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Una Casa della Memoria per i Combattenti del Ghetto

il kibbutz di Lohamei Hagetaot

Le cerimonie dell'aprile 2017 di YomHaShoah, la commemorazione israeliana della Shoah, si sono chiuse ufficialmente in un luogo speciale e insolito, il kibbutz di Lohamei Hagetaot. Il nome di questa istituzione significa "Casa dei Combattenti del Ghetto", e si tratta del primo museo dedicato all'Olocausto, fondato nel 1949, ancora prima di Yad Vashem. 

Tra i primi 150 fondatori figurano diverse donne che hanno dato un contributo decisivo nella formazione di quello che oggi non è soltanto "un modo di vivere una vita serena, a fianco della memoria", ma anche un centro culturale attivo che si adopera per l'educazione e per la pace collaborando anche con persone delle comunità arabe e druse. 

Tra queste donne coraggiose, ancora una vive oggi, si chiama Dorka Sternberg e durante la Shoah fu testimone oculare dell'uccisione di massa di 25 giovani correligionari a Chestochowa e sopravvisse per miracolo. Poi si unì ai combattenti del Ghetto di Varsavia e infine ai socialisti sionisti, e oggi, a 93 anni, racconta la storia del centro fondato per ricordare quegli eventi al New York Times

Lahomei Tagehot quest'anno ha ospitato anche il Presidente tedesco Joachim Gauck. Tradizionalmente non venivano invitati esponenti del mondo politico tedesco alle cerimonie per ricordare i combattenti del ghetto e le vittime della Shoah, per non urtare la sensibilità dei sopravvissuti. Oggi però si è pensato di accogliere Gauck, per dare un messaggio sul futuro, non sul passato o su ipotesi di perdono per molti non realistiche.

L'educazione delle future generazioni ha infatti un ruolo preponderante nella missionedi questo museo, come specifica nell'articolo anche Arye Carmon, il Presidente del Board del Museo. "Che cosa succederà tra una generazione? La nostra risposta è di indicare la Shoah come un segnale di avvertimento, contro la crescita a livello internazionale di fenomeni quali la xenofobia. le minacce alla democrazia liberale e la sfida della "verità alternativa" attivata dai social media". Carmon ha descritto Auschwitz come "il nadir di un continuo aggravarsi del male”.

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