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Il Campo della Pace di Sant’Anna di Stazzema

di Simone Zoppellaro

monumento in memoria delle vittime dell'eccidio del 12 agosto 1944

monumento in memoria delle vittime dell'eccidio del 12 agosto 1944

Da Stoccarda – «Siamo venuti a Sant’Anna di Stazzema con il cuore pieno di vergogna e ci hanno accolti a braccia aperte». A raccontarlo è Petra Quintini, tedesca con un cognome italiano, ereditato dal marito. La incontro all’Hotel Silber – ex sede della Gestapo di Stoccarda trasformata di recente in museo della memoria da un’iniziativa popolare – per un evento dedicato proprio a Sant’Anna. Era il 2012, racconta la Quintini, la data di quel viaggio, avvenuto subito dopo che la procura di Stoccarda, nella persona di Bernhard Häußler, aveva di deciso di archiviare il caso: estradizione rifiutata, nonostante la condanna in contumacia arrivata a La Spezia nel 2005 per i dieci membri delle SS responsabili del massacro di civili, di cui quest’anno ricorrono i 75 anni. «Uno scandalo della giustizia», spiega Eberhard Frasch, fondatore dell’AnStifter-Initiative Sant’Anna, «che ha prodotto proteste a Stoccarda e ci ha spinto ad agire».

Dopo quel primo viaggio, un gruppo di cittadini si assume la responsabilità di arrivare là dove non erano giunti la giustizia e la politica del loro Paese, di non dimenticare le colpe del passato e costruire un ponte verso Sant’Anna e l’Italia. Enio Mancini e Enrico Pieri, due dei sopravvissuti al massacro, ricevono nel 2013 il Premio della Pace di Stoccarda e vengono invitati in Germania, nel Paese che li aveva doppiamente feriti: prima con il massacro delle loro famiglie e di tutto il villaggio, e quindi con il disconoscimento di una verità giudiziaria che avrebbe potuto lenire, almeno in parte, le antiche ferite. «Uniti nel ricordo», come ha scritto in un messaggio letto al pubblico di Stoccarda il sindaco di Sant’Anna, Maurizio Verona, fra Stoccarda e il villaggio toscano nasce una collaborazione profonda, a partire dal basso, che porterà alla nascita di diversi progetti internazionali e a una relazione duratura fra i sopravvissuti e gli altri abitanti di Sant’Anna e gli attivisti tedeschi.

Uno di questi, il Campo della Pace/Friedenscamp, nato nel 2017 e giunto ormai alla terza edizione, raccoglie ogni estate a Sant’Anna giovani italiani e tedeschi. Il progetto è al centro della bella serata di presentazione bilingue (in tedesco e in italiano) a cui partecipo. Quest’anno i ragazzi erano in totale 16, fra i 17 e i 26 anni, per un’iniziativa realizzata con il supporto dello stato del Baden Württemberg e del Ministero degli Esteri tedesco. Al centro del progetto, la scoperta di una pagina dolorosa del nostro comune passato: per i giovani tedeschi, certo, ma anche per gli italiani, come spiega una ragazza italiana che ha partecipato all’ultimo Campo della Pace, ospite insieme ad altri nell’evento di Stoccarda. Un massacro che sembra in apparenza lontano, ma che nelle parole dei giovani intervenuti nella serata è stato anche un modo per interrogarsi sul nostro tempo, sui rigurgiti d’odio che investono le società europee e sul rapporto strettissimo fra responsabilità e memoria.

Nella presentazione all’Hotel Silber – apertasi e conclusa con una canzone, Mai più Sant’Anna, scritta da tre di quei ragazzi, Dominik, Julia e Dahlia – un nutrito pubblico ha ascoltato il racconto di quei giovani, preceduto dalla proiezione del film Il secondo trauma di Jürgen Weber, che ripercorre le vicende storiche e giudiziarie di questo episodio di inaudita ferocia. Toccanti anche le parole introduttive di Elke Banabak, fondatrice e direttrice del Museum Hotel Silber, partner nel progetto insieme agli AnStifter e ai Natur Freunde Jugend. Un’iniziativa, quello del Campo della Pace – racconta ancora Petra Quintini – che non vuole finire qui, e ambisce a proseguire anche il prossimo anno. Un’assunzione di responsabilità importante, per un incontro che ha toccato tanto le vite dei giovani come quelle dei sopravvissuti, come mi racconta Simonetta Puleio, docente dell’Università di Stoccarda, che è stata presente a un’edizione.

Un progetto aperto a tutti, italiani e tedeschi, e che ha molto da insegnarci. L’Europa del futuro, se avrà un giorno radici solide, non potrà che partire da qui: da una riflessione condivisa e senza sconti sul nesso fra responsabilità e memoria. E, chissà, magari proprio da questi ragazzi, che si incontrano, si conoscono e si interrogano ogni estate a Sant’Anna.

Simone Zoppellaro, giornalista

4 novembre 2019

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