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"Nei miei libri svelo l'identità armena"

Intervista allo scrittore Dogan Akhanli

Gariwo ha intervistato Dogan Akhanli, scrittore e attivista simbolo della lotta per la riconciliazione tra Turchia e Armenia. Da questa figura di coraggio civile, che si è battuto per la memoria del genocidio armeno e la verità sull'omicidio di Hrant Dink, ci arriva un messaggio di speranza. Akhanli è autore tra gli altri del libro  Die Richter des jüngsten Gerichts (i giudici della corte più recente), nel quale, narrando di una persecuzione giudiziaria nella Turchia del dopo golpe del 1981, svela gradualmente l'identità armena dei suoi personaggi principali. Il prossimo 6 marzo, Giornata Europea dei Giusti, Dogan Akhanli sarà onorato a Berlino nel corso di una cerimonia ufficiale alla presenza della Presidente del Parlamento del Land Nord Reno – Westfalia, Carina Gödecke e del responsabile della Fondazione Armin T. Wegner, Urlich Klan. Akhanli ci ha parlato dei movimenti di cittadini turchi che chiedono scusa agli armeni, delle difficoltà della riconciliazione e dei passi avanti nel dialogo, delle proteste della società civile turca dopo l’omicidio Hrant Dink, delle testimonianze di Armin T. Wegner e dell’attuale ruolo del Pegida, il movimento xenofobo di recente formazione a Dresda e Lipsia. Infine, ha espresso l'auspicio che figure come Wegner e Lemkin possano fare da trait d'union tra la grande tragedia tedesca dell'Olocausto e le catastrofi genocidarie avvenute nei Paesi di provenienza degli immigrati.

Con la firma dei protocolli turco-armeni e le petizioni di alcuni cittadini turchi per chiedere scusa per il genocidio armeno sembrava che qualcosa stesse cambiando in Turchia. Ci può dire che cosa è cambiato per lei, che nel 1985-1987 fu incarcerato in una prigione militare, ma riceve anche prestigiosi premi letterari nella stessa Turchia?

In Turchia è cambiato molto dall’omicidio di Hrant Dink in poi. Da quel momento in poi la società civile si è ribellata. Dopo il 2007 nel discorso pubblico è emerso che c’erano molti giornalisti e studiosi che avevano investigato sul genocidio armeno e scritto libri sull’argomento. Fino a quel momento la propaganda del governo turco era stata fortissima, c’erano molte menzogne a riguardo di Hrant Dink e del genocidio del 1915, c’era anche una storiografia filogovernativa che negava la verità, ma dopo quel momento si esaurì. Tutto quello che il governo aveva fatto per mentire e reprimere non funzionava più. Ci furono commemorazioni in molte città e io credo che oggi la consapevolezza del genocidio armeno si sia ancora più diffusa. Molto è iniziato con l’omicidio di Hrant Dink e io credo che la gente che è scesa in strada per onorare questo reporter volesse anche scusarsi. Una parte della società turca si era piegata alle menzogne, ma una parte non può tacere.

Lei si è battuto per la verità sull’omicidio di Hrant Dink e sul genocidio armeno. Che messaggio vuole dare per il centenario di questa tragedia? Come si possono riconciliare turchi e armeni a partire dal 2015?

“Riconciliazione” è una parola grossa. Non so se in questo momento i due popoli siano in condizione di riconciliarsi, ma un ravvicinamento è già iniziato. Dopo la generazione delle vittime, quelle attuali cercano il dialogo tra armeni, turchi e curdi. Ci sono molte iniziative sia nella società turca che in quella tedesca per sviluppare questo dialogo. Lentamente si sta ricostruendo un rapporto tra gli armeni e i turchi per esempio a Colonia. Da quindici anni teniamo qui una iniziativa “Genocidio e memoria”, e in questo processo abbiamo lavorato con la comunità armena, la mia associazione Recherche International, e la società Wegner di Wuppertal con la quale ogni anno organizziamo iniziative anche con attivisti per i diritti umani turchi e quest’anno organizziamo la cerimonia per la Giornata Europea dei Giusti. Ci sono moltissime iniziative e associazioni di parte tedesca, curda, turca e anche armena, che lavorano insieme. Ogni anno per esempio organizziamo un viaggio alla riscoperta della nostra storia con armeni, turchi, curdi e armeni e teniamo anche alcune serie di seminari. Ci sono diverse formule per questo dialogo. Ho parlato della Società Wegner costruendovi sopra un personaggio del mio ultimo libro.

Dopo ci arriviamo. Che cosa pensa del grande scrittore Armin T. Wegner, che denunciò sia le persecuzioni contro gli armeni, sia quelle antisemite del nazismo?

Armin T. Wegner, insieme a Franz Werfel, è uno dei primi autori tedeschi che ho letto. Senza il suo comportamento coraggioso - documentò il genocidio armeno con fotografie e conferenze - non avremmo le immagini che provano il genocidio armeno. Quando era ufficiale dell’esercito, grazie al suo impegno, Wegner sensibilizzò il mondo su questa tragedia, ma non solo. Si oppose anche al genocidio degli ebrei commesso dai nazisti e ha scritto una lettera a Hitler su questo: un fatto abbastanza straordinario. E naturalmente Armin T. Wegner è un esempio per me e per tutti e c’è un monumento dove abitò a Berlino a lui dedicato. E’ onorato in Israele, in Armenia… ovunque nel mondo.

Anche a Milano. L’Io narrante del suo libro “Die Richter des jüngsten Gerichts” svela a poco a poco la sua identità armena. Come può descrivere questa riscoperta?

Io credo che questa riscoperta o svelamento venga dalle mie origini. Io sono nato in un luogo ai confini con la Georgia dove si raccontavano molte cose del massacro degli armeni. Prima questa zona era territorio russo, poi divenne armeno e infine ci furono i massacri e oggi è turco. I massacri furono compiuti durante il governo di Atatürk, che in questa zona ha ucciso 60.000 armeni. Ho sentito molte storie a riguardo, non raccontate con inimicizia, ma con empatia verso gli armeni. Per scrivere il mio libro ho lavorato molto a lungo, cercando di fare emergere le storie di molti turchi e curdi che in qualche modo sono legati alla cultura e all’identità armena. In questo consiste lo svelamento. Si tratta di un processo molto lungo.

Che cosa pensa dei movimenti anti-immigrati Pegida e Legida che sono sorti negli ultimi mesi in Germania? Sono contro la popolazione islamica? Sono contro il fondamentalismo? Come sono nati e che cosa ne pensa?

Io penso che siano movimenti pericolosi. Io non penso che siano contro il fondamentalismo, ma che si servano del tema del fanatismo per formare un movimento razzista. Ci sono così tanti estremisti di destra e neonazisti in questi movimenti. Io penso che si debba distinguere molto fortemente tra il fanatismo violento e l’islam. L’argomentazione di questi movimenti non è altro che il ben noto antisemitismo.

Come si possono risolvere i rapporti tra immigrati musulmani e popolazione tedesca?

È un compito della società tedesca nel suo complesso. Io vivo qui da 15 anni e trovo che i tedeschi debbano porre termine alle discriminazioni contro gli islamici. Ma questi a loro volta devono smetterla di praticare il fanatismo che non ha neanche niente a che fare con l’islam, anche se apparentemente molti giovani della comunità islamica ne sono affascinati. A volte sono vittime del razzismo, ma alle volte si rendono anche responsabili di comportamenti negativi.

Il 6 marzo celebriamo la Giornata Europea dei Giusti. Lei partecipa a qualche iniziativa? Ci vorrebbe indicare qualche figura morale di riferimento oggi?

Nel Land Nord Reno-Westfalia organizza una cerimonia la Fondazione Wegner. Il 6 marzo verremo onorati io e la figura di Wegner, per il quale parlerà il suo vecchio editore Hermann Schulz. Come esempio attuale contro il razzismo e il fondamentalismo potrei indicare Günter Wallraff, qui a Colonia dove vivo, un giornalista che non è mai sceso a compromessi quando ci sono state ingiustizie. Ha anche ospitato Salman Rushdie in città quando gli fu messa la taglia. 

Lei a Colonia si occupa della Biblioteca Raphael Lemkin. Che attualità riveste oggi la figura di questo giurista, che si batté per fare approvare la definizione di genocidio dall'Assemblea delle Nazioni Unite? 

Lemkin coniò il termine "genocidio". Come ho spiegato nella mia prolusione nella Paulskirche il 24 aprile 2011 per l'anniversario del genocidio armeno, io penso che questa biblioteca dedicata a colui che sviluppò il concetto di "genocidio" possa essere un luogo internazionale della memoria anche per altre grandi tragedie genocidarie del XX secolo.  Oggi in Germania ci sono poche possibilità di parlare di altre tragedie oltre l'Olocausto, accadute nei Paesi di provenienza degli immigrati. Io esprimo l'augurio che la Biblioteca Raphael Lemkin possa servire da trait d'union tra le diverse realtà.  

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