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Giorni di neve, giorni di sole

di Fabrizio e Nicola Valsecchi Ed. Marna

Fabrizio e Nicola Valsecchi danno voce con semplicità e delicatezza a un racconto dell'anima, a una tragedia che è rimasta troppo a lungo silenziosa: quella delle famiglie dei desparecidos, uomini e donne inghiottiti dal buio della dittatura argentina, quella di Alfonso Mario dell'Orto.

Alfonso sale su un aereo intercontinentale che, dopo decenni, lo riconduce a casa, a Piazza Santo Stefano, a quel paese in provincia di Como che ha abbandonato perché la miseria non lasciava speranza per un futuro migliore, quando era appena un bambino, aggrappato alla mano di sua madre: Alfonso è uno degli emigranti che a migliaia si sono diretti in Argentina.

Il tempo come sospeso del volo verso l'Italia è l'occasione per Alfonso di voltarsi indietro, verso il passato. Ripensa a sua moglie, giovane, gli occhi profondi e i capelli scuri, bella com'era nel suo abito bianco di sposa. La rivede qualche anno più tardi, nella foto di un ritaglio del Pais che ancora custodisce: è parte di un gruppo di donne al centro di una piazza che protestano, che “sfilano davanti ai cordoni della polizia”. Nei loro occhi il dolore, la rabbia di chi ha perso un figlio, una figlia: queste donne sono le madres di Plaza de Mayo.

Sua moglie Poca era in quella piazza perché la dittatura le aveva strappato sua figlia, Patricia, e l'uomo che lei aveva sposato, Ambrosio, figli “che combattevano senza armi per una società più giusta”. “Patricia, che cosa hanno fatto ai tuoi, ai nostri ideali? - si chiede Alfonso, nel silenzio del viaggio – nel sole rivedo il tuo volto e i tuoi occhi che non hanno più luce”.

I pensieri di Alfonso galleggiano nel silenzio del viaggio, annegano nei ricordi e aspettano con ansia quel tanto rimandato “ritorno a casa”, all'Italia, alla propria lingua.

Alfonso ritrova a Piazza Santo Stefano un paese cambiato, dove le macchine sono molte, dove solo il lago di Como sembra restituire intatta quella serenità che da bambino ritrovava quando si sedeva su di una panchina ad ammirarlo. Alfonso nel suo Paese natale però ritrova anche il sorriso della sua Patricia e la speranza che il sacrificio di tutti gli uomini e le donne, che hanno perso la vita per la libertà, non sia vano. L'uomo termina il suo viaggio consegnando a Piazza Santo Stefano un ritratto di Patricia e il libro che le ha dedicato: “Patricia ha lo sguardo sereno e forte in questa immagine e tutti ormai sanno chi è stata e conoscono i suoi ideali, quelli che l'hanno resa martire nella speranza e nella ricerca di una società più giusta (…). E adesso posso anche morire felice, perché ho lasciato un ricordo vivo della sua breve vita di cui, nonostante il dolore sempre presente, vado ancora fiero e mi sento orgoglioso”. 

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