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Wole Soyinka (1934)

intellettuale impegnato, protagonista delle lotte contro le violenze delle dittature africane

Wole Soyinka, Nigeriano, di etnia Yoruba, ma da sempre pervaso da un profondo senso di appartenenza all’intero continente africano, Soyinka – drammaturgo, romanziere, poeta, saggista – si è sempre battuto con coraggio in difesa delle proprie idee, denunciando apertamente gli orrori del suo Paese, dal genocidio del Biafra al terrorismo odierno di Boko Haram. Nel 1986 è anche diventato il primo africano insignito del premio Nobel per la letteratura e ha approfittato del discorso durante la cerimonia di Stoccolma per denunciare la segregazione razziale in Sudafrica ed esaltare la figura di Nelson Mandela, a cui ha dedicato in seguito una raccolta di poesie. Grande figura di intellettuale impegnato, attivista sociale e politico, dagli anni ’60 è stato protagonista delle lotte contro i soprusi e le violenze delle dittature africane: durante la guerra civile nigeriana fu accusato di cospirazione con i ribelli del Biafra per aver pubblicato un articolo che invitava a cessare il fuoco e finì in cella di isolamento per 22 mesi. 

Negli anni ’90 venne a lungo perseguitato e infine condannato a morte e costretto all’esilio dalla dittatura militare di Sani Abacha. Trasferito per due decenni negli Stati Uniti, nel 2016 è tornato a trascorrere gran parte della sua vita in Nigeria, dividendosi tra Abeokuta, la città che gli ha dato i natali nel 1934, e la capitale Lagos. Fieramente yoruba e al tempo stesso cosmopolita, incarna la coscienza critica del proprio Paese e dell’intero continente: già nel 2005, con il libro Clima di paura, denunciava le dinamiche perverse della manipolazione del senso di insicurezza e avvertiva che “la paura come potere” è un pericolo che contagia non solo l’Africa, ma il mondo intero. Aggiungendo che “occorre senso del dovere, gli uni verso gli altri, a livello locale e internazionale, e occorre senso di responsabilità di tutti e di ciascuno. Da qui si costruisce il futuro, si migliora la qualità dell’esistenza delle persone”.

Ben consapevole dell’arduo percorso per riproporre il “miracolo sudafricano”, ricorda ancora Mandela quando afferma che “la ricerca della libertà è una battaglia costante. Bisogna essere all’erta. Si vive su una linea molto sottile. La democrazia che abbiamo faticosamente conquistato può sempre pericolosamente scivolare. Lo vediamo in Africa e in molte parti del mondo. Questa battaglia collettiva deve continuare. Per la libertà”. A proposito dei rapporti tra Africa ed Europa, in un’intervista al quotidiano Avvenire del 23 maggio 2018, alla domanda: “Da sempre lei sostiene la necessità di un dialogo tra l’Africa e l’Europa. Come mai finora non è stato possibile? ha risposto: “Perché per adesso più che un dialogo abbiamo avuto piuttosto un monologo, dove a parlare era soltanto l’Europa, o comunque il mondo occidentale. Purtroppo non c’è mai stato uno scambio o un riconoscimento reciproco che prendesse atto delle condizioni economiche profondamente cambiate negli ultimi tempi, bensì un confronto mono-direzionale. Lo vediamo con la risposta che l’Europa dà alle istanze che arrivano dall’Africa, e che rappresentano criticità in tutti i campi, dal commercio, alla cultura, alle questioni umanitarie. Ovviamente anche i leader africani hanno le loro responsabilità. È un peccato, perché un dialogo tra pari favorirebbe non poco lo sviluppo delle relazioni umane”.

Giardini che onorano Wole Soyinka

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