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Il malessere turco

di Cengiz Aktar Il Canneto Editore, 2022

“Il malessere turco” è uno dei libri più chiari, completi e precisi pubblicati ultimamente in italiano sulla storia politica e economica della Turchia. La lettura che propone l’autore, Cengiz Aktar, è sobria, lungimirante e ricca di informazioni con una struttura adatta anche a chi sta facendo i primi passi nel suo percorso di conoscenza sulla Turchia e dintorni.

Il libro esce in lingua francese nel 2020 e viene pubblicato in italiano nel 2022 con la traduzione di Carolina Figini e Viviana Vestrucci, grazie alla casa editrice “Il cannetto editore”. Questo è il quarto libro dell’autore che nasce come un politologo e lavora anche nel campo del giornalismo nella sua carriera. Aktar si è pronunciato molto in diversi modi, tempi e in varie sedi per il riconoscimento del genocidio armeno in questi ultimi anni. L’autore vive tuttora in Francia e scrive in diverse lingue per una serie di testate giornalistiche di grande importanza mondiale.

Il libro ha un formato maneggevole, le sue 113 pagine suddivise in quattordici capitoli sono di facile lettura anche grazie alla scelta di un font molto leggibile.

Il “Malessere turco” è stato apprezzato e consigliato anche dall’attuale Ministro dell’Agricoltura della Repubblica federale tedesca, Cem Ozdemir, figlio di una famiglia turca immigrata dalla Turchia in Germania per lavorare, è anche un personaggio importante per la Germania turcofona. Ozdemir è stato anche il co-presidente della formazione politica “Alleanza 90/I verdi” in Germania.

Il libro inizia con una serie di capitoli che attirano la nostra attenzione sulla storia delle relazioni tra l’Oriente e l’Occidente. Queste due parole sono anche delle indicazioni molto approssimative sia per il posizionamento geografico sia per l’identificazione politica. Tuttavia corrispondono esattamente all’eventuale intento dell’autore. Quindi leggiamo alcuni dettagli legati alla storia della filosofia europea, greca, persiana e ottomana. Ovviamente non mancano anche le relazioni economiche e politiche tra queste civiltà e territori.

In queste pagine l’autore ci porta in un viaggio temporale ma anche geografico che sa di un avvicinamento dall’alto verso il basso, come se fosse la ripresa di un satellite. Pian piano che procediamo con la lettura scopriamo una serie di dettagli, conosciamo i nomi e le date, le civiltà, scuole filosofiche e artistiche. Durante questo primo viaggio Aktar ci dice in realtà quanto queste due parti del mondo si assomiglino e come sono riuscite a interagire e influenzarsi reciprocamente nel corso del tempo. Un Oriente che esiste grazie all’Occidente e un Occidente che non può fare a meno dell’Oriente. Questa parte iniziale del libro di Aktar è quindi anche un tentativo di costruire le basi di una cultura antirazzista che rema contro i venti dell’islamofobia, la xenofobia e l’eurocentrismo, quei temi che l’autore nelle pagine successive approfondisce.

Nei capitoli successivi Aktar inizia a raccontarci il rapporto complesso, problematico ma contemporaneamente solido e ricco tra l’Impero ottomano, la Repubblica di Turchia, l’Europa e l’Unione europea. Dunque arriviamo alla storia contemporanea e iniziamo a analizzare i fatti di oggi facendo dei piccoli e grandi flashback per comprendere meglio l’attualità.

Aktar tocca una serie di temi molto importanti che hanno radici nel passato, più o meno remoto, come: il nazionalismo che diventa la politica di uno Stato negazionista, il genocidio armeno, l’imposizione di una religione come la parte inscindibile dell’identità nazionale, la cultura militarista, le politiche della forzata occidentalizzazione e il forte radicamento delle politiche amministrative basate su una lettura del mondo dal punto di vista esclusivamente religioso.

Infine, Aktar ci porta a oggi raccontando la carriera politica dell’attuale regime, il suo operato, i suoi obiettivi e anche i suoi alleati. Anche lui in questa parte del libro, come tanti altri suoi colleghi, parla dei conflitti armati, della censura, dei giornalisti in carcere e delle persone obbligate a lasciare la Turchia.

Per esempio, una delle analisi che Aktar propone è sull’errato, e forse anche inutile, utilizzo del termine “neo-ottomanesimo”. Visto il suo largo uso nei media italiani, e non solo, possiamo dire che la sfida che lancia Aktar è difficile ma altrettanto importante. Aktar riesce a sostenere un ragionamento sobrio proponendosi/ci una serie di domande come: “La scelta della Turchia di allontanarsi dall’Europa è stata solamente sua?” e “L’apertura verso l’idea di essere il faro dei paesi a maggioranza musulmana conviene anche agli alleati della Turchia?”.

A questo punto è necessario sottolineare che Aktar nel suo libro torna spesso su una serie di concetti come: l’orientalismo, l’eurocentrismo, l’islamofobia, il razzismo europeo e la colonizzazione. Tutti questi concetti ci permettono di capire e conoscere meglio lo storico e problematico rapporto tra la Turchia e l’Unione europea. In particolare il concetto di colonizzazione trova un notevole spazio e approfondimento nel libro di Aktar. Un concetto che diventa a volte, nella storia, un punto che accomuna la Turchia con l’Europa.

L’attuale Repubblica, come tante Repubbliche europee, nasce dalle ceneri di un impero e sorge pochi anni dopo il genocidio armeno. Con una velocità della luce impone alla cittadinanza un'identità nazionale, che sarebbe quella “turca”, e religiosa, che sarebbe quella musulmana e sunnita. Questo percorso viene rafforzato con il mancato riconoscimento del diritto all’istruzione in lingua madre per le popolazioni non turcofone e al culto religioso per le popolazioni non sunnite (per esempio per le persone alevite). Quindi una storia di figlə e figliastrə oppure delle cittadinə di serie a e serie b. Tra questa politica da colonizzatore e “prima gli italiani” non c’è molta differenza.

Aktar definisce il genocidio armeno come l’atto fondativo della Repubblica, poiché si tratta di un crimine in cui si sono trovate unite le popolazioni turche e curde. Una questione ancora non affrontata e risolta ha fatto sì che la strada per i futuri crimini fosse aperta, che quasi qualsiasi altro tipo di discriminazione venisse legittimata oppure mai messa in discussione. “Perverte la coscienza pubblica, avvelena ogni senso di giustizia e impedisce la formazione di un vero contratto sociale” esattamente come il mancato salvataggio degli immigrati, che crea una profonda ferita nelle coscienze dei popoli europei, che a sua volta apre le porte di ulteriori ferite come la messa in discussione del diritto all’aborto, a un salario minimo garantito, all’istruzione e alla sanità di qualità e gratuita per tutte le persone.

A mio parere soltanto una persona vittima delle politiche militariste, negazioniste e nazionaliste di uno Stato avrebbe potuto scrivere un libro di questo tipo. Penso che la conoscenza linguistica di Aktar lo abbia aiutato molto a fare una serie di riflessioni lucide e oggettive nelle sue analisi sulla storia della Turchia. Inoltre credo che la permanenza in Europa dell’autore gli abbia dato la possibilità di uscire fuori dalla fortezza della Turchia, prendere fiato e guardare da lontano questo paese complicato, difficile e altrettanto bello. Esattamente come la necessità di allargare la visione di cui avrebbe bisogno la gioventù italiana vittima di una lingua parlata in un’area limitata, della cultura patriarcale e povera di conoscenze linguistiche. Esattamente come non tutto il mondo gira attorno al turco maschio, bianco, nazionalista che si sente sia vittima che carnefice, il mondo non gira attorno all’italiano bianco, cristiano, povero e nello stesso momento anche dominante.

Infine le brevi interviste che fa Cengiz Aktar con due personaggi importanti come Etienne Copeaux e Nilufer Gole ci aiutano a migliorare la conoscenza sulla storia della Turchia con una lettura linguistica, antropologica e sociologica.

“Il malessere turco” è un libro decisamente utile per conoscere meglio la Turchia di oggi e di ieri ma è utile anche per conoscere meglio le società contemporanee europee. Perché in ogni paese europeo c’è un po’ di Turchia e dentro la Turchia ci sono diverse Europe.

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