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Passione sakura

di Naoko Abe Bollati Boringhieri, 2020

Una giornalista giapponese, Naoko Abe, ha scelto di raccontare per ben due volte la storia di un sakuramori (conservatore di ciliegi) inglese, Collingwood Ingram. La prima volta per il pubblico giapponese, perché il suo Paese non dimenticasse un uomo che attraverso la coltivazione dei ciliegi aveva tenuto viva la memoria di un altro Giappone. La seconda volta per un pubblico occidentale, perché conoscesse l’opera di un uomo che aveva salvato dall’estinzione centinaia di ciliegi da fiore, contribuendo alla loro diffusione in tutto il mondo, anche attraverso la scrittura di un testo fondamentale per la conoscenza e la coltivazione dei ciliegi da fiore, “Ornamental cherries”, unanimemente considerato una bibbia sull’argomento. La vicenda di Collingwood Ingram non interessa soltanto gli orticoltori o gli storici, perché egli è stato un vero “giusto per l’ambiente”, che ha coltivato i ciliegi da fiore, considerandoli come figli, ciascuno con la sua storia e le sue particolarità, tenendo viva una biodiversità che aveva per lui un significato più profondo.

Collingwood Ingram nasce a Londra il 30 ottobre 1880 in una eccentrica famiglia inglese, non aristocratica, ma decisamente benestante, che si stabilisce a Westgate - on – Sea, a due ore di treno da Londra. Collingwood, cagionevole di salute dalla nascita, cresce a contatto con la natura, istruito in famiglia, a differenza dei fratelli, che frequentano importanti scuole private e poi l’università di Oxford. Egli assimila i fondamenti dell’istruzione tradizionale, leggere, scrivere, far di conto, il latino e il francese. Ma ciò che lo appassiona soprattutto è lo studio della natura e in particolare l’osservazione degli uccelli. Fondamentali per la sua formazione sono due viaggi in Giappone. Il primo nel settembre 1902 e il secondo nell’aprile del 1907, come viaggio di nozze con la moglie Florence. Sono gli anni in cui il Giappone sta soppiantando la Cina come potenza egemone nella regione asiatica, ma quel che Collingwood vede è un paese incantevole, che, oltre le città, presenta una campagna dalla natura rigogliosa e non completamente diversa rispetto alla campagna inglese. Si tratta di piccole variazioni, ma Collingwood qui si sente a casa. Alla fine della Prima guerra mondiale, a cui Collingwood partecipa col grado di capitano del Royal Flying Corps, Collingwood precisa la sua missione in campo naturalistico, decidendo di dedicarsi alle piante.

Nel frattempo, la sua famiglia è cresciuta con la nascita di quattro figli e il trasferimento, nel 1919, a Benenden, nel Kent, in una zona destinata a seconde case per la classe medio-alta londinese. Qui gli Ingram acquistano una grande proprietà, che comprende un’ampia e confortevole abitazione principale, La Grange, e due grandi fattorie agricole, oltre a terreni agricoli e pascoli, con greggi di pecore e capre. In uno dei pascoli Collingwood comincia a progettare una variante del giardino all’inglese. Vicino alla residenza principale, egli scopre due ciliegi, alberi maturi di 20 anni circa, vere e proprie rarità provenienti dall’Asia. Quando nella primavera del 1920 assiste alla loro fioritura, la fascinazione è completata. Per tradizione nel mondo occidentale ci si aspetta che un albero di ciliegio produca frutti. I ciliegi giapponesi, invece, sono coltivati unicamente per i loro fiori. La fioritura primaverile dà luogo, in Giappone, ad un fenomeno sconosciuto in Occidente, l’hanami, la contemplazione dei ciliegi fioriti. Da questo momento Collingwood dà a sé un compito importante: non soltanto quello di creare un giardino pieno di ciliegi, ma diventare un esperto in materia, con una collezione di alberi che comprenda la più ampia varietà possibile.

Ma è il terzo ed ultimo viaggio in Giappone, nell’aprile 1926, a fornire a Collingwood una visione più approfondita della sua missione, perché lega i ciliegi alla storia del Giappone, il paese che a partire da 10 specie selvatiche ha iniziato già nell’VIII secolo, a ibridare e coltivare ciliegi, facendone un simbolo della nazione. L’hanami stesso è inaugurato, secondo la tradizione, nell’812 d.C., quando la famiglia imperiale ha aperto ai sudditi i suoi giardini per la contemplazione della fioritura. In questo periodo il legame tra il ciliegio e la famiglia imperiale è ormai stabilito. Nel XII secolo, con l’inizio dello shogunato, l’imperatore diventa una figura sacra e lontana, ma il ciliegio è comunque celebrato e coltivato nella sua varietà. Nel periodo dello shogunato Tokugawa (1603 – 1868), per controllare i daimyo e i samurai, il potere dello shogun li costringe a competere su residenze lussuose, dotate di giardini ricchi di ciliegi, in cui lo spettacolo dei fiori faceva parte integrante dell’intrattenimento e dell’esibizione di raffinatezza. La circolazione di semi e marze (rametti) per l’innesto è ampiamente documentata e si calcola che negli anni ’60 dell’800 il numero di varietà di ciliegio esistenti a Edo (antico nome di Tokio) fosse di circa 250.

Nel 1868 la rivoluzione Meiji pone fine alla chiusura del Paese e riporta al potere l’imperatore, esautorando lo shogun e la nobiltà. Il Giappone fa proprio il modello occidentale: scienza e tecnologia, fabbriche e stato burocratico. L’obiettivo è difendere il proprio territorio dalle mire espansionistiche occidentali e conquistare la leadership nell’area asiatica. È in questo periodo che inizia ad essere piantato preferibilmente un tipo di ciliegio, il Somei-yoshino. È un albero che cresce in fretta, robusto, non necessita di molte cure ed è decisamente bello. Ma, soprattutto, i suoi fiori sopravvivono per otto giorni e tutti i Somei-yoshino fioriscono contemporaneamente, perché sono alberi clonati. Un Paese come il Giappone, che ha una popolazione per il 98% etnicamente omogenea, trova ulteriore compattezza e affinità con un albero di ciliegio, che viene associato alla figura dell’imperatore, il quale a sua volta viene progressivamente divinizzato. La fioritura primaverile ammanta di petali rosa il Paese e i giapponesi sviluppano una dipendenza dall’imperatore, e cominciano a paragonare le loro vite a quella effimera dei fiori di ciliegio.

Nel corso della sua terza visita Ingram si rende conto che la varietà Somei-yoshino è ormai prevalente, a scapito delle tante diverse qualità di ciliegio precedentemente coltivate e che fiorivano in tempi diversi. Il Paese ha fatto una scelta di semplificazione e di utilità: ha scelto l’omogeneità a scapito dell’eterogeneità. Chiamato a tenere una conferenza dopo sei settimane di visita ai santuari dei ciliegi, denuncia l’abbandono dell’interesse dei giapponesi per le diverse varietà. Il gran numero dei ciliegi che i daimyo avevano curato per secoli nei loro giardini era stato abbattuto per far posto a coltivazioni di tè o di gelsi oppure i ciliegi si erano seccati per incuria. Preoccupato, Ingram da un lato cerca risposte, ma, dopo aver visto che anche la sua denuncia non viene raccolta, decide di assumere lui stesso il compito di difensore dei ciliegi, di diventare un sakuramori. Prende contatto con i botanici giapponesi più sensibili, si fa inviare semi e marze di ciliegi che a Benenden non ha. L’obiettivo è difendere e conservare. Se in Giappone quei ciliegi rischiano di morire, Ingram è fiducioso di farli rinascere alla Grange. Non tornerà più in Giappone e da questo momento si dedicherà alla conservazione e classificazione dei ciliegi, diventandone l’esperto più importante a livello mondiale. In più, osservando le ibridazioni naturali tra piante vicine, creerà ibridi a cui darà nomi tratti dalla tradizione, come l’Asano, che ricorda la saga dei 47 ronin, o l’Umineko (gabbiano codanera), a testimonianza del suo interesse per l’ornitologia oppure l’Okame, dal nome della dea giapponese dell’abbondanza e dell’allegria. Negli anni ’30 Collingwood Ingram avrà la soddisfazione di poter reintrodurre in Giappone una varietà di ciliegio chiamata Taihaku (grande bianco), scomparsa nel Paese da almeno 130 anni, e da lui recuperata nel corso delle sue scorribande per giardini alla ricerca di varietà di ciliegio.

Intanto in Giappone la situazione già evidenziata da Collingwood Ingram si radicalizza. I fiori di ciliegio, da simbolo di vita, di rinascita, di allegria, di pace vengono ora associati alla brevità della vita, alla caducità dell’esistenza. La pianta è paragonata all’imperatore, imperituro. Il popolo ai petali di fiore, al servizio dell’imperatore. L’educazione dei giovani insiste sul fatto che essi sono destinati a servire l’imperatore fino a cadere e ad offrire la vita. “Cadere per l’imperatore con dignità e coraggio. Difendere lo spirito giapponese come samurai e poi morire come fiori di ciliegio. Parlare di sopravvivenza era tabù. Vivevamo per cadere” (v.pag.211, testimonianza). L’occasione per verificare i risultati di questa educazione si ha nel corso del secondo conflitto mondiale, quando si chiede ai giovani di offrirsi volontariamente e di buon grado per diventare piloti Kamikaze. Prima di partire i kamikaze cantano: “Se sei un uomo / non rimpiangere questa vita fugace / solo canta la caduta del fiore e il coraggio dell’uomo. / Lascia al vento la tua fortuna /se sei un uomo / agisci e cadi.” I giovani kamikaze lasciavano messaggi – testamento per le famiglie che fanno costantemente riferimento ai fiori di ciliegio, come questa poesia di un giovane capitano di 26 anni: “I fiori di ciliegio stanno cadendo / uno dopo l’altro. / Ora voglio cadere anch’io / spargendo il mio profumo / nel paese di Yamato.” Il giorno seguente il giovane morirà. Una celebre fotografia d’epoca immortala la partenza degli aerei kamikaze, salutati a bordo pista da giovani ragazze che sventolano rami di ciliegio in fiore. Tra l’ottobre del ’44 e l’agosto del ’45 negli attacchi kamikaze perdono la vita circa 3800 piloti giapponesi. Ma i kamikaze non salvarono il Paese dalla sconfitta, sancita dalle bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki il 6 e 9 agosto 1945. Su richiesta dei vincitori americani l’imperatore Hirohito si dichiara un comune mortale il giorno di Capodanno del 1946: uno shock per i sudditi. Era la fine di un regime militare che aveva introdotto il culto divino dell’imperatore e usato il fiore di ciliegio per diffondere un’ideologia militarista, che aveva provocato la morte gratuita di tanti giovani.

Anche i tre figli di Collingwood Ingram partecipano al conflitto. Il più giovane, Alastair, viene trasferito sul fronte del Pacifico, dove conosce una ragazza inglese di origine indiana, Dafne, arruolata come infermiera. L’8 dicembre 1941 i Giapponesi attaccano la flotta americana alla fonda a Pearl Harbor, invadono la Cina e occupano Hong Kong. Alastair viene rimpatriato. Dafne finisce in un campo di concentramento giapponese. Qui la giovane fa esperienza di episodi drammatici e di crudeltà gratuite sui nemici: i militari giapponesi non hanno firmato la Convenzione di Ginevra. Gli stupri di gruppo, le esecuzioni casuali, la fame, le malattie fanno strage tra i prigionieri di guerra. Sono 44 mesi durissimi di trattamento disumano, che Dafne non dimenticherà mai. A guerra finita i due giovani si sposeranno e andranno ad abitare a Benenden, vicino alla tenuta degli Ingram. Dafne rispetterà la passione per i ciliegi del suocero, ma rifiuterà persino l’acquisto di un elettrodomestico, di marca giapponese.

Nel 1948 Collingwood Ingram pubblica la sua opera fondamentale, “Ornamental cherries”, che diventa immediatamente la guida più completa tra quelle mai pubblicate. Ingram dedica il libro a tutti quelli che amano i ciliegi da fiore, perché questi alberi hanno reso il mondo più bello e piacevole da vivere. Il testo aiuta i principianti, ma ripercorre anche la storia della tassonomia e i nomi scientifici delle diverse specie e varietà. Descrive i 129 ciliegi presenti nel suo giardino, presentando la distinta personalità di ciascun albero. Il suo ciliegio preferito è sicuramente il Taihaku, il grande bianco, detto anche “il supremo”. Ingram è generoso, a chiunque chieda dà volentieri consigli botanici, semi e marze, senza pretendere alcun compenso. Il suo obiettivo è la diffusione dei ciliegi, che con lui invadono anche gli USA. A parte i prigionieri di guerra come Dafne, gli inglesi non associano i ciliegi ornamentali alla condotta del Giappone durante la guerra. Il libro di Ingram rende i ciliegi popolari presso il grande pubblico. A inizi anni ’50 in Inghilterra si registra un vero e proprio boom di ciliegi ornamentali e anche la famiglia reale se ne infatua. Nel corso della sua vita Ingram si aggiudica oltre cento premi della Royal Horticultural Society. Anche la celebre poetessa e botanica Vita Sackville-West recensisce e promuove il testo di Ingram, contribuendo a fare dei parchi di ciliegi delle vere e proprie attrazioni turistiche.

Ingram continua fino quasi a cento anni a prendersi cura dei suoi ciliegi, a promuoverli alle mostre, a far conoscere a tutto il mondo quanto sia vasta e preziosa la diversità di questi magnifici alberi. Muore a Benenden a 101 anni, il 19 maggio 1981. Anni dopo, nel 1993, un coltivatore giapponese cresciuto non lontano da un campo di prigionia giapponese, offrirà all’Inghilterra i “ciliegi della riconciliazione”. Profondo ammiratore di Ingram, il cui libro, “Ornamental cherries”, è per lui un testo fondamentale, Masatoshi Asari, giovane insegnante e storico dilettante, scopre la realtà dei campi di concentramento giapponesi, di cui, dopo la guerra, nessuno vuole parlare. Comincia a raccogliere testimonianze e interviste e contemporaneamente accudisce e coltiva i ciliegi fino a creare un insieme di varietà chiamate Matsumae. La fama dei suoi ciliegi arriva fino a John Bond, uno dei principali orticoltori inglesi e giardiniere di fiducia della Casa Reale, che gli chiede di acquistare un lotto di ciliegi Matsumae. Asari risponde che è felice di donare i suoi ciliegi al parco reale, senza alcun compenso, per esprimere le sue condoglianze e il rincrescimento per le persone inglesi che hanno sofferto o sono morte in Giappone nel corso degli eventi bellici. Oggi questi ciliegi, chiamati ciliegi della riconciliazione, crescono in un vivaio privato all’interno del parco di Windsor. Nel 1999 quaranta ramoscelli di esemplari diversi di Matsumae vengono piantati a Benenden, nel giardino dei ciliegi che era stato creato da Collingwood Ingram, come omaggio al giardino dove Ingram aveva trascorso tanto tempo insieme alla nuora Dafne, ex prigioniera di guerra in un campo di concentramento giapponese. Asari, come Ingram, era convinto che la diversità arricchisca sia la natura sia gli uomini.

L’insegnamento di Collingwood Ingram sta tutto nella sua capacità di vedere le caratteristiche della società giapponese attraverso l’albero che è stato assunto come simbolo del Paese. Il trono del crisantemo ha strumentalizzato la bellezza di un albero, il Somei-yoshino, per costruire un sistema monolitico e omogeneo, destinato alla vittoria militare e alla leadership territoriale. La cultura dell’uniformità ha portato il Giappone ad accettare un’ideologia militarista, che ha spinto i giapponesi al conformismo e all’obbedienza acritica. Ingram si rende conto che una società che si fonda sull’esclusione delle differenze è una società fragile, un gigante dai piedi d’argilla. A suo avviso incoraggiare la diversità di opinioni, di specie, di varietà, irrobustisce la società, la rende più vitale e aperta al futuro. Un insegnamento decisamente attuale anche oggi. Grazie, mister Ingram!

Cristiana Zanetti, Commissione educazione Gariwo

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