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Decontaminare le memorie. Luoghi, libri, sogni.

di Alberto Cavaglion Add editore, Torino, 2021

In Decontaminare le memorie. Luoghi, libri, sogni (add editore, Torino 2021) Alberto Cavaglion, che insegna Storia ebraica all’Università di Firenze ed è uno specialista di Primo Levi e della letteratura del Novecento, sostiene che la Storia ha inferto ai luoghi e al paesaggio danni altrettanto irreparabili che la speculazione edilizia. Non solo il paesaggio, anche la Memoria del nostro recente passato è degradata.

Cavaglion si sofferma su tre luoghi della Memoria del Novecento, per il loro stato “paesaggi convalescenti”, luoghi simbolo situati a pochi chilometri di distanza nella pianura del modenese, ai quali si sente particolarmente legato:

  • il campo di concentramento di Fossoli (Carpi), da dove sono transitati Primo Levi e la maggior parte dei deportati italiani;
  • Villa Emma a Nonantola, dove trovarono asilo , grazie all’aiuto della popolazione locale, decine e decine di bambini in fuga, inseguiti dai tedeschi;
  • la torre della Ghirlandina a Modena, da dove il 27 novembre 1938 si gettò l’editore Angelo Fortrunato Formaggini, all’indomani dell’emanazione delle leggi razziali.

La Memoria ha logorato certi luoghi, rendendoli retorici, facendo perdere la loro più profonda verità. Nelle Giornate della Memoria, ad esempio, secondo Cavaglion, luoghi e memoria, come a esempio Auschwitz, diventano qualcosa di rituale che fa perdere di vista il dramma: “I luoghi contaminati dalla Seconda guerra mondiale, per quanto elevata e sincera sia la nostra volontà di ricordare, respingono, non attraggono. Sbagliamo a imporre ai giovani di visitare quei luoghi senza avvisarli con un cartello: PAESAGGIO CONTAMINATO. (...) Il veleno di Auschwitz contagia anche lo specialista, non soltanto il lettore comune”. Infatti gli spazi insaguinati (bloodlands) rinfocolano per loro natura il desiderio di fuga. Non bisognerebbe far calpestare quei luoghi ai visitatori, fermarsi sulla soglia senza entrare:

“L’errore che abbiamo commesso è consistito nel credere che il processo educativo potesse svolgersi dentro il paesaggio e non sulla soglia (…) Ci siamo lasciati cullare dalla fiducia illuministica del comprendere tutto e subito, anche ciò che per definizione è incomprensibile. Ci siamo cullati nell’illusione dell’accoglienza, dell’aprire le porte degli Inferi ai nati con la libertà, senza avvertire che il veleno corrode”.

I luoghi contaminati dovrebbero essere circondati da un cordone sanitario di libri. Questo è il grande compito degli insegnanti. Letture, comprensione, non esperienza diretta. Agire più sullo studio, la comprensione e la riflessione più che sulle emozioni.

I luoghi della memoria pubblica dovrebbero così aiutare a ritrovare la speranza. La Memoria non deve essere la parola malata che è diventata oggi: dalla tragedia deve rinascere la voglia di vivere. Nonostante la sofferenza patita, la sofferenza donina l’abominio. Mentre la memoria obliqua è un’invenzione più tarda, la FILOSOFIA DEL CIONONOSTANTE si afferma all’indomani dell’apertura dei cancelli di Auschwitz. I primi superstiti scrivevano delle loro gioiose esperienze di essere tornati a casa, alla vita quotidiana: “Inevitabilmente quella stagione si è consumata rapidamente. Ma siamo stati troppo superficiali nell‘archiviare quel nonostante”. Cavaglion cita una lettera di Vittorio Foa, venuta alla luce da poco tempo, indirizzata alla sorella Anna, subito dopo aver saputo del suicidio di Primo Levi. Foa ricorda di aver pensato e detto a Levi che Se questo è un uomo era un libro pieno di speranza, e invece il suo ultimo lavoro, I sommersi e i salvati, vedeva il male come irreparabile: “Chiesi a Primo perché mai? Mi rispose in vario modo, ma la sostanza era che quando era giovane poteva sperare, da vecchio non più”.

Cavaglion sostiene che proteggere la specie umana e dunque la sua memoria è possibile a patto di favorire l’inventiva della vita: si tratta di andare il più possibile CON la Natura, il meno possibile CONTRO di essa”.

Tra i libri ai quali Cavaglion fa riferimento ce n'è uno del saggista austriaco Martin Pollack, traduttore e allievo di Ryszard Kapuscinski: Paesaggi contaminati, Per una nuova mappa della memoria in Europa (Keller editore, Rovereto 2014): “Vogliamo cercare di scoprire che cosa successe qui settanta, ottanta o addirittura cento anni fa, anche se guardando di sfuggita, quando siamo di passaggio, in un’atmosfera rilassata di vacanza, non percepiamo niente che susciti la nostra diffidenza. Ciò nonostante dobbiamo sempre porci la domanda: il paesaggio ha qualche cosa da nasconderci. È davvero così innocente, idilliaco come sembra? Che cosa troviamo se iniziamo a scavare? ”.

Quella ricerca e riflessione che Pollack iniziò negli anni Ottanta, con il libro reportage autobiografico Il morto nel bunker (pubblicato da Bollati Boringhieri, nel 2008, e recentemente ripubblicato da Keller editore), dove raccontava le indagini sul suo padre naturale, un ufficiale nazista austriaco particolarmente fanatico e feroce, ritrovato ucciso dopo la guerra (in un bunker in Alto Adige), continua oggi con Topografia della memoria (trad. di Melissa Maggioni, Keller editore, Rovereto 2021). 

Leggi anche la recensione di "Topografia della memoria." di Martin Pollack

Due libri, con un taglio molto personale, riflettono sulla Memoria legandola ai luoghi. La Memoria infatti, anche quella più dolorosa, col passare degli, rischia a volte di essere un po‘ come un palloncino, pronto a volar via e dissolversi nel cielo, se non venisse ancorata a un luogo ben preciso, o, al limite, a degli oggetti.

Francesco M. Cataluccio, Responsabile editoriale della Fondazione Gariwo

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