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Le parole degli architetti

in sostegno al progetto dell'arch. Valabrega

Il Politecnico di Milano

Il Politecnico di Milano

Pubblichiamo di seguito i messaggi inviati all'arch. Stefano Valabrega a sostegno del progetto di riqualificazione del Giardino dei Giusti del Monte Stella

Caro Stefano,

sono venuto a conoscenza del contenzioso che ti riguarda circa il tuo progetto di “Giardino dei Giusti” al Monte Stella, che è avversato da una compagine di residenti sedicenti sportivi capitanati da Giancarlo Consonni e Graziella Tonon.

Mi sono documentato, ho cercato di capire, soprattutto dove fosse la cementificazione, lo stupro del Monte Stella e l'impatto lesivo alla dignità del progetto di Piero Bottoni.

Ho cercato di guardare il progetto da molteplici punti di vista e, se devo muovere una critica, lo trovo eccessivamente garbato in rapporto al tema del “Giardino dei Giusti”, che a mio avviso forse richiederebbe una maggior incisività.

Però vorrei essere chiaro: non ho trovato traccia di cementificazione e neppure di stupro del paesaggio. Mi sembra anzi, tenendo conto del fatto che è un luogo che trova il suo massimo utilizzo in occasione di eventi commemorativi che si tengono soprattutto in stagioni impervie, che le opere previste siano minimali e indispensabili per consentire a chi interviene di avere i piedi asciutti. Bottoni ne sarebbe contento, lui che ha dimostrato tanta delicatezza e sensibilità in particolare negli studi sul colore e che ad ogni occasione possibile indossava i sandali.

Per quanto riguarda la formazione dell'anfiteatro didattico, che forse potrebbe essere considerato l'elemento più invasivo, va detto che la funzione pedagogica è la funzione principe per un luogo della memoria. Inoltre mi pare opportuna una considerazione forse banale ma non per questo evidente a tutti: quando si parla di “Giusti” si usa il termine in modo sintetico e/o sincopato perché d’ufficio sono comprese altre figure: le vittime (reali o designate) e il boia. Senza il boia non esiste il giusto. D’altra parte sono convinto che il buon insegnamento sia sempre mirato a riconoscere il bene dal male in qualunque forme si presentino e non per creare proseliti attorno a idee che possono usurarsi. È banale, ma è importante spiegarlo correttamente per permettere a chi segue di operare scelte consapevoli e responsabili.

L'ultima considerazione di merito che mi viene da fare è che non vedo le ragioni profonde del contenzioso. La porzione di terreno per il “Giardino dei Giusti” è stata assegnata dal 2003. Il progetto è stato approvato dal Comune e Soprintendenza e si è assunto maggiori vincoli rispetto a quelli dovuti per la normativa vigente. Non è lesivo della proprietà né dell'interesse di alcuno, quindi non vedo perché non possa avere un seguito realizzativo in tempi brevi.

Non è più il tempo in cui si possano invocare fantomatici tribunali del popolo, dove ribaltare la normativa del diritto.

Il progetto non ha ricercato in nessun modo alcuna sorta di monumentalismo e tuttavia è di fatto un monumento alla memoria, a una memoria che deve essere trasmessa e della quale ne vanno insegnati i valori.

Edoardo Varon
Pensionato, già docente di Progettazione Architettonica e del Paesaggio alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano

Caro Stefano,

ti scrivo per rappresentarti il mio forte imbarazzo di fronte alla grande indignazione sollecitata da un articolo su Il Corriere della Sera del 13 giugno scorso, e da un appello pubblico contro il tuo progetto con il suo « abominevole rendering » per il Giardino dei Giusti sul Monte Stella di Milano.

Se non avessi visto nel tuo studio le planimetrie a scala diversa e le varie viste del rendering del tuo disegno, sarei tentato di credere che tu abbia realizzato due diversi progetti: uno giudicato fortemente impattante, e giustamente condannabile, ma che io non ho mai visto, e l'altro, invece, di tenore del tutto opposto, cioè delicato e qualificante per quella piccola area abbastanza nascosta sotto gli alberi di parco Monte Stella.

Ho visto un luogo in mezzo al verde segnato da alcune rade e basse murature rustiche da giardino a delimitazione ideale di uno spazio dedicato alla meditazione e al ricordo di un evento storico che continua a essere presente in mezzo a noi; ho visto un piccolo anfiteatro per cerimonie e rappresentazioni, come l'antica e la più recente tradizione hanno sempre fatto in mezzo alla natura, per sigillare concretamente il nostro rapporto con essa; ho visto delicate forme simboliche che dovranno essere realizzate con materiali naturali, inserite armonicamente nel contesto, non arroganti e non frutto di narcisismi autoriali…

Questo è quel che ho visto nel tuo studio. Mi sono sbagliato? Ti prego di confermarmelo subito, pe sciogliere il mio imbarazzo.

Un saluto affettuoso,

Aldo Castellano
Dipartimento di Design
Politecnico di Milano

Carissimo Stefano

Ho avuto la possibilità di vedere il tuo progetto che ritengo equilibrato in un contesto ambientale predefinito e coerente con gli obbiettivi dell’arch. Bottoni.

Il rapporto con lo spazio circostante tra volumi esistenti, alberi, differenze di quote, materiali e nuovo progetto si integrano a mio parere in modo corretto ed armonioso.

Parlare e ricordarsi dei Giusti non vuol dire mettere delle “lapidi” a memoria, ma trovare uno spazio che permetta al visitatore di essere anche in condizione di pensare, di riflettere, di parlare, di discutere di fatti importanti avvenuti per evitare di fare ulteriori errori storici.

Ti invito a continuare nella tua ricerca progettuale per perfezionare il progetto affinché venga realizzato nel modo migliore ma che ci sia sempre come obiettivo quello di salvaguardare “la memoria di Giusti”.

Da parte mia avrai sempre il massimo di sostegno

Un abbraccio

Paolo Talso
Dipartimento ABC
Politecnico di Milano

Gli Architetti hanno da sempre la pretesa di disegnare il mondo, di fare di tutto un “oggetto” di progetto, dal cucchiaio alla città. Mi trovo d'accordo su questo modo di pensare, di fare del processo creativo un atto in cui un singolo “'soggetto” intervenga e porti il suo contributo per migliorare il mondo. La questione è quindi etica; chi disegna le cose deve sapere che ha una responsabilità nei confronti delle cose stesse e di tutti gli altri, ovvero coloro che le cose le vivono, frequentano, usano e non ultimo del Tempo, che su queste cose interverrà criticamente.

Per questo, quando ho visto le tavole che definiscono misure, posizioni, trattamenti, percorsi, incastri, passaggi, prospettive del Giardino dei Giusti in Milano, mi sono chiesto se il metodo adottato dall’architetto fosse corretto. Se l'aver affrontato il tema della memoria e del ricordo, non rischiasse di essere frainteso come nostalgia e monumento. C'è chi di un ricordo costituisce una testimonianza assordante, e chi invece dello stesso ricordo riesce a fare un oggetto simbolico, colmo di senso e di contenuto, non prevaricante. L'architetto che opera in questa direzione, a mio avviso, fa veramente il suo lavoro. Perché lo fa per gli Altri e non per sé o per il suo ego. Ed è così per il progetto di Stefano Valabrega; uno spazio disegnato in armonia con l'ambito, non invasivo, discreto, quasi sotto tono, ma pregno di segni, nomi, citazioni inserite per comunicare il valore umano di chi ha aiutato altri da sé, e l'ha fatto con fratellanza, generosità e solidarietà; a rischio della propria vita.
E' un modo di disegnare in cui l'attenzione è posta su due versanti. Il primo è l'utenza e in questo caso gli abitanti del giardino, l'altro è il committente, e in questo caso sono in molti, ovvero tutti coloro che meritano di essere ricordati con il loro Nome e Cognome come esempi di rispetto per l'Uomo (quello di tutta l’umanità, senza distinzioni). C'è una terza presenza, quella che si cala nel mezzo dei due versanti: Noi.

Che, passeggiando tra gli alberi, troveremo i camminamenti, le luci, i muri, i ferri, le tracce che ci consentiranno di meditare sul passato, e di condividere i nostri pensieri con altri come noi che saranno li con noi, per evitare di sbagliare nelle nostre azioni quotidiane. E sbaglieremmo se non avessimo alle nostre spalle i tanti Giusti che un po’ come una benedizione data da chi la sa dare, impongono sulla nostra testa le loro mani e ci dicono davvero qual'é la direzione che si deve prendere. Per questo apprezzo l'intenzione progettuale e ne condivido lo spirito. Ora sono solo curioso e vorrò trovarmi lì nel passare tra gli alberi, tenendo per mano da un lato la storia e dall'altro un bambino, magari non mio, a cui poter raccontare cos’è la giustizia e la misericordia e non la prevaricazione e il monumentalismo.

Elio Carmi, designer

Caro Stefano,

ho avuto modo di esaminare il progetto di ampliamento e riqualificazione del Giardino dei Giusti da te redatto al Monte Stella e condivido appieno le positive valutazioni espresse dalla Soprintendenza.

Il progetto mi sembra del tutto rispettoso del luogo e del suo significato mantenendo appieno la fruibilità degli spazi ed anzi, per quanto mi riguarda, trovo le soluzioni prospettate migliorative per la fruibilità dei cittadini e riguardose del progetto originario di Bottoni.

Come sai, è mio pensiero che nulla debba rimanere immutato e pietrificato, e pertanto ogni miglioramento legato all'adeguamento alle mutate esigenze e al tempo trascorso è per me elemento positivo, inutile ancorarsi ad un passato non più contemporaneo.

Ti esprimo i miei complimenti dandoti il mio pieno sostegno in questo progetto del tutto meritevole di attuazione.

Cari saluti

arch. Clara Rognoni Valeriani
già membro tecnico della Commissione paesaggistica del Comune di Milano

Ho avuto modo di vedere il progetto dell’arch. Stefano Valabrega, pensato per il Giardino dei Giusti al Monte Stella. Mi è sembrato un progetto equilibrato, razionale, senza fronzoli o manierismi e con un percorso tematico chiaro e coerente con la finalità di trasmettere memoria e conoscenza a chi lo attraversa, ma soprattutto con un impatto spaziale minimo, tenendo conto che i pochissimi elementi architettonici in elevazione non superano l’altezza di mt 2,40 e tutto il resto si sviluppa sul suolo come una mappa, un’incisione su una tela, facendone un’opera quasi pittorica. Mi è piaciuto. Ho pensato che sarebbe piaciuto anche all’Arch. Bottoni perché non si impone in contrapposizione alla sua collina, creata con le macerie della Milano distrutta dalla guerra, ma si inserisce con discrezione, portandone avanti con coerenza le finalità concettuali, che contro la distruzione enfatizzano il messaggio di vita della natura che vince sulle macerie, come i Giusti, che salvarono, solo con il loro coraggio, molte vite umane.

Mi è stato detto che contro questo progetto, che peraltro con il risanamento e l’illuminazione che comporterà, sottrarrà l’area a frequentazioni notturne che potrebbero umiliarne le motivazioni per cui è sorto, è nato un comitato dei no.

Mi auguro che i firmatari abbiano studiato attentamente il progetto e che abbiano discusso in un’assemblea di Consiglio di zona con il progettista e i cittadini entrando nel merito dell’architettura, perché diversamente il comitato è solo lo sfoggio di una apparente democrazia e in realtà serve per coprire motivazioni che con l’architettura hanno a che fare poco e niente.

Se c’è un tabù a intervenire su un’opera di Bottoni, credo che lo stesso ne avrebbe riso perché è prova di un conservatorismo a oltranza che spesso nasconde una desolante ignoranza: che ne sarebbe stato infatti, con questa chiusura preconcetta, solo per fare un piccolo esempio, delle nostre città più belle, dove in una stessa piazza si sommano opere di architettura di epoche diverse, spesso superfetate le une sulle altre? Che ne sarebbe stato della piramide nel piazzale del Louvre? Vorrei far osservare che, molto più modestamente, il progetto del Giardino dei Giusti vuole passare inosservato, vuole parlare pacato e a bassa voce, come si conviene a un luogo che ha un’aura; non si vedrà da nessuna parte, né da nessuna strada, né da nessuna casa, perché è per la maggior parte inciso nel suolo e si scoprirà camminando più che guardando. Quelli che lo vedranno davvero, nella sua completezza resa possibile solo da una visione aerea, saranno gli uccelli con il loro volo errabondo, ma non credo che siano loro a motivare il comitato dei no.

Vorrei chiarire, per chi non lo sa, che questo giardino è dedicato a tutti i Giusti e che saranno menzionati anche i nomi di figure di altre fedi religiose che hanno combattuto, per fare un esempio, contro la mafia, pagando di persona solo per non tradire la propria coscienza morale, come appunto fa un uomo degno di essere chiamato Giusto. Allora parliamo di architettura, con la volontà di realizzarlo, questo giusto Giardino dei Giusti e smascheriamo e teniamo a distanza, con vera democrazia, chi si nasconde dietro a un no a un progetto per parlare d’altro.

Patrizia Peracchio, architetto

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La riqualificazione del Giardino di Milano

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