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Milano nascosta

di Manuela Alessandra Filippi Hoepli, 2019

Abbiamo visitato il Giardino dei Giusti di Milano insieme a Manuela Alessandra Filippi, ideatrice e curatrice del progetto Città Nascosta Milano. Con lei abbiamo parlato di memoria, luoghi, racconti e, soprattutto, del suo libro Milano Nascosta. Dalle pietre romane alla città che sale (Hoepli, 2019). 

Come è nato il progetto Città Nascosta Milano, perché ha scelto questo nome?

L’idea di Città Nascosta Milano nasce nel 2009 e si è concretizzata nel 2010. Mi è venuta quando mi sono trasferita a Milano, lasciando Roma, dove avevo un incarico legato al Museo di Poste Italiane. Non era un periodo brillante per la città di Milano, così decisi che mi sarei inventata qualcosa di mio, un progetto. Spostandomi in bicicletta, facendo colloqui e alla ricerca di ispirazione, mi resi conto che la città era molto più interessante di quanto avessi sempre pensato e, soprattutto, aveva molte più cose da vedere di quanto gli stessi milanesi non immaginassero. Così, mi venne l’idea di fondare una realtà che fosse in grado di raccontare la storia di Milano, con la quale lanciare delle iniziative dedicate alla sua scoperta. Scelsi il nome Città Nascosta Milano perché a Roma esisteva già, ed esiste tutt’ora, una realtà chiamata appunto Città Nascosta, che aveva iniziato nel 1990 a fare quello che io ho strutturato a Milano dal 2008. Chiesi loro se potevo legarmi all’iniziativa e crearne una continuazione su Milano, risposero con entusiasmo e così nacque il tutto.

Il primo itinerario sulla storia della città è partito il 5 giugno del 2010 ed era dedicato a quello che abbiamo chiamato il Quadrilatero del silenzio, ispirandoci a un capitolo del libro di Micol Beltramini 101 cose da fare a Milano almeno una volta nella vita. I primi anni, la gente mi prendeva per pazza, mi dicevano “ma come fai a passeggiare a Milano, sono sempre tutti di fretta e diretti da qualche parte, non funzionerà mai”. Io però ho continuato il mio studio matto e disperatissimo e ho iniziato a creare una serie di itinerari e contenuti che, a partire in particolare da Expo 2015, sono diventati battutissimi. Ho contribuito a far sì che questa città fosse anche DA VEDERE.

Un altro aneddoto interessante è stato quando, come reazione alla famosa frase affibbiata a Tremonti “con la cultura non si mangia”, ideai un altro progetto chiamato “Con la cultura si mangia un panino con”: delle pause pranzo dall’una alle due - in occasione delle quali ordinavi un panino e io ti portavo a vedere alcuni dei luoghi più interessanti della città, ogni settimana diversi - che ebbero un successo straordinario per anni. Grazie soprattuto a questo, il progetto Città Nascosta arrivò a vincere, nel 2012, il premio Dama d’Argento.

Nel 2018 il progetto Città Nascosta Milano, anche a fronte del moltiplicarsi degli enti che ispirandosi al mio lavoro hanno iniziato a organizzare tour simili, ha poi virato sulla produzione di contenuti e sullo storytelling urbano, la cosa che, in realtà, amo fare di più. Un’evoluzione, quella della pagina, che ho compiuto durante il lockdown, trasformando il sito in un luogo di racconto e decidendo poi di spostarmi a Venezia, con il sogno di arrivare a Gerusalemme.

Perché ha voluto iniziare il suo racconto dalla pietre? Ci parla del ruolo della memoria nella sua narrazione di Milano?

L’idea delle pietre mi è venuta mentre ero in cammino a piedi verso Gerusalemme, nel dicembre del 2018, partendo da San Giovanni d’Acri percorrendo tutta la Galilea fino al Lago di Tiberiade e arrivando poi, alla vigilia di Natale, a Gerusalemme, il 23, e a Betlemme, il 24. Lungo questo percorso in Israele, centinaia di km in solitaria attraverso sentieri dove non mi sono imbattuta in nessuna persona, ho incontrato un’infinità di pietre. Ogni angolo ne aveva una. Pensando alla storia di Milano - alla sua stratificazione, all’importanza che le pietre hanno anche da un punto di vista semantico, religioso, simbolico, geologico - mi sono detta che poteva essere una grande occasione tenere questo elemento come filo conduttore, partendo dalle pietre romane sino a quelle del presente. Questo perché per me la memoria è fondamentale, una delle cose che mi chiedo quando cammino è “che cosa c’è sotto io miei piedi? che cosa c’è stato prima qui?”; mi sono resa conto che queste pietre potevano essere come i sassolini di Pollicino, una fantastica via, per raccontare Milano.

Poi, approfondendo la questione durante il mio cammino, ho deciso di inserire nel libro anche la storia della Comunità ebraica, a proposito di pietre: sarebbe stato un peccato ripercorrere la vita di Milano senza passare anche da lì. Ho scoperto la storia della pietra di Cesarea- ritrovata durante una campagna di scavo nel teatro romano di Cesarea diretta dall’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, finanziata da Cariplo e resa possibile da Astorre Mayer, Console onorario di allora per Israele: un interessante concorso di energie e volontà. Studiando la pietra, che dimostrava l’esistenza di Ponzio Pilato, ho legato Cesarea, come partenza, a Milano, che ho scoperto essere una Porta di Sion, e ho fatto altri collegamenti…

Il libro si chiude con il capitolo La Città della Memoria, con le pietre d’inciampo, perché per me la memoria è futuro, conoscenza e quindi libertà. È spirito critico, capacità di ragionare per connessioni: non ci può essere futuro se non si sa da dove si viene, per sapere dove andare devi conoscere dove sei e da dove arrivi. La memoria è come le radici degli alberi che ci circondano adesso, comunica, trasmette dei messaggi. Più conosci, più hai gli strumenti per scegliere la strada da percorrere, la giusta via.

La Città della Memoria è poi la città in divenire, rappresenta un auspicio, la speranza che Milano possa essere guidata da una maggiore lungimiranza, perché non cancelli il suo passato. Penso a quello che succede con l’architettura milanese del ‘900, pensata e concepita da grandi maestri e oggi snaturata da ristrutturazioni che a volte cancellano la sua essenza. Sarebbe come pensare di rifare la facciata di Palazzo Farnese a Roma, non si può. Il libro si chiude anche con l’augurio che Milano possa essere un luogo dove sentirsi sempre a casa, perché è anche la Città del Bene, che ha vinto una Medaglia al Valor Civile, che si è inventata un sistema di previdenza nei confronti dei meno abbienti in grado di aiutarli dalla culla alla tomba. Una di queste istituzioni era il Pio Albergo Trivulzio, che il principe Trivulzio lasciò alla città per proteggere gli anziani. E le Stelline, la Ca’ Granda… progetti avveniristici e virtuosi.

Oggi siamo al Giardino dei Giusti di Milano - sorto simbolicamente al Monte Stella, costruito sulle rovine della Milano bombardata - dove ci sono cippi e targhe dedicati alla memoria di persone che si sono battute per la dignità e la vita umana. Quali sono le sue sensazioni dopo questa visita? Possiamo pensare che in un suo prossimo progetto ci sarà spazio per raccontare questo luogo?

La visita del rinnovato Giardino dei Giusti l’ho trovata toccante e rasserenante. È quasi un giardino filosofico: non solo è fatto riutilizzando le pietre delle strade di Milano, ma ci sono dei percorsi… e, siccome il segreto per pensare bene è camminare, passeggiare qui in mezzo, a una memoria che non è solo quella dei Giusti ma anche quella della città stessa che riprende una seconda vita, è un percorso filosofico. Le pietre dell’anfiteatro, del viale, sono un pezzo della storia di Milano che dà vita ad altre strade, fisiche sì, ma anche immaginarie, concettuali, di meditazione. È un dialogo di straordinaria bellezza tra natura, memoria e uomo, un invito al viaggio che ti dice “cammina, ma ricordati che quello che tu stai vivendo qui lo devi portare nei tuoi passi sempre”. Questo è il mio pensiero su questo Giardino. Mi piacerebbe poterlo inserire nel libro, anche perché vorrei che fosse un lavoro in aggiornamento, che si arricchisce sempre di nuovi luoghi. Una città non è del resto un compartimento stagno ma è frutto di tante cose. Utilizzando la teoria dell’effetto farfalla sono andata a ricercare le ragioni che hanno determinato l’esistenza qui di una chiesa, un monumento, e sono finita a Salonicco, in Francia, a Gerusalemme.


1 Iscrizione trovata nel 1961 a Cesarea, nella quale si menziona Ponzio Pilato. Si tratta di una lapide che era posta su un edificio dedicato all'imperatore Tiberio.

Helena Savoldelli, Responsabile del coordinamento Redazione

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