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"Costruiamo pace, giustizia, diritti"

le parole di Christine Amisi

Amisi con Giuseppe Sala davanti alla targa dedicata a Mukwege

Amisi con Giuseppe Sala davanti alla targa dedicata a Mukwege

Cari responsabili del «Giardino dei Giusti»

Signore, ragazze e signori,
Illustri ospiti,

È con animo grato che prendo la parola oggi a nome del Professor Mukwege, nel Giardino dei Giusti, questo luogo di memoria che interpella la nostra umanità.

Permettetemi innanzitutto di trasmettervi i suoi saluti e ringraziamenti. Egli avrebbe voluto essere presente a questa cerimonia, ma il compito di prendersi cura delle sue pazienti non gliel’ha permesso.

Quando avete scritto al Dr Mukwege per comunicargli la vostra proposta di onorarlo tra i Giusti, egli si è obiettivamente chiesto che cosa avesse fatto per meritare tale attenzione e un simile status. Non c’era durante la Seconda guerra mondiale, quando l’innominabile fu perpetrato.
Ma dopo avere riflettuto a fondo, egli e noi abbiamo compreso che il dolore della Shoah non apparteneva soltanto a un popolo. Ogni volta che, da qualche parte nel mondo, la follia umana si accanisce a sterminare altri esseri umani, è la nostra umanità comune che viene pugnalata. Questa sorte crudele della Seconda guerra mondiale risuona ormai come la sorte della sofferenza di tutta la nostra umanità.

Essa ci interpella nella nostra coscienza profonda. Ci obbliga ad affermare che il “Mai più” ci impone collettivamente la responsabilità di proteggere, difendere, in tutto il mondo, ogni essere umano che si trova in pericolo, quali che siano le sue origini o il suo status.

Signore e Signori,

è per questo motivo che il Dr Mukwege, che io rappresento, ha accettato questo riconoscimento e questa onorificenza che gli tributate oggi.

Medico, umanista e difensore dei diritti umani, egli porta nel più profondo del suo animo la lotta per la vita e la dignità dell’essere umano. Da oltre vent’anni, soffre assieme alle donne del Kivu e della Repubblica Democratica del Congo, la cui dignità viene calpestata.

Il 10 dicembre 2018, dall’alto del podio del Premio Nobel per la Pace a Oslo, ha denunciato il silenzio della comunità internazionale di fronte ai massacri di oltre 6 milioni di congolesi. Questi massacri sono meticolosamente descritti nel Rapporto Mapping delle Nazioni Unite, pubblicato nove anni fa. Ecco, fino a oggi, essi continuano a imperversare, facendo sprofondare il Paese nell’abisso, nell’impunità totale.

In effetti, fin dagli anni ’80, il nostro Paese, la Repubblica Democratica del Congo, è devastato da guerre e multipli conflitti armati. C’è un aggravamento del fenomeno della mortalità materna. È così che il Dottor Mukwege prese l’iniziativa di creare, nel settembre 1999, l’ospedale Panzi, con l’obiettivo di procurare cure ostetriche e di Medicina della riproduzione alle donne di Bukavu e dintorni.

Purtroppo, i primi casi che si presentarono erano donne vittime di violenze sessuali, provenienti da zone di guerra. Da allora, l’Ospedale cominciò ad assistere le sopravvissute alla violenza sessuale, e a oggi siamo a circa 55.000 vittime curate all’Ospedale Generale Panzi e dalla Fondazione Panzi. Il numero è enorme, ma per noi anche solo un caso è grave.

Le caratteristiche di questi stupri sono tipiche di quelli di una guerra classica ma a basso costo, perché sono:

. Di massa : vengono violentate le donne di interi villaggi, con vittime indirette come le loro famiglie e la loro comunità,
. Metodici : gli stupri sono collettivi e commessi in pubblico, con torture e schiavitù sessuale, stupri con umiliazione davanti a tutta una comunità, ai mariti, ai figli…
. Sistematici : i perpetratori non tengono conto dell’età (neonati, adolescenti, adulti, vecchi…), né del sesso (donne e uomini).

Ciò ha per conseguenza dei cali demografici (trasmissione dell’HIV e di altre malattie sessualmente trasmissibili, distruzioni atroci degli organi della riproduzione), distruzione del tessuto sociale (non c’è più coesione sociale, i bambini non possono più guardare i genitori negli occhi, perdita dell’autorità genitoriale, ci sono casi di donne ripudiate dai loro mariti in seguito allo stupro, altre vengono stigmatizzate e rifiutate dalla comunità, ci sono bambini nati da queste gravidanze che presentano problemi di presa in carico e di iscrizione al’anagrafe, essendo sconosciuti i responsabili delle gravidanze…), distruzione economica (certi villaggi vengono bruciati, i campi vengono dati alle fiamme, si hanno saccheggi…), a volte ci sono intere comunità costrette a sfollare (fuga da luoghi non più sicuri).

Come può un umanista girarsi dall’altra parte, non levare la sua voce per dire che tutto ciò non è giusto? 20 anni di sofferenze, di stupri, violenze… nessuno può dire «non sapevo».

Per assistere questi sopravvissuti delle violenze sessuali, l’Ospedale Panzi e la Fondazione Panzi hanno messo in atto un approccio olistico, perché la presa in carico non è solamente medica, ma anche psico-sociale, legale, e comprende anche attività di reinserimento socio-economico. Noi offriamo servizi di cura di qualità centrati sulla persona, e basati sulla ricerca e la programmazione di attività fondate su prove scientifiche, per restaurare la dignità delle donne. Questo approccio olistico ha permesso non soltanto di curare le sopravvissute, ma soprattutto di ricostruire le loro vite.

Grazie all’impressionante lavoro realizzato dal Dottor Denis Mukwege, le comunità locali fanno molto affidamento sull’ospedale Panzi. Quest’ultimo, negli ultimi due decenni, è diventato una sorta di « oasi » nel mezzo di un deserto, un luogo di rifugio dove affluiscono le donne sopravvissute alle violenze sessuali, di età differenti e provenienti da diversi villaggi della RDC. Esse trovano all’Ospedale Panzi non solamente l’assistenza olistica, ma anche la protezione, e una garanzia per il loro avvenire. Migliaia di donne vi apprendono a trasformare le loro sofferenze in potere. Per le donne che non possono ritornare nell’immediato nei loro villaggi per paura della stigmatizzazione, del rifiuto dei loro mariti, la Fondazione Panzi organizza un centro di transito, protezione, alloggio e percorsi di formazione professionale nel quale le donne possono soggiornare per 4-6 mesi dall’uscita dall’ospedale, in attesa di trovare una soluzione duratura.

Oltre a questi interventi, l’Ospedale Panzi e la Fondazione Panzi hanno creato importanti attività di prevenzione contro le violenze sessuali e basate sul genere, attraverso le seguenti iniziative: sensibilizzazione nei villaggi, cliniche giuridiche locali operative e disseminate nei diversi villaggi, divulgazione degli strumenti giuridici nazionali e internazionali che consacrano i diritti della donna e la promozione di genere, la promozione della virilità positiva perfino presso i bambini piccoli. Questo viene realizzato a livello di scuole, chiese, luoghi pubblici …

Negli ultimi due anni, è stato un piacere per il Dottor Mukwege di condividere questa ricca esperienza del modello di Panzi con partner di altri Paesi, come l’Iraq, la Guinea, la Repubblica Centrafricana …

Cari responsabili del «Giardino dei Giusti»

Signore, ragazze e Signori,

Illustri invitati,

Oggi, il riconoscimento conferito dal Giardino dei Giusti, è un’opportunità per i sopravvissuti delle violenze sessuali del nostro Paese. I sopravvissuti non devono arrendersi: il loro coraggio, il loro impegno, la loro capacità di resistere alle avversità, costituiscono un’arma per fermare questo flagello.

È dunque con un sentimento di gratitudine che noi riceviamo oggi, a nome del Professor Denis Mukwege, questo premio che costituisce un’espressione di solidarietà e di compassione verso quelle decine di migliaia di donne congolesi che hanno già sofferto abbastanza degli atti di ingiustizia e di barbarie. Ogni volta che i visitatori arrivano a Panzi e domandano alle donne ciò che esse desiderano, loro rispondono immediatamente: «vogliamo la pace». Perché se c’è la pace, possiamo andare nei campi, attendere le nostre attività quotidiane senza paura di essere violentate per strada, i nostri figli possono andare a scuola… Con i nostri amici in tutto il mondo, compresi quelli del Giardino dei Giusti, è possibile contribuire alla costruzione di una pace duratura, di una giustizia transizionale e di un ambiente che possa promuovere i diritti della donna e dell’essere umano in generale.

Siate sicuri che la vostra lotta, la memoria delle sofferenze della Shoah, è anche la nostra, nella sofferenza del popolo congolese ieri e oggi.

A nome del Dottor Denis Mukwege, io vi ringrazio.

Dottoressa Christine Amisi Notia, Segretario Esecutivo della Fondazione Panzi

Analisi di

15 marzo 2019

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