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Il testimone inascoltato

di Yannik Haenel Guanda 2010

Il titolo originale dell’opera è Jan Karski e questo romanzo, piuttosto atipico, racconta la storia di un uomo - militare polacco che lottò per testimoniare la verità sulla Shoah - nel lungo periodo, dal 1942 al 1977, in cui è stato un testimone inascoltato.
Come in un film, il racconto inizia dall’episodio conclusivo, il momento dell’intervista con Claude Lanzmann per la realizzazione del lungometraggio Shoah, che segna il momento in cui il protagonista cessa di essere inascoltato e riporta i terribili fatti visti, uditi e vissuti nel ghetto di Varsavia a un mondo finalmente disposto ad ascoltarlo e a credergli. La descrizione dell’intervista è estremamente vivida ed efficace, e riesce a trasmettere in modo visivo la sofferenza di Karski nel rivivere lo strazio e l’orrore di ciò a cui ha assistito trentacinque anni prima, proprio come appare agli spettatori di Shoah.

La seconda parte è biografica, il riassunto del libro di Karski Story of a Secret Life, scritto nel 1944 e relativo agli anni 1939-1943, cioè dalla sua spensieratezza di venticinquenne prima dell’inizio della guerra, al trauma del ghetto, le torture subite da parte dei nazisti e dei sovietici, le peripezie dei viaggi affrontati per portare agli Alleati la sua testimonianza, fino al suo incontro con il presidente americano Roosvelt, che non “ascolta” le sue parole sullo sterminio degli ebrei in Polonia.

La parte conclusiva è di fantasia: basandosi su quanto è stato scritto da e su Jan Karski, l’autore cerca di descrivere i pensieri e le sensazioni provati dal protagonista nel corso della sua vita da testimone inascoltato, la sofferenza e i sensi di colpa per non essere riuscito a farsi credere, che ne hanno segnato e condizionato l’esistenza fino alla fine.
In questo capitolo vengono toccate e analizzate tematiche importanti: i motivi politici ed economici del rifiuto da parte dell’Inghilterra e degli Stati Uniti a credere allo sterminio degli Ebrei, il senso di impotenza che prova chi viene escluso, i gradi di colpevolezza dei vinti e dei vincitori, perché chi si rifiuta di sentire che il male esiste, entra a farne parte.

Purtroppo, il tono in alcuni punti eccessivamente enfatico e soprattutto il fatto che questa parte inventata sia narrata in prima persona, come un flusso di coscienza – finto – relativo a fatti – alcuni veri, alcuni di fantasia - di Karski – vero – rischiano di compromettere l’efficacia dell’opera, dando uno spiacevole retrogusto di fiction a fatti e persone terribilmente veri e reali.

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