Gariwo
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Un homme ordinaire

di Paul Rusesabagina, con la collaborazone di Tom Zoellner Buchet/Chastel, Meta-Editions, Parigi, 2007

Si dice che spesso è in mezzo alle difficoltà che si scoprono le vere qualità, e nel caso di Paul Rusesabagina questo concetto non puó essere più reale. Specialmente perchè « le difficoltà » nel suo caso sono rappresentate da un tremendo genocidio che sconvolge il suo amato Paese natale, il Ruanda. 
Quando gli Hutu cominciano a dare i primi inequivocabili segni di un odio razziale contro l’etnìa Tutsi, Paul ne rimane profondamente stupito, e, quando il suo brillante migliore amico viene espulso da scuola in quanto Tutsi, capisce che questo odio è una follia insensata, e che bisogna combatterlo.
Mai Paul avrebbe pensato che la carica da lui ricoperta gli avrebbe permesso di salvare la vita a 1268 persone, eppure è lui, direttore di un hotel di lusso, abituato a trattare con clientele esigenti senza perdere il sorriso e la professionalità, che si trova coinvolto in una situazione tanto rischiosa quanto eroica, pur essendo di etnìa Hutu e quindi non direttamente in pericolo.


È lui, il bambino che adorava ascoltare il padre durante le riunioni del villaggio, che camminava chilometri per raggiungere la scuola ansioso di imparare, che si trova a rappresentare uno dei Giusti piú famosi della storia dei genocidi.
L’autore inizia le prime pagine in medias res, sostenendo come il successo della sua impresa sia stato determinato dal potere delle parole e delle bottiglie di alcolici. Infatti, è con le parole che Paul ha agito durante il massacro, con la forza della loro persuasione, o dissuasione. Servendosi delle relazioni burocratiche e delle amicizie lavorative coltivate in anni di lavoro, davanti ad una birra offerta al momento giusto, Paul ha fatto ragionare, o semplicemente desistere, tutti coloro che costituivano una minaccia per l’hotel Mille Colline e per i suoi "clienti".


Il vero e proprio racconto inizia invece dall’infanzia di Paul, e il lettore resta quasi stupito dall’atmosfera pura e vivace che si sprigiona dalle descrizioni del villaggio, della vita quotidiana, delle piccole festività e tradizioni. Con un crescendo di tensione magistrale si assiste poi ai primi odi, ai gesti offensivi e all’incomprensione di un popolo improvvisamente diviso dalla frontiera invalicabile della razza, fino allo scoppio del massacro, che l’autore descrive con estrema chiarezza e consapevolezza anche nelle sue ripercussioni sul piano internazionale. Ma è pur sempre con il cuore in mano che parla, il cuore di un uomo pronto a rischiare tutto per le persone che ama, e non solo. Nel libro si ritrovano quindi diversi aspetti, sapientemante mescolati :quello storico/sociale, che ci informa delle premesse, dello svoglimento e dei retroscena del genocidio, e quello umano, che ci mostra i pensieri del protagonista, senza trascurare la voce della gente comune ;ed è anche per questo equilibrio, che non appesantisce nè smorza l’importanza della storia, che vale la pena di leggere questo libro.

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