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Condividere e apprendere la memoria

convegno a Potsdam

Tra il 6 e il 10 maggio si è svolta a Potsdam una conferenza dal titolo Sharing and learning remembrance – Memory culture(s) in the 21st century organizzata dalla onlus tedesca Mostar Friedensprojekt. Gariwo ha inviato Carolina Figini della Redazione e il prof. Salvatore Pennisi della Commissione educazione.

Salvatore Pennisi, nel gruppo di lavoro sull'educazione alla Memoria, ha scritto: "Al Convegno sono stati invitati rappresentanti di istituzioni paragovernative, associazioni non governative, istituti storici, rappresentanti di musei e di memoriali relativi al periodo della Shoa, associazioni private che lavorano sul tema della pace e della cooperazione. Lo sforzo degli organizzatori – l’Associazione Mostar Friedensprojekt – sponsorizzata dalla EACEA e dal Europe for Citizens’ Programme, ha puntato in modo commendevole a promuovere l’incontro e la conoscenza reciproca delle esperienze più significative relative al tema della memoria degli eventi cruciali relativi alla seconda guerra mondiale e più specificamente della Shoah e del modo in cui questa memoria viene tenuta viva in tutte le nazioni dell’Unione Europea".

Carolina Figini, inserita nel workshop su Innovazione e nuovi media, oltre ad analizzare le esperienze dei siti Web europei che si occupano di Memoria ha raccolto alcune testimonianze interessanti dal punto di vista dello studio dei Giusti: "Kamile, che lavora al Museo statale ebraico di Vilnius che ha anche un Centro per la tolleranza, ha un nonno per il quale è in corso la procedura di riconoscimento della sua qualità di “Giusto”. Il suo antenato, imprenditore, con estrema difficoltà dovuta anche all’entità del fenomeno del collaborazionismo nei Paesi baltici, salvò alcuni dipendenti ebrei dai nazisti. Dopo la guerra un’altra dipendente, sempre ebrea, fu da lui licenziata perché non aveva voglia di lavorare e per ripicca andò dai sovietici a denunciarlo come “capitalista”. Lui trascorse dieci anni in un gulag siberiano! Secondo me figure come questa sono da approfondire perché permettono di far luce sull’essenza del totalitarismo. Lo stesso nonno di Kamile probabilmente se ne rendeva conto, perché diceva: “Ho aiutato degli esseri umani, sono stato tradito da un essere umano” rifiutandosi di distinguere gli ebrei dagli altri anche quando, invece della vittima bisognosa di ogni assistenza, si è trovato di fronte a una persona ebrea che era fannullona sul lavoro e proclive alla delazione. Kamile di recente è stata coinvolta nell’organizzazione di una mostra sui salvatori di bambini ebrei durante la Shoah. Ci ha raccontato che per l’occasione la sala del museo dove lavora è stata dotata di un allestimento “labirintico” per ricavare più spazio e al contempo illustrare l’estrema complessità del tema trattato. I Giusti erano mostrati su pannelli luminosi a simboleggiare la luce nelle tenebre che rappresentarono e i bambini salvati su pannelli di legno, un materiale vivo".

12 maggio 2011

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