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La storia dei bambini di Windermere

dai campi nazisti al “Lake District”

Alcuni dei bambini di Windermere fotografati prima di partire per il Regno Unito nel 1945

Alcuni dei bambini di Windermere fotografati prima di partire per il Regno Unito nel 1945

Pubblichiamo di seguito la storia di Arek Hersh e dei bambini di Windermere, sopravvissuti all'Olocausto, tratta dall'articolo di Tim Lewis sul Guardian.

La mattina del 14 agosto 1945, verso la fine della Seconda guerra mondiale, centinaia di bambini liberati dai campi di concentramento, tra cui l’allora sedicenne Arek Hersh, furono trasportati in una piccola città del Lake District, nel Regno Unito, per iniziare una nuova vita. Si imbarcarono su una squadriglia di 10 bombardieri Stirling convertiti e decollarono da Praga. Erano organizzati in gruppi di 30 per ogni aereo, con 15 seduti per terra da ogni lato. Hersh se lo ricorda vividamente: "Ci hanno tagliato del pane". Pensavamo fosse una torta. Ce ne hanno dato un pezzo a testa ed è stato fantastico", dice. Circa otto ore dopo, sono atterrati alla RAF Crosby-on-Eden, vicino a Carlisle.

Facevano parte di un programma di riabilitazione, in cui ragazzi e ragazze senza famiglia provenienti dai campi di lavoro e di concentramento dell'Europa orientale vennero affidati a nuove famiglie per ricominciare da capo. La loro storia è stata oggetto di una rielaborazione ad opera dello sceneggiatore Simon Block, e ne è nato il film BBC The Windermere Children. Windermere è una storia di rifugiati e bambini rifugiati, che, come sostiene lo stesso Block, ci fa riflettere sulla condizione dei bambini nelle migrazioni odierne.

Prima della guerra, Hersh viveva - con i suoi genitori, un fratello e tre sorelle  - in una città della Polonia occidentale. Durante l'invasione dei tedeschi, il padre e il fratello riuscirono a fuggire. I nazisti tornarono quindi per lui, che fu inizialmente trasportato in un campo di lavoro vicino Poznań, dove una delle sue responsabilità era quella di pulire la stanza del comandante del campo, che ogni giorno gli lasciava un pezzo di pane sulla scrivania. Non era molto, ma Hersh crede che questo gli abbia salvato la vita. Nel giro di 18 mesi, dei 2.500 uomini che erano con lui nel campo ne rimasero vivi solo 11. "E io ero uno di loro. Molto, molto fortunato", afferma. La parola "fortuna" è molto ricorrente nel suo racconto. Quando fu deportato ad Auschwitz nel 1944, dichiarò all'ufficiale delle SS di avere 17 anni ed essere un fabbro, per apparire utile ai nazisti e scampare al massacro, che subirono purtroppo gli altri 180 bambini che erano con lui. Nei primi mesi del 1945 fu poi trasportato, prima - a piedi, nel freddo pungente - nel campo di Buchenwald in Germania e, infine, nel campo di concentramento di Theresienstadt in Cecoslovacchia, su quello che lui chiama "il treno della dannazione”, in cui rimasero per un mese su carri aperti e senza cibo. Ed è proprio lì che si trovava, aspettandosi da un momento all'altro di essere ucciso, quando il campo fu liberato dall'esercito russo l'8 maggio 1945.

Trasferito a Praga, fu selezionato per il “Comitato per la cura dei bambini dei campi di concentramento”, istituito dal filantropo britannico Leonard Montefiore, figura di spicco dell'Associazione anglo-ebraica. Proprio quest'ultimo convinse il governo britannico ad accogliere 1.000 bambini sfollati dagli 8 ai 16 anni, a condizione che i fondi fossero reperiti dalla comunità ebraica. Alla fine riuscì a far arrivare ed aiutare 650 ragazzi e 80 ragazze.

Dopo l'atterraggio a Crosby-on-Eden, Hersh e gli altri bambini furono stati condotti alla tenuta di Calgarth nel villaggio di Troutbeck Bridge. Erano previsti alloggi in dormitorio e camere singole per i ragazzi più grandi, come Hersh.
Inizialmente le priorità per i bambini erano procurarsi i vestiti - che vennero mandati dalla Croce Rossa e dalle famiglie locali - e avere informazioni sulle loro famiglie. Per la maggior parte di loro, non furono positive: Hersh scoprì che sua madre era stata uccisa col gas e gettata in una fossa comune nel campo di sterminio di Chelmno, mentre degli altri suoi parenti più stretti, solo la sorella maggiore era riuscita a sopravvivere, fuggendo in Unione Sovietica. Un momento molto toccante nel film The Windermere Children, è quello in cui uno dei ragazzi si riunisce finalmente col fratello che non vedeva da tempo e credeva morto.

A Windermere i bambini furono seguiti da un' équipe di terapeuti ed educatori, ma attuare una terapia non era facile. Molti di loro ebbero incubi per decine di anni, ed erano solo desiderosi di andare avanti con la loro vita. Hersh, oggi 91 enne, per mezzo secolo non ha parlato della sua esperienza dell’Olocausto con nessuno, neanche con le figlie o la moglie Jean. Solo nel 1995 ha deciso di raccontare tutto, nel libro A Detail of History. Tuttavia essere riuniti in un unico luogo dove potessero stare con altre persone che avevano vissuto la stessa esperienza, e parlarne tra di loro, fu molto utile ai bambini.

Il programma della tenuta di Calgarth era stato concepito come un programma temporaneo, della durata di quattro mesi. I bambini più piccoli sarebbero stati affidati a famiglie adottive, mentre i più grandi avrebbero vissuto in ostelli e si sarebbero preparati per il lavoro. Hersh si trasferì prima a Liverpool, poi a Manchester, e infine a Leeds.

Attualmente Hersh si occupa di istruzione nelle scuole e nelle università. Inoltre attraverso la “Marcia dei Vivi”, ogni anno organizza una visita tra i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau

Nel 2009 è stato premiato con un MBE. "Quando sono tornato per la prima volta ad Auschwitz, è stato terribile per me”. Non riuscivo a varcare il cancello. Ma dopo tre tentativi sono riuscito a passare e da allora ci sono andato come guida con molti bambini e giovani”. È importante, dice Hersh, che non si dimentichi quanto accaduto, e che i giovani di oggi sappiano che ciò che è successo a lui potrebbe capitare di nuovo, a chiunque e in qualsiasi momento. Per questo motivo, nonostante queste visite non siano ancora facili per lui, cerca di fare il possibile affinchè si mantenga viva la memoria

20 gennaio 2020

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