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Gariwo Magazine

Le parole e il gesto

di Anna Maria Samuelli

“Parole malate” si aggirano per l’Europa, ricordava Gabriele Nissim al Memoriale della Shoah nella serata di apertura straordinaria che ha chiamato a raccolta associazioni e persone di buona volontà, per esprimere partecipazione e vicinanza alla Comunità ebraica dopo il feroce attentato di Bruxelles. Parole malate, sintomo che qualcosa di nuovo sta accadendo in Europa. Il rumore del male è assordante e dovrebbe scuotere anche gli indifferenti. Si urla, persino si canta lanciando invettive, indicando i responsabili dei mali presenti e insieme la cura,il nuovo “messianismo politico”di chi ha la presunzione di impadronirsi del Bene e del Male; poi arriva il rumore terribile del kalashnikov.

Quando nella nostra quotidianità vengono messe in circolazione “parole malate” e atti delittuosi, si capisce che si sta perdendo la memoria del male estremo. Allora è necessario reagire. Lo ha fatto papa Francesco, in Israele. Al Memoriale della Shoah si è lasciato interrogare in profondità dal male. La sua pena, il suo dolore, sono diventati l’interrogativo cruciale: “Dove sei, uomo? Dove sei finito?… Di quale orrore sei stato capace?”…E ancora più alto è risuonato l’interrogativo: “Adamo dove sei? La voce si perde in un abisso senza fondo…Dacci la grazia di vergognarci di ciò che come uomini siamo stati capaci di fare”…
Papa Francesco rende visibile, nel gesto e nelle parole, la sofferenza dell’umanità, perché si è calato sino in fondo nella sofferenza delle persone, di uomini e donne concreti.
In certi momenti della storia il male è talmente grande che le uniche parole sono quelle delle Scritture, le narrazioni di Dio che pur conoscendo il rischio della libertà, instaura la relazione con l’uomo e apre lo spazio alla comprensione, al senso. “Salvaci dalle mostruosità”, invoca papa Francesco. Ma la sua voce non basta.

Dobbiamo aggiungere la nostra voce, indignandoci e provando vergogna, ad esempio, per quello che è accaduto in India, o più recentemente, in Nigeria. Mettiamoci dalla parte di quel padre straziato, sotto l’albero di mango. Quelle lacrime, quel volto devastato dal dolore,non chiede forse dei gesti forti da parte di tutti noi,da parte delle Associazioni Umanitarie, da parte dell’Europa, da parte dell’ONU? Perché non è stata convocata una seduta straordinaria del Parlamento europeo? Perché non è stata convocata una seduta straordinaria dell’ONU? Perché non far sentire a quel padre la nostra vicinanza, la condivisione dello strazio, la disponibilità a sopportare insieme a lui il fardello dell’orrore? Rimozioni e negazioni del male passato e presente, pesano sulla coscienza di noi singoli oltre che delle nazioni, ce lo insegna la storia: “dopo” è troppo tardi.

Lo sa papa Francesco, che raduna nel silenzio dei giardini vaticani gli uomini di buona volontà, di diverse culture, patrie, religioni, fiducioso che si possano compiere insieme i primi passi di un cammino di pace per il Medio Oriente. Quel gesto di preghiera comune, quei volti segnati dal tempo e dall’emozione, ma illuminati dalla parola “fratello”pronunciata dal papa, quella terra deposta alle radici dell’olivo, ci dicono che si può agire per vincere l’indifferenza e la paura, per aprire vie di dialogo spezzando la spirale dell’odio.

Possiamo essere portatori di un’etica della convinzione, ma dobbiamo soprattutto agire secondo l’etica della responsabilità. Che cosa possiamo fare noi? Aggrappiamoci con ostinata perseveranza ai segnali di bene, là dove si manifestano. Leggiamoli come segnali di bene anche se, come nel caso delle condoglianze del primo ministro turco Recep Erdogan agli armeni o del riconoscimento della Shoah da parte del presidente palestinese Abu Mazen, possono coprire ragioni strumentali e ambiguità. Sta a noi farle nostre, riproporle e diffonderle cariche della nostra fiducia nel dialogo, della nostra speranza che qualche cosa possa cambiare. Sosteniamo quella minoranza di armeni e di turchi che hanno lanciato un appello comune: “Noi facciamo un sogno, insieme”, che si risanino le piaghe della memoria, che si inauguri un’epoca di pace, di dialogo, di condivisione spirituale di un patrimonio comune di cultura e storia; sosteniamo il sogno di Piero Kuciukian che ricercando i Giusti ottomani immagina una Turchia orgogliosa di chi ha disobbedito, di chi  non si è schierato dalla parte dei carnefici  e sogna le strade e le piazze della Turchia dedicate ai giusti per gli armeni, piuttosto che ai persecutori.

Il 5 giugno è stato inaugurato il primo Giardino dei Giusti a Varsavia, in Polonia, un Paese che ha conosciuto ben due totalitarismi - nazista e comunista - e dove il raccordo tra le memorie è un percorso a ostacoli. Sono segnali che rafforzano la nostra fiducia che qualche cosa si può fare, che si possono indicare le vie da percorrere insieme, con coraggio e determinazione, così come ha fatto Gabriele Nissim per la Giornata Europea in memoria dei Giusti e ora con il Giardino di Varsavia.

Non posso non ricordare, all’indomani della chiusura dell’anno scolastico, il volto degli studenti, piccoli e grandi, che si sono avvicendati nelle visite guidate al Giardino dei Giusti del Monte Stella. Venivano anche da fuori Milano, accompagnati dai loro insegnanti che hanno raccolto la proposta di Gariwo “Adotta un Giusto”. Volti carichi di curiosità, di voglia di sapere, di narrare e ascoltare storie, storie di vite coraggiose, di giusti, salvatori, testimoni di verità, resistenti morali che si meritano un cippo e un albero, che sono lì a testimoniare con il loro esempio che si può dire no al male. Una domanda ritornava insistentemente: “dove hanno trovato il coraggio?”

Abbiamo avviato su Gariwo, nella rubrica Agorà degli insegnanti, la riflessione sul coraggio, prima voce di un dizionario ideale di giusti. Abbiamo esempi su cui poter contare; si tratta di farli vivere e farne dono alle nuove generazioni, perché si crei in loro quella forza interiore che sostiene le scelte nei momenti cruciali della storia, ma soprattutto nei piccoli atti della vita quotidiana. E lungo questa strada possono nascere le grandi idee.

Annamaria Samuelli

Analisi di Annamaria Samuelli, Responsabile Commissione educazione e cofondatrice di Gariwo

10 giugno 2014

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