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Un canto salverà il mondo. 1933-1953: la musica sopravvissuta alla deportazione

di Francesco Lotoro prima edizione nella collana Varia/Feltrinelli, Cles (Tn), 2022

L’eccellenza del lavoro del pianista, compositore, direttore d’orchestra Francesco Lotoro - 30 anni di ricerca storica e musicologica per ridare vita a chi negli universi concentrazionari del Novecento si è espresso attraverso la musica - si ammira nella documentazione raccolta presso la Fondazione Istituto di Letteratura musicale concentrazionaria con sede in Barletta (Puglia). 

Il maestro Lotoro ha indagato e tuttora indaga un percorso di resistenza spirituale, che ha per protagonisti i musicisti e la loro musica, entro un limite temporale: il ventennio 1933-1953. Il lavoro di studio, revisione, esecuzione e registrazione si estende a partiture recuperate nei cinque continenti, ovunque ci sia stata musica scritta nei campi di concentramento e nei luoghi di prigionia per civili e militari. “Musica concentrazionaria” precisa, infatti, il maestro Lotoro “è la produzione musicale in cattività e, precisamente, in condizioni minime o estreme di privazione dei diritti fondamentali dell'uomo”. Per comprendere pienamente il fenomeno della musica concentrazionaria, tuttavia, è necessario partire da un’idea di ricerca musicologica che metta a confronto i testi con la storia, ampliando in chiave sociologica il racconto dei brani stessi.

Nel 1933 il regime nazista istituì il lager di Dachau e nel 1953, anno della morte di Stalin, si avviava la graduale liberazione dai Gulag sovietici; lo spazio e la storia dei musicisti nell’universo concentrazionario di quegli anni è ora raccolto in questo denso libro, riduzione di un manoscritto originario di ben più corposo spessore. Il recupero della musica concentrazionaria ha comportato infiniti viaggi che il Maestro racconta con sguardo retrospettivo; denso di ricordi e partecipazione nel rievocare gli incontri, col distacco della mera cronaca per dire l’esiguità dei fondi che costringeva lui e i suoi collaboratori a devastanti economie, mancate occasioni, perdita di materiali e fortunosi recuperi.

Musica Concentrazionaria è concetto diverso da Musica dell'Olocausto, la musica composta nei ghetti, nei campi di concentramento, negli accampamenti dei partigiani, tra i rifugiati o in clandestinità per ribellarsi ai nazisti, tra il 1933 e il 1945. La musica era diventata terreno di scontro; il nazismo bollava come "arte degenerata" il jazz, la dissonanza e ogni tendenza musicale anti-conformista, fondando persino una teoria nazista della musica.

A partire dagli anni Trenta, i musicisti perseguitati dal nazismo reagirono usando la loro arte quale resistenza spirituale e strumento di denuncia dell'oppressione nei campi di concentramento nazisti o in esilio, come nel caso di Hanns Eisler e Kurt Weill. Coscienti dell'importanza della loro testimonianza per le generazioni future, i compositori antiregime si preoccupano di lasciare le loro opere in nascondigli di fortuna temendo per loro stessi il momento della deportazione nei campi di sterminio o di lavoro coatto. La protesta dei musicisti tedeschi coinvolse anche musicisti di altri paesi come il compositore inglese Michael Tippett (1905-1997), pacifista, autore dell'oratorio A Child of Our Time dopo aver appreso della Kristallnacht, la notte del pogrom contro gli ebrei nel territorio del III Reich, il 9 novembre 1938.

Nei ghetti istituiti dai nazisti a Varsavia, Łódź, Cracovia, Vilnius e nei campi di internamento c’era musica: i consigli di autogoverno ebraico continuarono ad organizzare spettacoli musicali e a offrire concerti. C’era una musica "ufficiale" che i prigionieri erano costretti a eseguire con bande e orchestre che le autorità naziste pretesero perfino nei campi di sterminio. A quella musica si contrapponeva la musica composta dai prigionieri, i canti di protesta.

Sin dai primi anni del dopoguerra la ricerca musicologica si interessò alla preservazione e all'esecuzione della musica composta al tempo delle persecuzioni. Vi si dedicarono all'inizio alcuni musicisti superstiti dell'Olocausto che si affidarono alle loro memorie personali e intervistarono altri sopravvissuti. Le prime raccolte vennero pubblicate già alla fine degli anni Quaranta.

Gli archivi degli Istituti di ricerca, in particolare Yad Vashem a Gerusalemme e lo United States Holocaust Memorial Museum in Whashington preservano ampie raccolte musicali. Ci sono oggi siti specializzati quali Music and the Holocaust gestito dalla ORT, una storica organizzazione ebraica fondata nel 1880 a San Pietroburgo, nella Russia zarista, per soccorrere gli ebrei impoveriti. Le lettere O-R-T formano infatti l'acronimo russo di "Obschestvo Remeslenovo i zemledelcheskovo Trouda" e cioè Società per l'artigianato e il lavoro agricolo, riflettendo le condizioni che prevalevano quando è stata concepita l’organizzazione. Oggi l’ORT, anche attraverso il suo sito web, promuove tra l’altro la formazione la tecnologia e lo studio dell’Olocausto attraverso le arti.

La ricerca del giovane Francesco Lotoro sulla musica concentrazionaria ha inizio negli anni Ottanta, mentre solo dalla fine degli Novanta si formano i primi gruppi di musicisti e i primi festival specializzati nell'esecuzione di questo repertorio.

Le intuizioni sul più vasto ambito di spazio e tempo della musica concentrazionaria e dei suoi esecutori, la motivazione forte del talentuoso musicista spiegano, per grande parte, il rinnovarsi delle energie fisiche e spirituali che hanno consentito di recuperare ad oggi 8.000 opere di musica eseguita in prigionia, diecimila documenti di produzione musicale nei campi, microfilm, diari, quaderni, documentazione fotografica, interviste ai sopravvissuti. Con il libro autobiografico Un canto salverà il mondo. 1933-1953: la musica sopravvissuta alla deportazione il maestro Lotoro vuole fare documentazione del lavoro giovanile e solitario, poi dei suoi straordinari collaborati tra cui fondamentale la moglie Grazia, ma vuole anche portare testimonianza di chi ha salvato il genere umano dall’abisso facendo musica. Come studiosi riconosciamo anche un’eccellenza per l’Italia che custodisce questo patrimonio costruito con decine di viaggi nel mondo fino in Thailandia, Giappone, America Latina, Australia. Un grandissimo libro che racconta una ricerca e una storia di uomini e donne che si voleva privare della vita spirituale come ulteriore vessazione.

Scrive il maestro Lotoro: “La musica prodotta in cattività aveva poteri taumaturgici, rovesciava letteralmente le coordinate umanitarie dei siti di prigionia e deportazione, polverizzava le ideologie alla base della creazione di Lager e Gulag. Forse non salvava la vita ma sicuramente questa musica salverà noi”.

Giovanna Grenga, Giardino dei Giusti di Roma

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