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​Yolande Mukagasana a Verona e Pistoia

Due momenti indimenticabili di umanità

Yolande Mukagasana - sopravvissuta e testimone del genocidio dei Tutsi del Ruanda nel 1994 - ha partecipato questa settimana a due emozionanti incontri:

Il primo si è svolto il 30 settembre a Verona, dove ha ricevuto, su iniziativa della Fondazione Masi, il Premio Internazionale “Grosso d’oro veneziano” per aver saputo trasmettere - attraverso la sua forza d’animo, i suoi scritti e la sua voce - un messaggio di verità, di giustizia e di riconciliazione, oltre a un monito contro i conflitti e la brutalità che alimentano i flussi migratori incontrollati, l’insicurezza e i sentimenti di intolleranza tra i popoli. In occasione della XXXVI edizione del Premio - come sottolineato anche dal suo presidente Sandro Boscaini - si è voluto indicare come tema il valore delle radici e la memoria condivisa.

La giornata ha avuto vari momenti significativi: il primo, l’incontro con i premiati nella suggestiva Foresteria Serego Alighieri, circondata da un paesaggio incantevole contraddistinto dal digradare dei vigneti verso il Garda; il secondo, nelle storiche cantine di Gargagnago Valpolicella, in cui gli insigniti del premio - la stessa Yolande Mukagasana, lo storico delle migrazioni Emilio Franzina, la direttrice delle Gallerie dell’Accademia di Venezia Paola Marini la presidente del gruppo farmaceutico di famiglia Elena Zambon, l’esperto di enologia Luigi Moio - hanno apposto i loro nomi sulla grande botte di amarone. 

Il momento più alto di tutta la giornata è stato senz’altro durante la cerimonia della premiazione al Teatro Filarmonico di Verona, quando - rispondendo alle domande del giornalista Piero Badaloni - Yolande Mukagasana ha dichiarato che "le differenze diventeranno un patrimonio comune se, nel presente segnato dalle migrazioni, riusciremo a valorizzarle come ricchezza per l’umanità". Le sue parole sono state accolte da un lungo e caloroso applauso.

Lunedì 2 ottobre invece, Yolande ha incontrato i profughi e la cittadinanza di Pistoia nella chiesa di Vicofaro - divenuta ormai un luogo simbolo d’accoglienza. La sopravvissuta - prima dell’incontro pubblico - ha voluto che le fossero presentati uno per uno i profughi accolti da don Massimo Biancalani: dopo aver chiesto di ognuno il Paese africano di provenienza, ha avuto per tutti calde parole di amicizia e di affetto. Ha rivolto il suo appassionato discorso sia ai cittadini presenti sia ai giovani rifugiati nella chiesetta accanto al Giardino dei Giusti: luogo di grande significato simbolico in cui nel 2014, alla presenza di Yolande, una pietra è stata dedicata ad Antonia Locatelli, in occasione del XX Memoriale del Genocidio dei Tutsi del Ruanda. Rievocando la tragica vicenda, ha sottolineato che la causa è stata l’odio per il diverso, radicato da anni di educazione nelle scuole, nelle famiglie e anche nelle chiese fino ai giorni della violenza, che in pochi mesi portò alla morte di un milione di persone - tra le quali la sua famiglia.

Purtroppo il non intervento dei potenti – dall’ONU all’Europa allo stesso Vaticano – lasciò che la strage andasse avanti, mentre le vittime cadevano a colpi di machete. Per questo ha scelto di diventare voce dei senza-voce, di coloro a cui l'odio tolse la vita, ma non riuscì a cancellare dalla Storia.

Ha voluto legare la memoria storica della tragedia del suo Paese all’attualità, in particolare alla vicenda dei profughi. Non verranno dimenticato le bellissime parole rivolte a don Massimo, per la scelta coraggiosa dell’accoglienza: un esempio di sacerdote che applica con coerenza le parole della Bibbia e del Vangelo. Poi il suo sguardo e il suo discorso si sono concentrati a lungo, e giustamente, sui giovani africani - da lei più volte chiamati "i miei figli" - che la seguivano attentamente e con intensa commozione.

Ha parlato loro da pari a pari, in quanto lei stessa è stata a lungo rifugiata in Belgio. Ha ricordato il grande cimitero liquido del Mediterraneo, in cui sono morti tanti fratelli. Eppure proprio dal superamento delle vicende drammatiche del loro viaggio, li ha esortati ad avere speranza e coraggio per la costruzione di un futuro in una società lontana dai luoghi di origine. Nelle sue parole sembrava che la memoria tragica del Ruanda premesse sulla grandezza della Storia del presente per accomunarla ai giovani rifugiati arrivati da noi dopo infinite sofferenze. In quegli attimi era come se il continente africano occupasse il piccolo spazio della chiesa con tutta la speranza del nostro tempo.

Yolande ha concluso, rivolgendosi a tutto il pubblico – in cui le differenze sembravano scomparse grazie anche alle sue parole - e ribadendo come vadano rifiutate e combattute tutte le forme di intolleranza e di razzismo, perché "le diversità sono delle ricchezze da condividere".

9 ottobre 2017

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