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Solo contro Hitler. Franz Jägerstätter. Il primato della coscienza

di Francesco Comina EMI, 2021

Jagerstatter era convinto della radicale opposizione fra essere cristiano e essere nazista. Ha affrontato l’intero Terzo Reich a mani nude. Con la sua educazione elementare e la sua semplice devozione capì le cose più di tanti politici” (Claudio Magris).

Quando ci chiamano nelle scuole o in altre occasioni formative e ci chiedono chi è il Giusto, noi di Gariwo rispondiamo che è ogni donna o uomo che, in ascolto della sua coscienza, fa il bene in un contesto di malvagità. Non è né un eroe né un santo.

Quando ho letto il libro di Francesco Comina su Franz Jagerstatter, Giusto che già conoscevo per le importanti biografie di Gordon Zahn, Erna Putz e Giampiero Girardi, mi sono chiesta se quest’uomo certamente eroe (ha fatto una scelta che l’ha portato alla decapitazione, lasciando la sua amatissima moglie Franziska e tre bambine piccole) e proclamato beato in quanto martire nel 2007, potesse essere comprensibile per noi e per i giovani che incontriamo.

Sì, perché di comprensione si tratta , se la moglie Franziska, in un documentario di Tg1 Sette, nel 1989 (46 anni dopo la sua morte) dice: “Le bambine erano troppo piccole e non hanno capito la morte del padre. All’inizio nemmeno io avevo capito la sua scelta, anche se gli sono stata vicino. Forse però adesso sì, adesso comincio a comprenderla. E’ una cosa difficile, uno strappo doloroso” E nel 2013: “… Che cosa dovevo fare? Se vuoi qualcuno e non hai nessuno che ti capisce… Se non fossi stata al suo fianco, non avrebbe avuto nessuno”.

La sua storia è veramente difficile da affrontare, i suoi scritti (Scrivo con le mani legate ) sono di una radicalità sconcertante.

Mi sono posta due interrogativi: come è possibile vivere in assoluta solitudine una scelta come la sua e perché, per decenni, la sua storia è rimasta nascosta, addirittura osteggiata?

Franz era considerato dai suoi compaesani un fanatico religioso, uno che cercava il sacrificio, uno che non aveva fatto il suo dovere di cittadino e soldato austriaco perché aveva detto no già nel 1938 all’Anschluss e non aveva giurato fedeltà ad Hitler.

La memoria è sempre il risultato di una rielaborazione di comprensione, non basta ricordare i fatti, le persone, gli avvenimenti: se non vi entriamo con intelligenza e cuore rimane cosa morta, formalità ipocrita. Se i Giusti sono icone irraggiungibili, non generano passione e desiderio di emularne la bellezza umana.

Hanna Arendt l’ha affermato con chiarezza: il fondamento dell’etica non è né fisico né metafisico perché è una questione di gusto, una questione estetica, di “sensazione”. Nessun giusto ha mai affermato: Questo non devo farlo, ma: Questo non posso farlo. Perché i giusti sentono dentro di sé una voce che orienta verso un valore senza il quale verrebbero meno a se stessi, sentono un amore per la bellezza di qualcosa che è più grande dell’io, della vita stessa, che li realizza pienamente in umanità. C’è in loro un primato dell’ideale che affascina, attira, chiama. In polemica con Nietetsche, Arendt afferma: “ L’etica, cristiana o meno che sia, ha sempre preso le mosse dall’idea che la vita non fosse il bene più alto, per i mortali, che ci fosse qualcosa di diverso in gioco nella vita oltre alla semplice procreazione e sostentazione”.

Franz ha lasciato che questo fuoco lo prendesse: dall’incontro con Franziska si è innamorato dell’Amore, del Bene, della Vita. Lui così irruente, propenso a menar le mani con i giovanotti del paese, ha cominciato a leggere, a scrivere, a costruire in sé la natura dell’uomo maturo e consapevole.

“ Cos’è bene, cos’è male?” Si chiedeva Franz nei momenti di silenzio, nelle tante solitudini che ha attraversato: bene è stare dalla parte della vita, ripudiare leggi ingiuste anche se imposte dallo stato, non odiare gli altri perché, come diceva la filosofa ungherese Agnes Heller scampata all’Olocausto, la bontà non ha a che fare con l’intelletto ma con il sentimento e l’azione, provando “per il fratello che soffre un’empatia profonda”.

Pochissimi si sono ribellati al nazismo: la chiesa austriaca è stata serva di uno stato certamente violento e terribile ma la sua responsabilità maggiore, forse, è aver lasciato soli quei pochi che hanno fatto, come Franz, scelte coerenti e certamente radicali.

Dice Arendt: “Il problema qui sta tutto nel decidere con chi voglio stare insieme… Le nostre decisioni sul bene e sul male dipendono dalla scelta dei nostri compagni, di coloro con cui vogliamo passare il resto dei nostri giorni”.

Nei giorni angoscianti del carcere e della condanna a morte, di fronte all’ennesimo uomo di chiesa che vuole distoglierlo dalla sua decisione perché sposato e con figli, Franz trova forza proprio dalla notizia , data per dissuaderlo, di un giovane sacerdote , Reinisch, che è stato condannato per le stesse idee che lui difende. Raccontando alla moglie Franziska questo momento, il cappellano del carcere Kreutzberg dice: “Lei non può immaginare il sospiro di sollievo che tirò; quindi si rallegrò dicendomi: “Questo me lo sono sempre ripetuto, non posso trovarmi sulla via sbagliata; se perfino un prete ha preso una decisione come la mia e ha preferito morire, allora lo posso fare anch’io”. Reinisch aveva detto pubblicamente: “Noi dobbiamo vedere il bene nel male, la cura nella malattia. Non possiamo fermarci a guardare la caduta, dobbiamo vedere il bene che là fuori freme e vuole affermarsi sulle brutture di questo tempo atroce”.  Nel suo testamento spirituale Franz scriverà: “C’è sempre chi tenta di opprimerti la coscienza ricordandoti la sposa e i figli… Possiamo allora mentire perché abbiamo moglie e figli e per di più giustificarci con un giuramento?…A che pro Dio ha fornito gli uomini di intelletto e di libera volontà se non ci è neppure concesso, come alcuni dicono, di giudicare se questa guerra che la Germania sta conducendo sia giusta o ingiusta? A che cosa serve, allora, distinguere fra il bene e il male?”. 

Franz non sapeva che a Tegel, nello stesso carcere di Berlino, Dietrich Bonhoeffer, il teologo martire della Chiesa confessante, viveva la sua stessa condizione scrivendo le sue riflessioni raccolte postume dagli amici in “Resistenza e resa”. Dopo la fine della guerra Franziska ha subito angherie, diffidenze, ingiustizie e incomprensioni. La memoria del sacrificio di Franz è stata volutamente occultata sia dalla comunità civile che da quella ecclesiale: troppo difficile fare i conti con la sua testimonianza. Il merito dell’autore Francesco Comina è anche quello di sintetizzare l’excursus di questa vicenda fino al 2007. Jagerstatter è conosciuto dapprima in America: suscita l’interesse dei leader e dei movimenti culturali e sociali che si oppongono alla guerra in Vietnam, al razzismo e lanciano le sfide del tempo come il disarmo nucleare, la lotta alla povertà, l’utopia della pace e della nonviolenza. Per Thomas Merton, Jagerstatter è icona del Concilio Vaticano II che afferma il primato della coscienza, l’irrazionalità della guerra nucleare, l’esigenza della pace nei confronti della presunta legittimità dei conflitti armati. Ha anticipato il pensiero di don Lorenzo Milani che nella “Lettera ai giudici” afferma: “A dar retta ai teorici dell’obbedienza e a certi tribunali tedeschi, dell’assassinio di sei milioni di ebrei risponderà solo Hitler…..(Bisogna avere) il coraggio di dire ai giovani che essi sono tutti sovrani, per cui l’obbedienza non è ormai più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni…che bisogna che si sentano ognuno l’unico responsabile di tutto”. Nel 2019 il celebre regista statunitense Terrence Malick ha dedicato a Jagerstatter il film “ La vita nascosta”, entrando nei turbamenti di coscienza di Franz che lo tengono sveglio mentre gli altri dormono e nella solitudine che Franziska ha condiviso con suo marito. Perché presentare questa storia di Giusto?

Per dire a noi stessi e ai ragazzi che incontriamo che “Giustizia, lealtà, sincerità, amicizia, amore sono tutti concetti relazionali”(Vito Mancuso) perché costruiamo la nostra coscienza sulla base di un sentimento di bellezza per questi valori, da condividere con gli altri.  Solo pochissimi, come Jagerstatter, sanno arricchire se stessi anche in solitudine ma questi valori “relazionali” hanno bisogno di noi, del nostro agire, del prendere posizione oggi, di fronte alle necessità del nostro tempo. E noi abbiamo bisogno di loro, dei giusti, per non distogliere lo sguardo dalla storia presente, per ascoltare le voci che non si conformano al comune sentire, per amare la verità anche quando è bruciante. Ricordare i giusti non solo per un dovere di gratitudine e perché sono esemplari per l’umanità, ma per rammentarci che dobbiamo sostenere i Giusti di oggi nelle loro scelte per il bene. A chi dedica la vita per salvare i migranti, per difendere diritti, per combattere le ingiustizie, per prevenire i genocidi, dobbiamo far sapere che ci siamo anche noi con le nostre piccole azioni, facendo sentire la nostra vicinanza pubblicamente, appoggiando in modo chiaro la loro causa.“Vuoi una società migliore? Migliora te stesso. Vuoi una società più giusta? Migliora te stesso. Vuoi una società più sicura? Vinci la paura e la rabbia che covano dentro di te… Perché quindi devo fare il bene? Per guarire. E come guarisco? Facendo il bene” (Vito Mancuso, La forza di essere migliori). Danzando in un circolo virtuoso di responsabilità personale e condivisione sociale. 

Bibliografia essenziale:

  • Franz Jagerstatter, Scrivo con le mani legate. Lettere dal carcere e altri scritti dell’obiettore contadino che si oppose ad Adolf Hitler, Editri Berti, Piacenza 2005
  • Gordon Zahn, Il testimone solitario. Vita e morte di Franz Jagerstatter, Gribaudi ,Torino 1968
  • Erna Putz, Franz Jagmrstatter. Un contadino contro Hitler, Editrice Berti, Piacenza 2000
  • Giampiero Girardi , Franz Jagmrstatter. Il contadino contro Hitler, Editrice Berti, Piacenza 2007)

Arianna Tegani, Commissione educazione Gariwo

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