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​“I Giusti sono i nostri modelli”

intervista a Svetlana Broz

Svetlana Broz

Svetlana Broz (Novosti)

La Direttrice di Gariwo Sarajevo ci racconta le celebrazioni della Giornata europea dei Giusti in Bosnia ed Erzegovina. Qui l’associazione organizza ogni anno una grande cerimonia di assegnazione del Premio Duško Kondor a persone che si sono distinte per o hanno contribuito all’affermazione del coraggio civile nella ex Jugoslavia lacerata da uno dei conflitti più sanguinosi della storia. Per Svetlana Broz, dovremmo tutti seguire la massima di Gandhi: “Abbiamo il coraggio di essere il cambiamento che vorremmo vedere nel mondo”.

Che importanza riveste la celebrazione della Giornata Europea dei Giusti in Bosnia?

Dopo la recente guerra, in Bosnia ed Erzegovina abbiamo tutti il dovere di ricordare i Giusti del conflitto e anche della seconda guerra mondiale. Dovremmo prendere a modello ogni Giusto. Nella società in cui così tanti criminali di guerra sono diventati modelli per i giovani, la celebrazione della Giornata europea dei Giusti riveste una straordinaria importanza.

Chi sarà onorato con il Premio Kondor quest’anno? Oltre alla cerimonia avete organizzato altre celebrazioni in onore dei Giusti dell’ex Jugoslavia?

Sulla base delle proposte per il 2015 che abbiamo ricevuto, la Giuria ha selezionato i seguenti vincitori: Đoko Stevanović, Brčko, Bosnia-Erzegovina – premio postumo per il coraggio civile,; Zoran Pusić, Zagabria, Croazia; Senija Karamehić, Bosnia; Rašid Palić, Sarajevo, Bosnia-Erzegovina (entrambi per il coraggio civile); Latinka Perović, Belgrado, Serbia, per l'affermazione del coraggio civile.

Gariwo Sarajevo onora ogni anno i Giusti anche con le sue attività quotidiane. Da tre anni porta avanti il progetto Be the Change—Do Something. che si ispira alla massima di Gandhi: Noi dobbiamo essere il cambiamento che vorremmo vedere nel mondo. Da qui il nostro invito ad agire. A partire dalla complessa gamma di proposte che possono prendere vita da questo richiamo, all’interno del Civil Courage Education program attivo dal 2005, la ONG Gariwo Sarajevo ha portato avanti il progetto contando su diversi partner: la Having What It Takes Foundation, il Civil Committee for Human Rights di Zagabria, e lo Helsinki Committee for Human Rights in Serbia. Ente patrocinatore è il Ministero degli Affari Esteri del Regno di Norvegia, e sono stati raggiunti molti partecipanti della Bosnia-Erzegovina, della Croazia e della Serbia.

Il progetto comprendeva anche seminari di tre giorni con 75 partecipanti e tre sessioni da otto giorni di studio alla Scuola di Coraggio Civile— un po’ di dati: 75 partecipanti; quindici tavole rotonde—750 partecipanti e 30 incontri pubblici con ambasciatori, che hanno avuto a loro volta1500 partecipanti. Hanno acuto luogo trenta colloqui pubblici che hanno raggiunto 3000 persone e ci sono state 69 lezioni universitarie e per le scuole superiore, di cui hanno beneficiato 6000 studenti.

Inoltre abbiamo girato una serie di documentari, che costituiscono una parte molto importante di questo progetto.

Abbiamo organizzato tre cerimonie di premiazione dedicata a Duško Kondor in 3 anni, con 15 vincitori da tutte le ex repubbliche jugoslave, davanti a 3.600 persone.

Abbiamo poi pubblicato due collane di libri, tra cui il classico di Svetlana Broz Imam petlju [Having What It Takes] che è ormai giunto alla 15esima edizione.

Ci sono state 18 presentazioni di questi libri davanti a un totale di 2000 persone in 12 città di tutte le ex repubbliche jugoslave.

Il progetto è stato ripreso dai giornali e dalle televisioni quasi duemila volte. Abbiamo concluso il progetto alla fine del 2014.

La nostra speranza ora è di proseguire girando documentari e una serie TV sui Giusti.

Che cosa pensa, dopo gli attacchi terroristici di Parigi, dell’idea di onorare i Giusti del mondo arabo e musulmano?

Non ho mai operato distinzioni tra le persone secondo la loro appartenenza etnico-nazionale o religiosa. Ogni persona che agisce come Giusto dovrebbe essere celebrata e onorata. Sono sicura che ci sono altrettanti Giusti in quella parte del mondo che nelle altre e questo sarebbe una buona idea.

Com’è la convivenza con una forte comunità musulmana come quella bosniaca?

Io penso che l’Europa in generale non capisca bene come si vive in Bosnia-Erzegovina, forse perché rimane intrappolata nelle bugie che raccontano i politici in questo Paese. Io non considero la società bosniaca come “una forte comnità musulmana”. Noi viviamo in una società mista, con musulmani, cristiani (ortodossi e cattolici), ebrei e agnostici che vivono insieme come dieci secoli fa.

La componente musulmana ha subito un genocidio negli anni ’90, per esempio a Srebrenica. Come vengono ricordati quegli eventi dagli islamici? E dai non musulmani?

L’evento principale è l’anniversario annuale del genocidio a Srebrenica. L’11 luglio la commemorazione con sepoltura dei resti di coloro che sono stati identificati a Potočari (vicino a Srebrenica) ricorda sempre a tuttti che questa storia non si concluderà fino alla sepoltura dell’ultima vittima..

Ci sono alcuni casi di negazionismo tra le popolazioni dei serbi sia in Bosnia-Erzegovina, sia in Serbia. Ad esempio alcuni parlamentari bosniaci si sono rifiutati di votare leggi contro coloro che negano il genocidio.

Dusko Kondor è morto perché si apprestava a testimoniare in tribunale su un massacro di musulmani. Pensa che i terroristi islamisti offendano anche la Memoria di Giusti come lui?

Ogni terrorista offende la memoria di ogni Giusto.

Chi sono i “Giusti al tempo del male”?

I Giusti sono coloro che mostrano il loro coraggio civile o morale. Io definisco il coraggio civile come volontà e capacità di disobbedire, resistere, opporsi usando mezzi non violenti contro gli abusi del potere di qualsiasi autorità pubblica, impresa privata o individui che deliberatamente non fanno il proprio dovere verso la società o utilizzano a loro vantaggio le leve del potere politico, economico o sociale, violando i diritti umani – che sia nei media o nelle sfere accademiche, ecclesiastiche o familiari..

Qual è il suo messaggio per i giovani per la Giornata dei Giusti 2015?

Sempre la massima gandhiana: “Cerchiamo di essere il cambiamento che vorremmo vedere nel mondo”. 

Di seguito riportiamo le motivazioni del Premio Kondor 2015:

PREMIO DUŠKO KONDOR

Đoko Stevanović, Brčko, Bosnia-Erzegovina – premio postumo per il coraggio civile

Đoko Stevanović nasce nel villaggio di Gornje Dubravice, nella municipalità di Brčko, nel 1958. Quando la Jugoslavia inizia a disintegrarsi, lui lavora in Slovenia, ma riceve pressioni dal mondo della politica che vuole che ritorni nella sua città natale, come centinaia di altri lavoratori di tutti gli angoli della Jugoslavia. Lui fa ritorno a Gornje Dubravice, dove abitano sua moglie e due dei figli, e diventa presidente della branca locale del Serbian Democratic Party. Viene ucciso nel lager di Luka nel 1992.

Riceve il Premio Duško Kondor per il coraggio civile a titolo postumo perché, con piena consapevolezza del rischio che correva, ha sacrificato la vita per domandare di poter vivere in pace con le persone di altra etnica, aiutandole ad attraversare le terre controllate dall’esercito serbo.

Zoran Pusić, Zagabria, Croazia – riceve il premio Kondor per avere formato il Civil Committee for Human Rights ed essersi opposto al male tutto il tempo, indagando sui crimini di guerra, invocando la punizione dei carnefici e lottando contro il negazionismo croato.

Senija Karamehić nasce nel 1949 a Derventa, in Bosnia ed Erzegovina. Pienamente cosciente del rischio che correva, ha dimostrato il proprio coraggio civile salvando la vita di alcune persone di altri gruppi etnici durante la guerra e opponendosi alla stessa logica della guerra in molti modi.

Rašid Palić, Sarajevo, Bosnia-Erzegovina – premiato per il coraggio civile. Pienamente conscio del rischio che correva, ha dimostrato coraggio civile lottando per la giustizia durante la pulizia etnica, perfino se questo significava scontrarsi con i suoi superiori, alcuni dei quali avevano connessioni con la criminalità in Bosnia ed Erzegovina.

PREMIO DUŠKO KONDOR PER L’AFFERMAZIONE DEL CORAGGIO CIVILE

assegnato a Latinka Perović, Belgrado, Serbia

Latinka Perović nasce a Kragujevac (Serbia) nel 1933. Cerca di democratizzare, modernizzare e liberalizzare la visione politica della Jugoslavia socialista, per cui viene allontanata dalla scena politica. È una delle voci critiche più accese contro il nazionalismo serbo, e specialmente contro Slobodan Milošević e il suo regime. Ha definito il suo sistema politico una “cultura dell’assassinio”, colpevole della sofferenza degli altri, ma anche degli stessi serbi. È stata una delle prime, in Serbia, a chiamare i crimini di Srebrenica “genocidio”.

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