loro stessa sopravvivenza. In questo le tre storie, anche se così differenti fra loro, si assomigliano. Sono stati spinti a scrivere delle loro esperienze accomunati dalla ferma convinzione che la memoria e la testimonianza condivisa possano prevenire il ripetersi di simili tragedie, nella consapevolezza che i valori etici siano superiori alle leggi e alle manipolazioni del potere. Una speranza necessaria, anche se spesso vana per l’incapacità o il rifiuto di molti di comprendere la gravità dei racconti.

Presentiamo di seguito la recensione del primo di questi volumi.

La radio è stata per molti anni l'unico mezzo di informazione alternativa alla propaganda dei regimi totalitari. Le frequenze radio in onde corte, le uniche adatte alle trasmissioni a lunga distanza, erano affollate dalle voci che cercavano di far arrivare oltre cortina le notizie del mondo libero. Nelle redazioni delle radio nazionali, come la BBC a Londra, Voice of America a Washington e sopratutto nella redazione di Free Europe a Monaco di Baviera lavoravano molti giornalisti e intellettuali cechi e slovacchi fuoriusciti dalla Cecoslovacchia. All'inizio degli anni Ottanta si unì a loro la voce di Ivan Medek, costretto all'esilio per rappresaglia dopo aver firmato il documento Charta 77. Come l’autore sottolinea, i tempi erano cambiati: avere troppi dissidenti in carcere non conveniva politicamente al regime.
Ogni sera Medek informava sulle onde della radio Voice of America i connazionali della situazione politica e della crescente opposizione interna. Registrava i suoi interventi a Vienna, in uno sgabuzzino con un microfono e le coperte sui muri per insonorizzare la stanza. Le sue trasmissioni serali divennero così la voce più significativa dell'opposizione ceca all'estero, un sostegno morale per i cechi rimasti in patria, soprattutto per l'autenticità e la passione con cui ridavano vita al senso etico della storia.

Il libro è la registrazione del suo racconto trasmesso a puntate qualche anno fa sulle frequenze di radio Praga. Dal periodo precedente il conflitto bellico fino agli anni recenti intreccia la storia della sua famiglia con la storia del Paese. Descrive anche la sua formazione intellettuale: il padre, generale delle Legioni cecoslovacche in Russia e poeta negli anni Trenta, raccoglie attorno a sè molti letterati cechi; la madre, figlia di un pittore impressionista boemo, Antonín Slavícek, è scrittrice. Nell'ambiente famigliare Ivan e il fratello Mikuláš sviluppano la propria capacità creativa nell'indipendenza intellettuale dalla cultura stalinista, all'epoca dominante con i suoi stereotipi. Entrambi i fratelli diventano così un facile bersaglio del regime comunista. 

Ivan Medek è giornalista e instancabile organizzatore della vita musicale a Praga negli anni Cinquanta e Sessanta. La sua incapacità di scendere a compromessi gli procura vari licenziamenti e alla fine lo convince ad accettare lavori umili per sopravvivere e a non “sporcarsi” col regime. Il pittore Mikulas Medek, nonostante il governo proibisca ogni apparizione pubblica delle sue opere, diviene famoso e conosciuto anche all'estero. Entrambi diventano l’emblema della resistenza alla superficialità e al conformismo del potere. Ritornato in patria, dopo la caduta del muro, Ivan diventa direttore dell'ufficio del presidente Václav Havel, che ne apprezza la capacità critica, a volte ritenuta da molti troppo intransigente allorché si trattò di giudicare persone compromesse con il vecchio regime.

Dal libro emerge la tensione spirituale del suo impegno politico che si manifestava chiaramente a tutti coloro che, come me, l'hanno conosciuto; lo stesso impegno che gli fa scrivere che tutto “è stato un'avventura di libertà”, a indicare che tutto questo è possibile anche per ciascuno di noi.

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