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La lezione di Mattarella all'Italia e all'Europa

di Gabriele Nissim

Liliana Segre al Memoriale della Shoah di Milano

Liliana Segre al Memoriale della Shoah di Milano

Il gesto politico più importante, a ottanta anni dalle leggi razziali in Italia, è stato fatto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con la nomina di Liliana Segre a senatrice a vita. È un riconoscimento che non solo ha grande valore per il nostro Paese, ma è un esempio per tutta l’Europa.
Con questo gesto ha voluto sottolineare che non ci possono essere argomentazioni di sorta che giustifichino le responsabilità del fascismo per quelle leggi e per la scelta di Mussolini di portare il nostro Paese a combattere al fianco della Germania di Hitler.
Mattarella ha voluto, nelle istituzioni, la voce di una sopravvissuta ad Auschwitz che ricordasse le responsabilità degli italiani che, per convinzione o per indifferenza, si adeguarono all’ideologia antisemita e furono parte attiva di quell’ingranaggio che portò alla persecuzione degli ebrei.
Il Presidente, facendo sua la lezione di Jürgen Habermas in Germania, ha voluto così indicare ai giovani che la memoria delle responsabilità di una nazione per i crimini del passato rappresenta non una colpevolizzazione negativa, ma l’indice di una maturità politica.

Ricordare gli orrori di ieri non è mai un handicap per il senso di appartenenza ad una nazione, ma anzi è il modo migliore per salvaguardare l’identità di un Paese.
Si mostra così alle nuove generazioni che l’identità nazionale è sempre una scelta che dipende dai comportamenti di ogni cittadino. Nel corso della storia, quindi, di fronte a qualunque episodio, ogni cittadino può rappresentare l’ago della bilancia. È stato così nel passato fascista, quando si poteva scegliere se aiutare gli ebrei o essere dalla parte dei delatori, sarà così in futuro davanti ad ogni nuova sirena razzista e antisemita.

C’è chi invece teme che la riproposizione di una memoria negativa possa affievolire il senso di una appartenenza nazionale e che, subito dopo la Giornata della Memoria ha voluto ricordare le cose buone del fascismo, come l’Enciclopedia italiana di Giovanni Gentile - aperta a collaboratori italiani non fascisti -, la bonifica delle Paludi Pontine, la nascita delle pensioni, la costruzione delle colonie per le vacanze dei ragazzi.
Questa ricerca delle cose buone sarebbe l’antidoto per non incrinare la nostra identità nazionale e per affermare una continuità positiva con un passato, indipendentemente dai misfatti più orribili.

La salvaguardia a tutti costi dell’innocenza nazionale è un meccanismo che si presenta in modo particolare nei Paesi dell’Europa centro orientale, fino all’89 sotto dominazione comunista.
Il caso più clamoroso è oggi la Polonia, dove il parlamento ha votato una legge che proibisce di usare l’espressione “campi di sterminio polacchi” e di parlare di responsabilità dei polacchi durante il genocidio nazista.
Gli estensori di questa legge si sono giustificati, ricordando che la Polonia è stata occupata dai nazisti e al pari degli ebrei ha pagato un prezzo pesante per tale occupazione. È noto che i campi di sterminio sono stati costruiti dai tedeschi e che la Polonia, a differenza della Francia di Vichy, ha resistito all’aggressione nazista, non accettando mai la nascita di un governo collaborazionista. Tutto vero: la nazione polacca è stata una grande vittima del nazismo e si è ribellata nella sfortunata insurrezione di Varsavia, mentre l’Armata Rossa è rimasta a guardare, per poi prendere in mano il Paese dopo la decapitazione dei resistenti polacchi. Spesso sui polacchi sono stati costruiti degli stereotipi, e spesso molti ebrei li hanno paragonati a nazisti per il loro antisemitismo, creando così delle distorsioni storiche.
Ma lo scopo di questa legge non è quello di cercare un riequilibrio di una memoria storica, ma di punire chi ricorda pubblicamente i delatori polacchi che denunciarono gli ebrei ai nazisti e che rimasero indifferenti.

Perché questa volontà politica, quando tutte le storture si potrebbero risolvere nel dibattito storiografico, senza la necessità di una legge punitiva?
Il motivo è molto semplice: si vogliono scaricare sui tedeschi e sui nazisti le responsabilità dell’antisemitismo, per preservare l’innocenza politica della nazione polacca.
In questo modo viene meno un meccanismo di purificazione della storia polacca.
Così ai giovani non si spiega che accanto alle migliaia di Giusti polacchi ci furono migliaia di indifferenti che non mossero un dito per gli ebrei, non perché fossero fautori della soluzione finale, ma perché consideravano gli ebrei nemici della nazione e filorussi.

Mattarella non solo ha dato una lezione agli italiani, ma agli stessi governanti polacchi. Parlare senza rimozione delle responsabilità significa mostrare la maturità di una nazione e indicare il valore di una scelta.
È un grande messaggio morale per tutta l’Europa attraversata dal ritorno ai nazionalismi e ai populismi.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

29 gennaio 2018

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