Non ci sono solo moltissimi difensori dell'ambiente attivi nel mondo. Ci sono anche i teorici dello studio dell'ambiente, che rivestono una grande importanza per difendere l'umanità dai crescenti rischi del cambiamento climatico. Tra gli accademici impegnati in questo senso c'era Alfred Crosby, scomparso recentemente, il primo storico a introdurre nell'analisi degli avvenimenti lo studio della natura.
Nato 87 anni fa negli Stati Uniti, Crosby era rimasto colpito fin dall'infanzia della storia di Cristoforo Colombo. Aveva deciso però non di consegnarci il ritratto di un esploratore o di avventuriero, ma di focalizzarsi sull'impatto culturale e biologico della scoperta delle Americhe.
Di fatto un pioniere della interdisciplinarietà, Crosby incorporò studi di Biologia, Geografia e altre scienze nello sforzo di storicizzare e capire gli eventi umani, introducendo concetti come "scambio colombiano" e "imperialismo ecologico".
Nel suo libro "Lo scambio colombiano. Conseguenze biologiche e culturali del 1492", Crosby analizzò a fondo le epidemie di nuove malattie che decimarono gli indiani d'America durante le missioni di conquista europee. Descrisse inoltre gli spostamenti di animali e di colture (es. il mais, le patate e i fagioli) tra l'America e il Vecchio Continente e viceversa (gli indigeni non conoscevano le capre, i cavalli e i maiali).
Alfred Crosby studiò la convergenza che si formò nei secoli tra Americhe ed Europa, valorizzando le conoscenze scientifiche per supportare le sue argomentazioni. Si dedicò poi a una generale "storiografia ecologica, la storia di tutti gli organismi rilevanti per la vita umana".
Nel 1986, con il libro Ecological Imperialism: The Biological Expansion of Europe, 900-1900, studiò le "neo-Europe" che si formarono nelle Americhe, raggiunsero livelli eccellenti nella produzione di cibo, ma a spese delle antiche comunità indigene.