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Adalbert Wojciech Zink (1902 - 1969)

il sacerdote polacco che si rifiutò, nel 1953, di firmare la dichiarazione per l'arresto del Primate Stefan Wyszynski

"Solo Baca, il mio cane fedele e il Tedesco mi hanno difeso” diceva Stefan Wyszyński quando ricordava il suo arresto. Il suo pastore tedesco aveva azzannato uno dei funzionari del regime comunista e, riferendosi al Tedesco, intendeva Adalberto Zink, vicario generale della diocesi di Warmia, l’unico ecclesiastico a non avere firmato la dichiarazione episcopale del settembre 1953, che approvava l’arresto del Primate del Millenio, Stefan Wyszyński. Le autorità comuniste facevano pressione sulla Chiesa polacca, il segretario della Conferenza episcopale parlava di "necessità storiche" ma padre Zink perseverava nel proprio “non possumus”. Riteneva infatti illegale la detenzione del Primate e, per questa ragione, venne lui stesso arrestato e imprigionato per 16 mesi nel carcere sulla Rakowiecka di Varsavia.

Adalberto Zink nasce nella regione di Warmia da padre tedesco e da madre discendente delle tribù autoctone prussiane di Warmia. Studia al seminario di Braniewo e, dopo l’ordinazione sacerdotale, svolge il suo ministero nei villaggi della sua regione, migliorando la lingua polacca per poter servire i parrocchiani. Nel gennaio del 1945, quando l'Armata Rossa libera la Prussia orientale, condivide la stessa sorte di molti abitanti di quella terra e, a causa delle proprie le origini tedesche, viene arrestato e mandato al campo di Iławka Pruska. Dopo il suo rilascio, ritorna in Warmia e nel 1951 il Primate Wyszyński lo nomina amministratore della diocesi. Per poter adempiere tale, ruolo diventa cittadino polacco. Il suo è un compito molto complesso, in Polonia lo stalinismo rinforza il proprio potere destabilizzando i rapporti tra la popolazione e alimentando l’odio tra le classi: contadini contro padroni, senza terra contro i kulaki (proprietari terreni), poveri contro speculatori. Inoltre, era scontato che gli abitanti autoctoni della Warmia odiassero i rimpatriati da Vilnius e Volhynia, cioè chi era appena arrivato ​​dalla Polonia orientale. Ne consegue che i Warmiani ritornano alla loro madre patria, ma in realtà rimangono emarginati. Il loro sentimento patriottico è costantemente “controllato” e comunque vengono considerati cittadini di seconda classe. Su di loro, infatti, grava la responsabilità collettiva per i crimini commessi dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale.

Nonostante le pressioni e le minacce, padre Zink non si allinea al dictat della Chiesa nell’impegnarsi nelle attività dello Stato comunista. Si rifiuta di nominare i sacerdoti patrioti comunisti in posizioni di rilievo, consente la celebrazione in lingua tedesca e protesta contri gli arresti dei sacerdoti di origine warmiana, essendo lui stesso proveniente da tale area di confine. Adalbert Zink è infatti parte di un popolo che vive da generazioni in quei luoghi, in cui la storia ha fatto il suo corso, trascinando una terra in svariate combinazioni geopolitiche. Una terra governata dai Cavalieri Teutonici, successivamente dai vescovi di Varmia, dallo stato prussiano, dalla Repubblica di Weimar, dal Terzo Reich, dall'Armata Rossa e infine dalla Polonia popolare. 

Zink esce dal carcere nel febbraio del 1955, ma gli è permesso di tornare in Warmia solo a ottobre. Coprirà varie cariche nella Chiesa. Muore l'8 settembre 1969 a Olsztyn e sepolto a Gietrzwałd. Nessun merito gli è riconosciuto da parte della gerarchia ecclesiastica, in una Polonia che, dopo il disgelo staliniano (1956), vede il Primate Wyszyński ricucire quella Chiesa così lacerata tra sacerdoti sinceramente devoti e i più numerosi preti patrioti. Compito della Chiesa polacca è unire l'Episcopato includendo anche il vescovo Baraniak (per due anni anche lui il prigioniero con Zink, con cui comunica attraverso messaggi in latino) e il vescovo Klepacz, che a quel tempo ha giurato fedeltà alla Repubblica Popolare Polacca.

Tuttavia, Padre Zink è rapidamente dimenticato anche se per la Chiesa è stato "l'unico giusto", un testimone scomodo. Il vescovo Choromanski - colui che parlava delle "necessità storiche" - ha affermato che Zink non ha firmato la dichiarazione perché non conosceva il polacco e non capiva cosa gli venisse richiesto. La Repubblica popolare polacca si vantava di essere uno Stato omogeneo. Non c'era posto per le minoranze come: Lemchi, Slesiani, Masuriani o Warmiani. L’identità della Warmia non era un bene o una ricchezza, al contrario: era inaccettabile e condannata. Probabilmente è per questo che la lapide del sacerdote porta il nome latino Adalbertus. Adalberto indica la sua origine germanica e Wojciech quella polacca, questa doppia etnia non andava evidenziata.

Negli anni seguenti, si è voluta recuperare la vera storia di queste terre, dove nazioni e religioni diverse vivevano fianco a fianco: un processo che richiedeva tolleranza ed apertura. Ecco perché si è ricordato il padre Adalbert Wojciech Zink riportando alla luce documenti e testimonianze. Dal 2012 è patrono della scuola media di Gietrzwałd, figura storica locale vicina ai cittadini warmiani lo ricordano come un uomo giusto e leale.

Traduzione di Bernadeta Grochowska

Giardini che onorano Adalbert Wojciech Zink

Adalbert Wojciech Zink è onorato nel Giardino di Varsavia.

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