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Testimonianza di Rana Zaitouneh

al Giardino dei Giusti del Monte Stella

Rana Zaitouneh scopre il cippo dedicato alla sorella insieme al sindaco Giuliano Pisapia

Rana Zaitouneh scopre il cippo dedicato alla sorella insieme al sindaco Giuliano Pisapia (foto di Gariwo)

Pubblichiamo di seguito il messaggio che Rana Zaitouneh ha dedicato alla sorella Razan durante la cerimonia al Giardino dei Giusti di Milano il 6 marzo 2015.

"Il lungo cammino è costellato di ostacoli e mine. Compierlo in sicurezza dipende solo dalla fortuna. La strada buia è illuminata solamente dalla fede e da quel che resta dei nostri sogni infranti." Razan Zaitouneh

Razan Zaitouneh è un’avvocatessa la cui carriera si incentrava sulla difesa dei prigionieri politici, è un’attivista dei diritti umani che si dedicava ad aiutare gli altri a liberarsi dall’oppressione e dalla fame, e una giornalista che ha documentato senza sosta i crimini contro l’umanità,  assicurandosi che il destino tragico di queste persone fosse portato all’attenzione del resto del mondo. Ma il 9 dicembre 2013, un gruppo di codardi armati ha deciso di ridurla al silenzio. Hanno rapito Razan, suo marito Wael Hamada e i loro due colleghi Nazem Al Hamadi e Samera Al Khalil. Il loro rapimento è stata un’ingiustizia non solo per le loro famiglie, ma anche per tutti i siriani che contano sul loro coraggio e per tutte le persone che nel mondo cercano disperatamente figure come Razan che non si impegnino solo a loro favore, ma che stiano anche al loro fianco.

Mi chiamo Rana, e sono fiera di essere la sorella maggiore di Razan Zaitouneh, questa donna coraggiosa e fonte di ispirazione per tutti noi.

Razan ha sempre creduto nelle proteste civili pacifiche. Non sorprende quindi il fatto che, quando la violenza è scoppiata nel marzo 2011, lei abbia continuato a portare avanti proposte pacifiche, rifiutandosi di rimanere a guardare quando i dimostranti venivano crudelmente eliminati dal regime. Si è rifiutata anche di fuggire. Per lei era importantissimo che la storia registrasse la verità della rivoluzione, e per questo doveva rimanere in Siria.

Lei ha denunciato i sequestri, gli arresti illegali, le torture e le uccisioni di manifestanti pacifici. Ha compilato liste dei detenuti e degli scomparsi. Ha lavorato instancabilmente per sensibilizzare il mondo intero e portare la libertà alla sua gente.

Ma Razan non ha operato da sola. La sua battaglia era condivisa da molti dei suoi amici, tra cui attivisti di lunga data come Mazen Darwish e Yahya Shurbaji, blogger come Hussein Ghrer, e gente normale che ha scelto di resistere alla violenza. Erano le persone normali a commuoverla di più, con il loro coraggio sorprendente ed esemplare. Una di quelle persone era un giovane pacifista di Daraya. Il giorno che è diventato un martire, le si è spezzato il cuore.

Ghayath Mattar era un simbolo per la gioventù in Siria: un uomo d’affari intelligente e di successo il cui unico crimine era compiere gesti di pace. Nel mezzo delle manifestazioni, all’inizio della rivolta, Ghayath offriva rose e acqua da bere alle reclute dell’esercito che più tardi l’avrebbero arrestato e torturato nel modo più brutale.

La sua morte è stata un’enorme nuvola nera sulle teste di tutti coloro che osavano desiderare la pace, compresa Razan, le cui lacrime per un bravo giovane coraggioso mi hanno enormemente addolorata, anche se non lo conoscevo di persona. La sua morte è stata uno sprone a continuare, rendendo la ricerca della pace ancora più forte di prima. 

Razan  è scomparsa ormai da un anno, e tuttavia la sua figura continua a essere un incitamento a resistere agli oppressori e a proseguire nella ricerca della libertà. Razan era diventata un’avvocatessa per difendere gli ideali che le erano più cari – giustizia, pace e verità. Ciò a cui ha aderito è la libertà – libertà dall’oppressione e libertà dalla paura. 

E ora la libertà le è stata tolta. La sua voce è stata ridotta al silenzio. 

Razan ha difeso il valore di ogni vita. Ha combattuto con determinazione perché nessuna fosse dimenticata. Sono determinata a fare sì che non sia dimenticata lei. Con la mia famiglia, i suoi compagni attivisti siriani e Gariwo, chiedo e continuerò a chiedere il rilascio immediato di Razan e che torni a casa sana e salva. 

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