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Jacques Brel: solo con l'amore si conquista la Bastiglia

di Gabriele Nissim

Jacques Brel

Jacques Brel

Cara Andrée,

Sono felice di aprire con te questa serata che hai voluto dedicare alla rinascita di Milano, proprio il 14 luglio, una giornata storica che ha segnato l’inizio di una nuova epoca non solo per la Francia ma per il suo significato di libertà e di emancipazione nel mondo.
Liberté, fraternité, egalité sono oggi i valori fondanti della civiltà occidentale e sono concetti che in ogni epoca si arricchiscono di nuovi significati.

Vorrei però per certi versi andare controcorrente e ricordare una bellissima canzone di Jacques Brel (La Bastille) che, rivolgendosi ad un suo amico, esortava a pensare che prendere la Bastiglia non serve assolutamente a niente, se non si costruisce un mondo di amore tra gli esseri umani.

Cantava Brel: “Mio amico che credi che tutto debba cambiare, che credi di avere il diritto di uccidere i borghesi, che credi che dobbiamo scendere per le strade per salire al potere, che credi che nel sogno della grande notte si possano appendere i nemici, vorrei dirti che nessun sogno, anche il più sincero merita la guerra. Abbiamo distrutto la Bastiglia e ciò non ha cambiato niente. Abbiamo distrutto la Bastiglia, quando dovevamo amarci… Amico mio credo che tutto possa essere ottenuto lo stesso, senza urla, senza terrore, senza insultare il borghese. Il futuro dipende veramente dai rivoluzionari e si fa delle beffe dei piccoli rivoltosi. Il futuro non si costruisce con il sangue, con il fuoco, con la guerra…”

Il futuro è possibile veramente se si costruisce con l’amore.
È questo il manifesto della “rivoluzione francese” di Jacques Brel che probabilmente cercava di dare una sua interpretazione al concetto di fraternità.
Voleva spingere gli uomini a ripudiare la violenza e a ricercare sempre l’empatia e la solidarietà per il comune e incerto destino nel mondo che accomuna tutti.

Ho ripreso questa canzone di così grande attualità perché improvvisamente in questi mesi tutti ci siamo accorti che la pandemia ci ha gettato in un mondo nuovo da ricostruire. È forse la nuova presa della Bastiglia che ci attende.
Abbiamo tutti capito che ci troviamo davanti ad un nuovo inizio che potrebbe cambiare in meglio o in peggio il futuro non solo della nostra città, ma dell’intera umanità.
Abbiamo sperimentato la nostra fragilità e abbiamo avuto paura della morte; abbiamo capito che la salute di chi ci stava vicino dipendeva da noi; abbiamo compreso in modo inaspettato che ognuno di noi ha sempre bisogno dell’altro e che un gesto d’amore è quello che fa la differenza.
Ci siamo sentiti tutti molto più umani del solito e abbiamo scoperto che non eravamo più abituati a porci delle domande fondamentali sul senso della vita.

Forse, se saremo capaci di ascoltare quella voce interiore dell’amore di cui parla Jacques Brel, potremo immaginare per il futuro prossimo una rivoluzione morale dagli effetti sorprendenti.

Potremo essere più disponibili a mettere in discussione le nostre idee e a superare i nostri pregiudizi; potremo finalmente ritrovare il gusto del dialogo e dell’ascolto dell’altro nei social e nel dibattito pubblico; non tollereremo più chi sparge odio, disprezza il prossimo e ogni giorno cerca un nuovo nemico.

Saremo più portati a vedere la ricostruzione della nostra economia con un nuovo spirito di solidarietà. Capiremo l’inconsistenza e la stupidità di chi si ostina a ricercare la contrapposizione tra le nazioni e considera la collaborazione in Europa e nel mondo un ostacolo alla propria identità.

Dire “io o il mio Paese prima degli altri”, come suggerisce il cattivo maestro Donald Trump, o affermare la superiorità di una etnia o di una religione, sono oggi discorsi ridicoli dopo che la pandemia ci ha fatto comprendere come tutti in ogni parte del globo abbiamo vissuto lo stesso destino.

Mai come oggi tutti abbiamo avuto le stesse paure, indipendentemente da colore della nostra pelle, dal nostro credo, da luogo di nascita.
Abbiamo scoperto l’uguaglianza e la somiglianza di ogni individuo. Non possiamo più tollerare chi invece ci vuole raccontare la differenza tra gli esseri umani e ci spinge a costruire muri e a immaginare isole separate dove ci si debba proteggere dalla contaminazione del mondo.

A Milano abbiamo creato un luogo di pace che in questi ultimi venti anni ha raccolto le storie degli uomini migliori che hanno avuto la forza di aiutare gli altri nelle situazioni più difficili, nei genocidi, nelle guerre e nei totalitarismi.
È il Giardino dei Giusti di tutto il mondo sul Monte Stella.
Da questo spazio sulla montagnetta vogliamo dare un contributo alla città: faremo conoscere non solo i Giusti di ieri, ma le persone migliori di oggi che si stanno prendendo sulle spalle il peso del nostro futuro. Per superare le difficoltà di oggi abbiamo bisogno di valorizzare gli uomini che possono diventare la nuova élite morale dell’umanità.

Come aveva intuito Jacques Brel, se si farà strada il loro messaggio d’amore, avremmo veramente conquistato la Bastiglia senza spargimento di sangue.
La posta in gioco è molto alta. Potrebbero vincere i mostri che ci indicano la strada sbagliata come è successo in molte crisi nei secoli scorsi.

Oppure vincerà la speranza che Andrée Shammah vuole lanciare oggi dal suo teatro, insieme a tutti noi.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

14 luglio 2020

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