Nei primi mesi del 1947 duemila operai dei cantieri aeronautici e navali di Monfalcone partono per Fiume. Vanno a cercare lavoro nella nuova Jugoslavia socialista di Tito. A Monfalcone i cantieri sono fermi, semidistrutti dai bombardamenti, e in mancanza di commesse la direzione mette in atto un piano di licenziamenti. Disoccupazione, nel dopoguerra, equivale a fame. Eppure tra coloro che abbandonano le proprie case per una destinazione vicina nello spazio, ma ugualmente così lontana, molti lasciano posti di lavoro sicuri, incarichi di responsabilità e buone paghe. Non emigrano per necessità, bensì per scelta. Gli amici, i parenti, li consigliano di rimanere, li ammoniscono sui pericoli a cui vanno incontro. Non ascoltano, hanno già preso la loro decisione: vanno a costruire il socialismo. In questo saggio rigoroso e documentato che pure si fa leggere come un romanzo, Andrea Berrini segue la traccia del grande sogno operaio, quello di una società più giusta, capace di rispettare la dignità dei molti e di cambiare i rapporti tra i lavoratori e i loro padroni. Racconta la storia di una sconfitta cocente. La delusione per le condizioni di vita nei Paesi del socialismo reale, il ritorno a casa dei più, in silenzio. Alcuni tra i monfalconesi subirono la beffa atroce che la storia preparava per loro: l'arresto, il campo di detenzione in Jugoslavia, traditi e perseguitati dai loro stessi compagni. Come ricordare un tale sogno infranto, a più di cinquant'anni di distanza? Come recuperare la memoria di quel progetto originario? Come superare il trauma della sconfitta, e ragionarne in modo sereno, libero dalle pastoie e dall'appiattimento del dibattito politico contemporaneo? L'autore incontra molti 'veci' ancora in vita, ascolta le loro commoventi narrazioni, e costruisce una trama avvincente alla ricerca delle molte verità individuali. Ne emerge una galleria di personaggi ai quali non possiamo fare a meno di affezionarci. Simbolicamente, è la storia di quella che fu la classe operaia, e dei suoi molti nemici.