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Vita? o Teatro?

di Charlotte Salomon Castelvecchi

«È tutta la mia vita», così confessa Charlotte al suo medico francese affidandogli centinaia di tempere e di fogli manoscritti. Alcune settimane dopo, incinta di cinque mesi, viene deportata e poi subito uccisa ad Auschwitz, il 10 ottobre del 1943. Concepito in una situazione di solitudine estrema, Vita? oTeatro? è il frutto di mesi di incessante lavoro di una giovane donna fuggita dalla Germania nazista che aveva voluto con quest’opera costruirsi un baluardo contro il caos del mondo. Oggi resta un monumento artistico e letterario, quasi un’opera d’arte totale di una forza sconvolgente, un capolavoro senza precedenti, che viene pubblicato per la prima volta in italiano nella sua forma integrale.

Charlotte Salomon (Berlino, 16 aprile, 1917 – Auschwitz, 10 ottobre 1943) fu l’ultima studentessa ebrea di Belle Arti a Berlino. Alla fine del 1938, in seguito alla Notte dei Cristalli e a una breve detenzione del padre, la famiglia le fa lasciare la Germania, divenuta troppo pericolosa. In dicembre, Charlotte raggiunge i nonni materni, rifugiati da diversi anni a Villefranche sur Mer, nella regione di Nizza.

Il 20 marzo 1940, sconvolta dallo scoppio delle ostilità e in preda al panico per la violenza nazista dilagante in Europa, la nonna di Charlotte si uccide buttandosi dalla finestra davanti agli occhi della nipote. Poco tempo prima, il nonno le aveva rivelato un terribile segreto di famiglia: Charlotte era l’ultima di una linea materna le cui donne, da tre generazioni, si erano tutte suicidate. Apprende così che sua madre, che credeva fosse morta di influenza nel 1926, si era in realtà gettata nel vuoto, e scopre anche di portare il nome di una zia morta annegata, prima della sua nascita, nel 1913.

Isolata in un Paese di cui non parla la lingua, e con unico parente un anziano nonno amareggiato che la rifiuta, Charlotte deve affrontare la doppia minaccia della furia nazista e di una maledizione familiare che paiono spingerla, entrambe, verso un destino di morte. In questa tragica situazione, Charlotte risponde mettendo in scena la propria vicenda personale e familiare, dipingendo e componendo testi letterari intrisi di riferimenti musicali, riuscendo così a percorrere una sua originalissima strada. In meno di due anni, dal 1940 al 1942, dipinge più di mille tempere. Ne conserverà 781 che formeranno, insieme ai fogli di carta da lucido su cui contemporaneamente scrive, il romanzo della sua vita, il suo capolavoro: Vita? o Teatro?

L’opera è realizzata esclusivamente con i tre colori primari che danno vita a splendide pitture in cui cogliamo gli echi dei maggiori artisti vissuti tra Ottocento e primi Novecento (Dufy, Chagall, Gauguin, Modigliani, Kirchner, Dix e molti altri), su cui Charlotte trascrive storia, dialoghi e annotazioni musicali. L’insieme si legge come una graphic novel ante litteram sostenuta da una forte vena poetica e punteggiata da un’ironia che talvolta sconfina nel sarcasmo, una mistura sorprendente di tragedia e commedia a cui Charlotte dà un sottotitolo musicale: ein Singspiel. Le persone che le sono state vicine – e il cui nome, spesso grottescamente, camuffa – diventano i personaggi di una singolare commedia umana. Il lettore segue il percorso sconvolgente di una donna che, consapevole dei pericoli che incombono sulla sua vita, si interroga sul significato dell’esistenza e la propria vocazione artistica.

Alla fine del settembre 1943, Charlotte e il suo compagno Alexander Nagler vengono denunciati e poi deportati ad Auschwitz il 7 ottobre. Incinta di cinque mesi, Charlotte viene assassinata tre giorni dopo l’arrivo. Le tempere e i fogli di carta da lucido di Vita? o Teatro? sono miracolosamente messi in salvo dal suo medico e poi da Ottilie Moore, l’amica americana che l’aveva protetta durante il soggiorno in Francia. L’opera viene poi consegnata nel 1947 al padre, Albert Salomon, e alla sua seconda moglie, Paula Salomon-Lindberg che, scampati per un soffio alla deportazione, vivevano in Olanda. Consapevoli dell’importanza di questi dipinti, nel 1971 Albert e Paula decidono di affidarli al Jewish Historical Museum di Amsterdam. È a questo museo che dobbiamo, da allora, la conservazione di un’opera che sfugge a ogni classificazione, collocandosi in modo singolare al crocevia di pittura, letteratura, musica e testimonianza storica.

L'edizione Castelvecchi è la prima italiana a pubblicare integralmente Vita? o Teatro?, riproducendo anche l’importantissima lettera finale. Nella postfazione, due testimonianze fanno luce sull’artista e la sua opera. 

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