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"Questi libri pieni d'odio? Ripubblichiamoli."

una riflessione tra censura e critica ai testi base del razzismo più violento

Il 14 gennaio 2018 è apparso sul quotidiano israeliano Haaretz un articolo di Padraig Reid - giornalista, direttore della rivista "Little Atoms" con sede a Londra, e attivista per la libertà di pensiero - sulla scelta di non pubblicare in Francia alcuni scritti razzisti dello scrittore Louis-Ferdinand Céline. Reid compara questi pamphlet al Mein Kampf di Hitler e ai Turners Diary di William Luther Pierce, esponendo alcune ragioni favorevoli alla loro pubblicazione critica, con note e commenti, più che alla loro censura. Ne pubblichiamo di seguito la traduzione. 

Nell’ultima settimana, una casa editrice francese ha annunciato la pubblicazione dei pamphlet di Louis-Ferdinande Céline, il defunto romanziere e antisemita, per poi fare marcia indietro.

Gallimard ha dichiarato che intendeva pubblicare i saggi di Céline carichi d’odio verso gli ebrei e filo nazisti - scritti alla fine degli anni ’30 e nei primi anni ’40, in un volume per eruditi di 1.000 pagine, con riferimenti, note e un’esposizione dettagliata del contesto in cui furono scritti.

Come spesso accade nella nostra epoca dove tutto è accelerato, le polemiche sono iniziate ancora prima che il progetto fosse portato a termine, con Gallimard sul banco degli imputati per avere incoraggiato “atteggiamenti nostalgici, rischiando di santificare l’incitazione all’omicidio", come è stato scritto nelle pagine de Nouvel Observateur. Nel frattempo, il Consiglio Rappresentativo delle Istituzioni Ebraiche di Francia - l’organizzazione che raggruppa gli ebrei francesi - ha dichiarato che i pamphlet rappresentavano “una rozza incitazione all’odio razzista e antisemita".

E lo erano senz’altro.

Mentre il suo romanzo del 1932 Viaggio al termine della notte è ancora considerato un classico - un’edizione recente ha avuto l’onore di una prefazione dell’acclamato vincitore del Booker Prize John Banville – la reputazione di Céline come romanziere è ora quasi sempre oggetto di riserve a causa della sua propaganda carica d’odio. Lo scrittore morì nel 1961, ma la sua vedova Lucette Destouches, che ancora vive all’età di 105 anni, si attenne fedelmente alle sue volontà e bloccò qualsiasi tentativo di ripubblicare i suoi infami pamphlet fino ad ora.

La Francia ha le proprie peculiari difficoltà con l’antisemitismo che infetta la sua cultura. Pur non esendo mai stati proibiti, i saggi di Céline non sono nemmeno stati ripubblicati in alcuna forma dopo gli anni ’40. Eppure la République ha fatto altri tentativi di venire a capo dell’odio contro gli ebrei, sia in campo accademico che nella cultura popolare.

La Legge Gayssot, introdotta nel 1990, ha reso la negazione della Shoah un reato, ed è stata usata contro ‘revisionisti’ come Bruno Golsch e Robert Faurisson. Tuttavia l’antisemitismo si ripresenta ogni volta, come è avvenuto recentemente con l’esplosivo ‘comico’ Dieudonné, che ha suscitato polemiche nel 2014 con il suo gesto della “quenelle”, un saluto nazista “al contrario” che era deliberatamente pensato per sfidare le leggi antinaziste della Francia.

Un Paese, questo, che non è l’unico a presentare razzisti di ieri e di oggi. Céline non è quindi il solo in Francia ad avere scritto materiale "pieno d’odio".

In Germania, il copyright sul Mein Kampf di Adolf Hitler, che era detenuto dal governo del Land bavarese, è scaduto nel 2016. Le autorità hanno risposto pubblicando una versione con commenti e note, proprio come Gallimard aveva suggerito di fare con i pamphlet di Céline, sottolineando quanto fossero, e possano tuttora essere, dannose le idee espresse dentro quei materiali. È diventato un bestseller.

Quando il bandito armato di pistola Dylann Roof è stato arrestato e indagato dopo avere aperto il fuoco sulla congregazione di una chiesa frequentata da neri nel 2015, uccidendo nove persone, si scoprì che era un fan de The Turner Diaries, famigerato romanzo degli anni Settanta che propagandava la guerra razziale e una rivolta bianca contro il sistema “controllato dagli ebrei”. Timothy McVeigh, l’autore della strage dell’Oklahoma, era anch’egli un fan di questo libro. Tuttavia, in base al rispetto del Primo Emendamento degli Stati Uniti, sembra conseguire che nessuno abbia mai fatto un serio tentativo di vietare il libro.

Di certo culture diverse hanno diversi approcci. E i sostenitori della soppressione di testi come quelli di Céline direbbero che gli USA, non avendo mai sperimentato il totalitarismo, non possono dare lezioni agli europei che invece l’hanno conosciuto.

Ma coloro che in Francia manifestavano contro la pubblicazione dei saggi di Céline da parte di Gallimard non dovrebbero essere così ansiosi di celebrare la loro apparente vittoria.

Troppo spesso la condanna delle visioni "inammissibili" può assumere la forma di un approccio “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. È facile immaginare che se non vediamo proposte razziste sui nostri scaffali, se non ne sentiamo pronunciare alla radio o in tv, esse non esistano.

Ma in un’era di accesso illimitato all’informazione, ciò è profondamente ingenuo. Mi ci è voluto un minuto per trovare online una versione gratuita del pamphlet del 1937 di Céline Bagatelles Pour Un Massacre (..."c’è sempre qualche ebreo… di qualche commissione giudaica o massonica... intento a qualche macchinazione..."). e sono sicuro che anche il razzista internettiano medio non ci metterebbe molto di più. Sicuramente è meglio avere un testo annotato, contestualizzato, piuttosto che una versione dubbia messa online da un simpatizzante incompetente.

Inoltre, una questione fondamentale si accompagna sempre ai tentativi di sopprimere o censurare le idee, indipendentemente dalla loro malvagità. Una volta che si è accettato che qualcuno decide che cosa gli adulti possono leggere o guardare nel loro tempo libero, ci rimane la questione di chi esattamente dovrebbe godere della nostra fiducia per svolgere quel ruolo.

Le società che formano il nostro mondo non hanno lottato in passato per trovare uomini (e alcune donne) decisi ad assumerlo, ma quelle dove il censore detiene il potere hanno una crescita molto stentata rispetto a quelle dove quelle idee - specialmente se stupide e cattive – possono essere discusse apertamente, contestualizzate e infine sconfitte.

Come nelle recenti elezioni presidenziali francesi, mentre Marine Le Pen cercava di minimizzare il ruolo della Francia nella retata di migliaia di ebrei al Velodromo d’Inverno a Parigi nel 1942, il Paese ha mostrato di non avere ancora affrontato adeguatamente i demoni dell’epoca di Vichy.

Ed è improbabile che la Francia lo faccia presto, se insiste sul fatto che il miglior modo di trattare gli scritti razzisti di uno dei suoi maggiori scrittori non è di studiarli, ma di dichiararli fuori discussione.

18 gennaio 2018

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