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L'eliminazione

di Rithy Panh con Christophe Bataille Feltrinelli, 2014

L’autore racconta l’incontro e l’intervista a Duch, comandante del regime di Pol Pot e suo aguzzino nel campo di tortura e sterminio S21 tra il 1975 e il 1979.
Il colloquio, inizialmente richiesto per fini documentaristici, diventa per il narratore un’occasione di confronto non solo con uno dei capi dei Khmer rossi, ma anche e soprattutto un confronto con sé stesso e il proprio passato, un viaggio nei ricordi della sua infanzia e preadolescenza, un momento di riflessione sulla dittatura,  sul concetto di umanità e il suo annullamento.

Dopo alcune pagine che analizzano i tormenti del ritrovarsi di fronte alla persona che gli ha sterminato tutta la sua famiglia, attraverso il parallelismo tra il persecutore tranquillo e privo di rimorsi e l’ex perseguitato ancora in preda agli incubi e ai sensi di colpa del sopravvissuto, inizia il racconto autobiografico con l’arrivo dei Khmer rossi, la deportazione di Phnom Phen e l’annientamento del popolo nuovo.

La narrazione procede su diversi livelli: i ricordi del protagonista e le sue impressioni di allora, ragazzino tredicenne; la storia della sua famiglia, la deportazione, il contrasto tra la freddezza e la serietà dei khmer rossi di allora e i sorrisi e le risate di colui che gli siede di fronte ora, le riflessioni personali e le considerazioni più ampie sulla disumanità umana e sulla banalità del bene.

Ogni aspetto di quella dittatura viene ripercorso nei ricordi di allora e analizzato alla luce delle sue conseguenze personali sulla vita dell’autore e dei suoi risvolti politici, sociali e soprattutto umani: come nasce una dittatura, come si annulla l’identità personale attraverso l’inquadramento e l’omologazione, come si sostituisce l’istruzione con la propaganda, come si cancella la cultura a favore dell’ignoranza, perché gli ignoranti aderiscono meglio alle dottrine, non fanno domande e ubbidiscono ciecamente.

Lo stile è scarno ed essenziale e le frasi molto brevi rendono il ritmo narrativo rapido e incalzante, forse eccessivamente impersonale e distaccato: è una cronaca di fatti, senza sentimenti, che fa percepire il processo di disumanizzazione, ma risulta poco coinvolgente. Alcuni bruschi cambi di tono, argomento, tempo e luogo ne rendono a volte un po’ ostica la lettura e poco immediata la comprensione, ma la particolarità e il valore dell’opera si riflettono proprio nella grande quantità di spunti di riflessione e di interrogativi che offre al lettore.

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