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Lo spazio dell'immaginazione. Riflessioni sul saggio di George Orwell "Nel Ventre della balena"

di Ian McEwan Einaudi, 2022

Il 3 dicembre del 1936 il trentatreenne scrittore inglese George Orwell (1903-1950), pseudonimo di Eric Arthur Blair, in procinto di andare a combattere nella Guerra civile spagnola, incontrò a Parigi il quarantacinquenne scrittore americano Henry Miller (1891-1980). Orwell era un socialista impegnato nella lotta politica e nello scrivere articoli e racconti sulla vita della classe operaia e contadina; Miller era un noto donnaiolo amante dei viaggi e della bella vita e nutriva un profondo disprezzo per la politica. Secondo lui, la civiltà moderna era agli sgoccioli e non valeva quindi la pena combattere, anche soltanto con la scrittura, per degli ideali. Aveva scritto Parigi-New York. Andata e ritorno (Aller Retour New York, 1934), e sarebbe diventato famoso per romanzi, per allora, ad alto contenuto erotico come Tropico del Capriocorno (1939), Sexus (1949), Rictus (Nights of Love and Laughter, 1955), Tropico del Cancro (1961).

Orwell ammirava Miller. Come scrisse, di lì a poco, nel saggio Nel ventre della balena (Inside the Whale, 1940): "La mia opinione è che sia il solo scrittore in prosa che abbia immaginazione e valore, apparso negli ultimi anni tra i popoli di lingua inglese. Anche se si potrebbe obiettare che la mia sia una valutazione eccessiva, bisognerebbe ammettere che Miller è uno scrittore fuori dell'ordinario, a cui val la pena di rivolgersi più a lungo che con un semplice sguardo; dopotutto essendo come scrittore completamente negativo, non costruttivo e amorale, una specie di semplice Jonah, uno che accetta passivamente il male, una sorta di Walt Whitman tra i cadaveri". Però Orwell considerava gli intellettuali e artisti come Miller dei "rifugiati nel ventre della balena" comodamente protetti, rispetto ai drammi del mondo esterno, da spessi strati di grasso e robuste ossa.

Lo scrittore inglese invece andava in Spagna proprio perché era convinto che "là dove sono in gioco i diritti e la vita stessa di un intero popolo non può esserci esitazione rispetto alla propria responsabilità al sacrificio". Nella tragedia di quella Guerra civile, oltre alla ferocia dell'esercito franchista e dei suoi alleati nazifascisti (tra l'altro il 20 maggio 1937 Orwell venne ferito gravemente alla gola da un cecchino franchista), fu anche testimone della crudeltà e del cinismo degli stalinisti. Al suo ritorno in patria, comprese che aggrapparsi al sogno sovietico significava essere complici di "un immane mucchio di menzogne opprimenti". Vide, prima di molti altri, che l'Unione Sovietica era tutta un fallimento e che si stava andando incontro a un'era di dittature totalitarie. Da questa consapevolezza nacquero romanzi importanti come La fattoria degli animali, (1944), e 1984 (1948).

Da Orwell, e dall'episodio dell'incontro parigino con un intellettuale ai suoi antipodi come Miller, prende le mosse il breve e denso saggio del grande scrittore inglese Ian McEwan, Lo spazio dell'immaginazione (Einaudi 2022), che riflette sull'impegno degli artisti e degli intellettuali e sulla natura del romanzo contemporaneo. Gli scrittori si sono sempre trovati a oscillare tra l'assoluta libertà creativa e il costante obbligo imposto loro dai potenti e dai conformismi ideologici. McEwan non si nasconde che l'arte debba imporsi dei vincoli e che anzi, spesso, "vive di vincoli e muore di libertà". Ma una coscienza politica può compromettere o danneggiare esteticamente un romanzo. La letteratura va salvaguardata e mantenuta il più possibile libera, perché "l'immaginazione, come certe specie di animali selvatici, non si riproduce in cattività". Come Orwell e Camus, secondo Mc Ewan, bisogna imparare a vivere e prosperare dentro e fuori il ventre della balena".

Qualunque sia il frangente, un romanzo politico buono e incisivo è sempre possibile. L'esempio migliore di "romanzo politico" che McEwan porta è La giornata di uno scrutatore (1963) di Italo Calvino. In effetti si tratta di uno dei capolavori, spesso misconosciuto, della letteratura italiana del Novecento: la vicenda del militante comunista Amerigo distaccato al seggio elettorale nel Cottolengo di Torino a controllare che le suore non forzino a votare Democrazia Cristiana i poveri ospiti di quel ricettacolo di dolore umano, sovente con fattezze mostruose. Il libro di Calvino è la prova che il romanzo politico non può funzionare senza il legame con una storia personale intensa e convincente.

McEwan è convinto che, per quanto riguarda la situazione del romanzo odierno, "qualcuno stia avvelenando il fiume di cui ti è capitato di scrivere". La creatività costantemente è disturbata dalla Rete con i suoi continui appelli all'impegno e alla solidarietà: "per dire di sì dovrai allontanarti dalla tua comoda postazione foderata di grasso e nuotare fuori dal ventre della balena". Persino nel ventre della balena arriva la banda larga ultra-veloce. La solitudine è uno dei grandi lussi della civiltà.

Alla fine, sorprendentemente, lo scrittore inglese fornisce un esempio di scrittura nel ventre della balena. Un haiku del grande poeta giapponese del XVII secolo Matsuo Bashō:

"Stagno antico
si tuffa una rana
eco dell'acqua".

Francesco M. Cataluccio, Responsabile editoriale della Fondazione Gariwo

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